Il nome di Andrea D’Angelo non passa di certo inosservato fra chi ama leggere romanzi fantasy targati “made in Italy”. Si può dire che, assieme a pochi altri, il genere in Italia – il genere nella sua espressione “moderna”, più recente – sia nato un po’ con lui. Presentarlo è complicato. Forse si potrebbe accennare a una rapida biografia, del tipo: Andrea D'Angelo è nato a Trieste nel 1972, scrive fantasy, e ha pubblicato quattro romanzi per la casa Editrice Nord. Una trilogia appartenente alla saga chiamata La Triade, che conclude il Primo Ciclo Minore, e un romanzo singolo, a carattere fortemente psicologico, intitolato La Rocca dei Silenzi. Nel 2004 è stato finalista al Premio Italia con il romanzo La Fortezza, e nel 2006 con La Rocca dei Silenzi. O forse, meglio, tralasciando titoli e date, si potrebbe più semplicemente lasciar parlare i suoi testi. Crediamo che le sue parole, anche quelle contenute in questa nostra intervista, siano in definitiva la migliore delle presentazioni possibili.
Per finire, e prima di lasciarvi a questo felice scambio di battute, vi segnaliamo la recensione apparsa su FantasyMagazine circa la sua prima trilogia, La Saga delle Sette Gemme dell’Equilibrio:
http://www.fantasymagazine.it/libri/5388/
Ed eccoci all’intervista, buona lettura!
Andrea, prima di tutto, bentornato su FantasyMagazine. La prima domanda che vogliamo rivolgerti riguarda i tuoi primi passi come scrittore. Quando hai iniziato a scrivere seriamente? Quando hai scoperto che avevi qualcosa da dire? Quando è scoccata la fatidica scintilla?
Grazie a voi. Rispondo alle tue domande in ordine inverso.
La fatidica scintilla è scoccata durante la lettura de "Il Signore degli Anelli", all'età di 14 anni. Prima ancora di terminare la lettura cominciai a stendere un canovaccio. Ciò che desideravo, in realtà, era semplicemente raccontare una storia a me stesso. Ritenni di "avere qualcosa da dire" molto più avanti. Oggi, francamente, so di scrivere perché ho bisogno di capire e per capire necessito di pormi delle domande, a cui devo tentare di rispondere. Questo non è "avere qualcosa da dire", perché non sono così presuntuoso da pensare che le mie domande, e soprattutto le mie risposte, interessino al prossimo quanto interessano a me; può capitare di essere in sintonia, nulla più. Con la maturità di vent'anni dopo, insomma, sono tornato al punto di partenza, sebbene riconoscendo una sfumatura in più: ora pretendo di raccontare una storia che abbia un senso.
A scrivere seriamente, invece, cominciai in un momento preciso: quando iniziai a lavorare. Già dopo pochi giorni capii che volevo qualcosa di diverso per la mia vita professionale. Tale consapevolezza mi costrinse a prendere una decisione difficile... e smisi di suonare. Lavorando, non avrei avuto la forza di ottenere risultati sia con la scrittura che con la musica. Scelsi, ora lo so, in modo drastico, sbagliando. Ma a quei tempi il mio carattere era molto più spigoloso di oggi. Per fortuna ho avuto qualche risultato, altrimenti mi starei ancora leccando le ferite.
Hai all'attivo una voluminosa trilogia e un tomo singolo. Due lavori molti diversi, entrambi molto sentiti e personali, ma dicci: oggi come oggi quale progetto senti più tuo? In quale lavoro si rispecchia maggiormente Andrea D'Angelo? E perché?
L'istinto mi porta a risponderti il tomo singolo, "La Rocca dei Silenzi". E' il più recente e più vicino alla mia attuale maturità, dunque.
Tuttavia, di "rispecchiare" parlando, non posso ignorare il contenuto della mia trilogia, significativo soprattutto a livello di ideazione (e di senso, ma rimando a dopo). La trilogia si appoggia su un lavoro molto vasto, durato anni; tanto vasto che oggi mi spaventa. Mi sembrerebbe un delitto rinnegare la creatività che racchiude, soprattutto se penso al potenziale inespresso, che per essere compreso necessita della seconda trilogia (che affronterò soltanto dopo aver reso giustizia alla prima, un giorno o l'altro, riscrivendola daccapo - e, si badi bene, non ho scritto "rivedendola"). La diversità delle due opere, comunque, è profonda (per meglio comprendere, specifico che entrambe sono parte di una saga: la trilogia appartiene a "La Triade", mentre "La Rocca dei Silenzi" appartiene a "I Silenzi").
Come ho avuto modo di scrivere nel mio blog (che, a proposito, invito tutti a visitare e commentare, dal momento che è nato per uno scambio e non per cimentarmi in continui monologhi!), la sostanziale differenza tra le due opere è nel loro senso profondo. Considero entrambi i progetti di importanza vitale per la mia scrittura. Senza di essi, non scriverò mai null'altro. "La Triade" è ciò che avrei sempre voluto leggere e che risponde alle mie domande nel senso più mistico, più impalpabile, parlando dell' umano e del divino (e del loro rapporto). "I Silenzi" sono le risposte alle domande che non riuscivo a includere nella "Triade", poiché troppo concrete e pressanti, inerenti la realtà.
In sintesi, sento entrambe le opere vicine; ciò che varia è soltanto la maturità tecnica con cui furono scritte.
Il Giorno Dopo. Dalle pagine del tuo blog, e nei diari che di tanto in tanto appaiono sul tuo sito, racconti di questo libro. Il silenzio è d'obbligo, lo sappiamo, ma dove ti sta conducendo questo ennesimo lavoro? Cosa ti sei proposto di raccontare? Nello stenderlo, nell'affrontarlo, noti dei cambiamenti rispetto ai tuoi passati lavori?
"Il giorno dopo" è il seguito de "La Rocca dei Silenzi". E nel contempo non lo è. Pur essendo ambientato nello stesso mondo, infatti, la vicenda si svolge oltre nove secoli dopo quella della Rocca. I Silenzi, la saga cui entrambi appartengono, è nata in contrapposizione alla saga de "
La Triade", i cui libri devono essere letti in sequenza; di conseguenza pretendo da me stesso che tutti i suoi romanzi siano leggibili singolarmente e in qualsiasi ordine. Questa la premessa, ciò che si può dire fin da ora.
"Il giorno dopo" è un romanzo piuttosto complesso, poiché molto ricco di tematiche. E', come sempre per me, una sfida. Vuole rivisitare, seguendo la stessa logica usata in passato, ma nel contempo portare una ventata d'aria fresca. Vuole intrattenere, ma nel contempo far riflettere a fondo su alcune tematiche del nostro mondo – fondamentali per il futuro dell'umanità, a mio modo di vedere (come detto, "I Silenzi" puntano alla realtà). Tutto questo lo racconto per tramite di personaggi comuni, forzati all'inconsueto da una situazione estrema. Ciò che mi propongo di raccontare è una storia di vite intrecciate, molto umana e, in un certo qual senso, epica come non lo sono mai state le mie storie. "Il giorno dopo" svelerà la vera natura di questa saga, che credo piuttosto originale. Mi attendo numerose reazioni, come al solito di segno opposto. Ma, questo sì, ritengo sarà un romanzo che non passerà inosservato.
Riguardo al mio modo di scrivere, sono cambiato e di pari passo riscopro il me stesso degli inizi. L'entusiasmo è quello d'un tempo, le sensazioni sono nuovamente forti quanto quelle vissute dall'adolescente sognatore, tutt'altro che disilluso – come è, invece, l'Andrea di oggi. E questo, di giorno in giorno, ha del miracoloso ai miei occhi: non credevo di poter rivivere certe emozioni, scrivendo. Andrea è però cambiato in modo irreversibile. Non c'è più alcuna forza contraddittoria in me, né alcuna meta prefissata da raggiungere a ogni costo. Oggi mi voglio più bene, assecondandomi e rispettandomi molto più che in passato. La diretta conseguenza è che la dose di ego presente nel testo è minore rispetto a un tempo, mentre sono tutto proiettato verso il senso, con una consapevolezza piena. Parole un po' astruse, forse, che tento di sintetizzare così: ritengo che il mio nuovo equilibrio interiore – tutt'altro che definitivo, s'intenda – mi renda più efficace. Il giudizio ultimo, chiaramente, spetterà ai lettori.
Vi sono questioni molto personali, poi, che riguardano la mia vita e che mi influenzano. Con una frase, potrei dire di essermi avvicinato all'Universo, lentamente e sempre più, negli ultimi anni. Va considerato che "Il giorno dopo" sarà il primo romanzo scritto dopo una crisi interiore durata due anni, in cui sono arrivato a mettere in discussione la scrittura stessa e la sua utilità. No, decisamente non sarà un romanzo come gli altri. Sarà qualcosa di più.
Domanda secca, Andrea: il genere fantasy in Italia sta vivendo una nuova e florida primavera. Ma, secondo te, dove sta andando? Ci sono le basi per un futuro ancor più promettente?
Le basi ci sono eccome!
Un po' di tempo fa si pensava che questa fosse una bolla di sapone. Il rischio non esiste più, a mio avviso. E' sotto gli occhi di tutti che dopo "Il Signore degli Anelli" di Peter Jackson (che non è quello di Tolkien: ) non c'è soltanto "Harry Potter". Il cinema continua ad assicurarsi i diritti di opere del passato e a sfornare film di stampo prettamente fantastico, perché fanno ottimi incassi al botteghino. La gente ha sete di fantastico, perché l'uomo ha bisogno di sognare. Chi di noi avrebbe mai creduto, anni fa, che si sarebbe giunti ad acquistare i diritti di Elric di Melniboné? Resta da vedere cosa ne uscirà, ma certo è che l'albino di Moorcock è un personaggio estremo. Eppure ora lo vogliono. E' stata fugata definitivamente la paura che lo slancio si sarebbe perso, dopo "Il Signore degli Anelli" e "Harry Potter".
Detto questo, le case editrici ora sfornano senza soluzione di continuità opere di esordienti italiani. Così tanti che ho rinunciato a leggerli tutti, come decisi a suo tempo per gli stranieri, molti anni fa (vi ricordate di quando esisteva soltanto Brooks e la Nord era difficile trovarla? Io sì, perché vent'anni fa, quando cominciai a divorare fantasy, la situazione era esattamente quella...). Questa è una tendenza, che può anche cambiare, ma che a mio avviso sta infine dando molti frutti. Abbiamo il primo autore che vende tanto anche secondo i parametri non di genere. Abbiamo finalmente opere di varia natura e non soltanto rivisitazioni del classico. Abbiamo opere per bambini, per ragazzi e per adulti. Alcune solari, altre cupe. Alcune di puro intrettenimento, altre che osano strade più impegnate. Insomma, a me sembra che ci siano tutte le premesse per crescere ancora, e tanto. Agli editi e agli esordienti, va aggiunto un più che nutrito gruppo di scrittori avvolti nell'ombra (penombra, grazie a internet) che si cimentano con abnegazione e che, prima o poi, affioreranno. Alcuni li ho letti personalmente e si meritano gli scaffali.
Di più. Ogniqualvolta si parla di autori di fantasy italiani gli animi si scaldano: sintomo che c'è animosità, ahimè, ma anche che c'è vitalità, che il terreno è fertile per le diatribe, ma nel contempo per il dialogo.
Come ho già detto con una certa sfacciataggine in più luoghi, rivendico d'aver sempre creduto negli autori italiani, anche contro il parere degli editori stessi. Ai miei occhi sta avvenendo semplicemente quanto avevo previsto da tempo, pur se nel dubbio di essere un illuso a causa di un mercato esterofilo. Sono convinto, comunque, che l'esterofilia si vinca con la qualità. E il potenziale - in alcuni casi già espresso, secondo me - esiste.
Ultima domanda, Andrea, ringraziandoti infinitamente per essere rimasto a conversare con noi. Anche a te, in chiusura, chiediamo un consiglio ai tanti amici che ci stanno leggendo. Un suggerimento per coloro che sognano di scrivere e di veder un giorno pubblicati i loro lavori, come è successo a te. Che cosa ti senti di dire? Che suggerimenti?
Mi ripeto da tempo: fondamentali sono l'abnegazione e l'umiltà. Fondamentale è produrre qualcosa al massimo delle proprie possibilità, senza aver fretta di concludere e spedire all'editore: una simile strategia non paga quasi mai. Ai principianti dico di non farsi influenzare dalle molte discussioni presenti in rete e di seguire la propria strada: seguire quella indicata da qualcun altro è tradire se stessi, e tradendo se stessi non si va lontano.
Alla base di tutto questo è capire che la fortuna c'entra per raggiungere la pubblicazione, ma molto, molto meno di quanto si senta dire in circolazione (spesso da chi non riesce a pubblicare; umano, comprensibile, ma errato). La fortuna, quantomeno, bisogna essere preparati a incontrarla ed è necessario cercarla nel posto giusto.
Vi ringrazio per questa intervista.
Concludiamo segnalandovi il blog dell’autore, dove è possibile intrattenersi e scambiare opinioni direttamente con Andrea D’Angelo:
20 commenti
Aggiungi un commentoCiao Andrea, la trilogia cofanetto è davvero molto bella. La Rocca dei Silenzi lo ammetto devo riprenderla, perchè ho fatto l'errore di leggere da qualche parte il finale visto da te. Il finale inteso come la morale della storia e quello che ne pensi tu.. e così spluff è finita la sorpresa... devo fare più attenzione in futuro a cosa leggo! ^___^
Ho intravisto il tuo blog, spero di riuscire a seguire il filo.
Non so perchè, ma attraverso le prime pagine della Rocca e da certe tue parole me lo sentivo dentro...
Azzo..non volevo certo creare sto putiferio....spero vivamente che il romanzo in questione non venga tolto dal novero dei partecipanti...la mia era solo una curiosità..cioè mi sembrava strano che Andrea leggesse il romanzo prima di una sua possibile rilettura quale finalista..tutto qua....
Non conosco perfettamente i termini del regolamento..ma spero che chi di dovere valuti attentamente ogni cosa prima di prendere una decisione così netta.
Fabrizio perdonami se puoi..io al posto tuo avrei gia cercato una tua foto e la starei usando come bersaglio per le freccette..o magari avrei costruito un feticcio vodoo...
Figurati busto, io sono convinto che un romanzo si difenda da sè. Se è buono ci saranno sicuramente altre occasioni, ammesso che quella del concorso di FM si chiuda qui... Inoltre sto già avendo un bel pò di vita sul web...
Per curiosità, il tuo romanzo qual è?
Fabrizio
Il mio è intitolato: Racconti sulla soglia: Atanaeur e Vilmiko.
Ciao e speriamo bene...!!!
Ricordavo che la trilogia ti era piaciuta, cosa che mi fa molto più piacere di quanto si possa immaginare: sono cresciuto con quella trilogia, formandomi, e sapere che sono riuscito a renderla una buona lettura per qualcuno, nonostante la tecnica acerba degli inizi, è confortante. Mi dà forza per la prossima riscrittura.
Circa la Rocca dei Silenzi, be'... sì, era una naturale evoluzione del mio approccio alla fantasy. Bisogna tener presente che ho lavorato nove anni sulla trilogia, comprendendo anche il periodo Nord di revisioni. Alla fine dell'avventura ho sentito l'esigenza quasi fisica di "cambiare aria". E mi sono presto reso conto che cambiare aria significava puntare con più decisione alla realtà.
Circa ciò che hai letto alla fine, sì, ti sei un po' rovinata la vicenda (ma la colpa è anche mia, che ho voluto inserire quella nota finale contrariamente al parere dell'editor). Ma c'è molto da leggere nella Rocca; è un concentrato di umanità, a mio avviso, godibile per la sua storia, ma soprattutto per i suoi personaggi. Va' tranquilla. E se non ce la farai, pazienza, ti aspetto al prossimo.
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