Michele Giannone è una delle ultime promesse nel panorama letterario fantasy italiano, recentemente sbarcato in libreria. E’ uno di quei rari casi in cui talento, caparbietà e tanta abnegazione conducono infine all’agognata vetta: la pubblicazione cartacea. Nato nel 1971 a Ragusa, Michele Giannone lavora come dipendente in un’azienda privata di Pozzallo, dove abita assieme alla moglie. Quando non è immerso nei suoi viaggi in mondi fantastici, così ci dice, dedica il proprio tempo libero allo sport e al cinema, due sue grandi passioni. Per la Dario Flaccovio Editore nel 2007 ha dato alle stampe il suo primo romanzo fantasy, Il Segreto di Krune. Un fantasy maturo ed equilibrato, con una eroina a tutto tondo,  Mareq Tha, e un coprotagonista enigmatico e dal passato oscuro, Jaat.

Prima di lasciarvi a questa nostra ennesima chiacchierata con uno dei protagonisti del genere italiano di oggi, vi ricordiamo la recensione di Il Segreto di Krune:

http://www.fantasymagazine.it/libri/7870/

Ed eccoci all’intervista di oggi:

Bentrovato fra le pagine di FantayMagazine, Michele. La prima domanda che ti rivolgiamo vuole fare un po’ il punto sul tuo essere scrittore. Focalizzare insomma l’attenzione sui primi passi di Michele Giannone, autore di Il Segreto di Krune. Quando hai iniziato a scrivere? Come nasce, e perché, questa passione per la pagina scritta? Ti sei dato subito alla narrativa fantasy?

Grazie del benvenuto, Luca. La voglia di cimentarmi con la scrittura è nata in simbiosi con l’amore per la lettura. Le favole illustrate da bambino e parecchi testi di letteratura per ragazzi (due nomi su tutti: Verne e Salgari) fecero sbocciare in me la “malsana” idea di poter provare io stesso a  creare mondi fantastici e, di conseguenza, inventare storie da raccontare. Col senno di poi mi rendo conto che si trattava di ambizioni non commisurate colle mie capacità di narratore di allora (avevo tredici anni all’epoca) ma spesso i propositi migliori sono figli dell’incoscienza, no?

Ad ogni modo, sì, ho subito esordito col fantasy. Troppo forte l’influenza esercitata da Tolkien prima (con “Lo Hobbit”) e da Brooks poi per riuscire a ignorarla. Ti do una chicca al riguardo: il mio primo romanzo, “Il Pugnale di Brashada” era – sin dal titolo, mi appare evidente – un omaggio a “La Spada di Shannara”. A rileggerlo adesso non ne salverei nulla (sarebbe stato inumano il contrario) ma quel plagio ante litteram scitto a mano su dei quadernoni a fogli gialli che mio padre mi aveva portato come regalo da un suo viaggio negli Stati Uniti rafforzò in me la certezza che avrei scritto fantasy.

Il Segreto di Krune è il tuo primo romanzo pubblicato, un fantasy, edito dalla casa editrice Flaccovio di Palermo. Come è nata l’idea per questo romanzo? Ne avevi già scritti altri in precedenza? Ma soprattutto: come è nato Krune, il Matriarcato, e tutta la fitta mitologia che regge questo romanzo?

A parte quello “d’esordio” di cui ti ho parlato sopra, la gavetta che mi ha portato sino a Krune è fatta di numerosi romanzi. Un mainstream, un paio di thriller e alcuni fantasy (quattro o cinque). Mi sono serviti tutti ad affinare la tecnica, ad acquisire un mio modo di pianificare la storia (per me passaggio imprescindibile nella stesura di un romanzo), a snellire i dialoghi e a capire l’importanza fondamentale dello “Show, don’t tell”.

Circa lo spunto da cui è nato il mio romanzo, la prendo larga. Ognuno di quelli che ho scritto parte sempre da un’idea di fondo che può essere figlia di una lettura o di un’ipotesi oppure scaturire da qualche mia esperienza personale. Nel caso de “Il segreto di Krune”, si è trattato di una discussione tra me e l’allora mia ragazza (adesso mia moglie). Lei, di fronte al modo in cui io avevo affrontato una situazione che ci riguardava, sostenne che una donna, qualsiasi donna (lei compresa, ovvio) avrebbe saputo fare di meglio. Da lì l’idea di una società in cui sono le donne a gestire il potere e gli uomini si limitano a obbedire. Il passaggio successivo è stato quello di dare a questo mondo una mitologia che rendesse plausibile tale quadro sociale e delle regole che giustificassero la teocrazia che caratterizza il Matriarcato.

A quel punto non mi restava che trovare un elemento che innescasse il conflitto e desse linfa alla storia. In un regno dove solo le donne possono servirsi della magia, non poteva che essere uno straniero dotato di poteri persino superiori ai loro. Che dici? Il resto lo lasciamo scoprire a chi non ha ancora letto il romanzo?

Il tuo primo romanzo lascia aperte diverse domande. Questioni irrisolte che il lettore, come è ovvio, aspetta di poter soddisfare con un sempre doveroso (in questi casi) seguito. Michele, dicci, stai già progettando un seguito di Il Segreto di Krune? E se così non fosse, su quali progetti stai lavorando? Puoi anticiparci qualcosa?

Che il seguito sia doveroso spero lo pensi anche l’editore oltre che i lettori. Battute a parte, la questione irrisolta credo sia fondamentalmente una. Me l’hanno fatto rilevare diversi lettori, sostenendo come dopo aver creato nel corso della storia una grande aspettativa in tal senso, non abbia poi offerto una risposta definitiva. In realtà, come ho spiegato più

Michele Giannone
Michele Giannone
volte, “Il segreto di Krune” è imperniato sulla figura di Mareq Tha. Non riguardando direttamente lei, ho ritenuto che non fosse necessario che tale questione trovasse una soluzione all’interno di questo romanzo. Intendiamoci: avevo anche valutato di farlo ma mi sono accorto che il romanzo, in tal modo, avrebbe perso l’omogeneità e la compattezza che così a me pare che abbia.

Comunque, proprio adesso sto scrivendo la storia che affronta il punto cui tu fai riferimento e che lo risolve in un modo – e do qui una piccola anticipazione – cataclismatico. Riguardo altri progetti, mentre “Il segreto di Krune”, ormai capace di muoversi sulle proprie gambe, se ne andava in giro alla ricerca di un editore, io ho completato un altro fantasy e un thriller. Anch’essi tra poco inizieranno il loro cammino verso la pubblicazione nella speranza che riescano ad arrivarci.

Certe domande, in queste nostre interviste su FantasyMagazine, oramai sono d’obbligo. Non possiamo non chiederti del genere fantasy in Italia. Michele, cosa ne pensi della produzione fantasy nostrana? Riesci a scorgere un futuro sempre più italiano? E’ una speranza? Una certezza? O cosa?

Se n’è parlato a lungo, sul forum di FantasyMagazine come in altri forum e blog che si occupano di questo genere. Già il solo fatto stesso di quanto trasporto, persino veemenza, traspaiono dalla voce di coloro (autori e lettori) che partecipano a tali discussioni secondo me è indicativo dell’interesse che c’è attorno alla produzione fantasy di casa nostra.

Tra l’altro, mai come in questo momento mi pare che gli stessi editori dimostrino una notevole attenzione verso i romanzi fantasy proposti da autori italiani. E devo dire che tale attenzione, unita al fatto di non avere alle spalle una tradizione radicata come quella dei paesi anglosassoni, sta portando a una grande diversificazione del tipo di prodotti che si possono trovare in libreria.

Resta ora da convincere il lettore che l’autore italiano non sia inferiore, ipso facto, rispetto a quello anglosassone, estirpando una certa fisiologica diffidenza nei riguardi del primo. Questo è un punto che, ho notato, ha sollevato accesi dibattiti, soprattutto sulla scorta della considerazione che molti lettori dicono di non avere preclusione nei riguardi di un autore per il solo fatto che si chiami Michele Giannone e non Michael Hannon. Dal momento che non ho alcuna ragione per dubitare che sia così, ritengo che ci sia un unico modo con cui gli autori italiani possano riuscire in un’impresa simile: scrivendo buone storie, capaci di vincere il residuo scetticismo dei lettori nei nostri riguardi.

Un’ultima domanda Michele, e prima di lasciarci ti ringrazio per la gentilezza con la quale ti sei prestato a questa intervista. Tanti lettori di FantasyMagazine sognano di pubblicare un loro romanzo, proprio come è successo a te. Cosa consiglieresti a tutti loro? Come muoversi?

Dal punto di vista tecnico, i suggerimenti importanti a un autore esordiente in cerca di pubblicazione sono quelli che tutti gli operatori seri dell’editoria ripetono e che non fa mai male ribadire: fare degli invii mirati, selezionando le case editrici a cui spedire il romanzo; presentarlo nella forma richiesta dalle case editrici stesse (contattarle prima al riguardo aiuta a non perdere tempo e denaro); dare all’opera che s’invia una veste grafica professionale (al di là del valore intrinseco dell’opera, anche l’aspetto è indice della serietà con cui l’autore lavora).

Il consiglio più importante tuttavia che mi sento di dare è di inviare in giro il proprio romanzo soltanto quando si è assolutamente certi che valga la pena farlo. So che per un autore giungere a un distacco simile nei riguardi della propria opera non è facile (è raro che un padre dica che il proprio figlio abbia gli occhi storti o le orecchie a sventola) ma è necessario riuscirci se si vogliono avere concrete possibilità di pubblicazione.

È l’autore stesso il primo giudice della bontà del suo stesso lavoro. Essere severo con esso è l’unico modo per arrivare a un’opera che possa riscontrare l’interesse di un editore. Poi, ovvio, contano anche fortuna e talento ma sono entrambi fattori su cui non puoi incidere. Perché non farlo con quello dove lavoro e capacità di autocritica possono aiutarti a realizzare il sogno della pubblicazione?

Grazie a te e alla redazione di FantasyMagazine per lo spazio che mi avete concesso.