Tom Doherty, presidente di Tor Books, ricordando il suo amico Robert Jordan durante la cerimonia funebre lo aveva definito “sognatore, creatore di sogni, uno dei grandi narratori di storie del XX secolo e credo che il tempo dirà anche del XXI.” Parole di un amico addolorato per la scomparsa di una persona cara? Certo, ma sono parole che contengono anche un nucleo di verità.
La Ruota del tempo, proseguiva Doherty, “è un’epica imponente per intensità e possibilità”. E, possiamo aggiungere, per dimensioni. Undici volumi pubblicati, più il dodicesimo e ultimo ancora in corso di scrittura al momento della morte dell’autore. Migliaia di pagine, a cui si aggiungono anche quelle dell’unico prequel – dei tre progettati – realizzato da Jordan.
Ma chi era l’autore di questo monumentale ciclo, e perché i suoi libri affascinavano così tanto i lettori da farli regolarmente balzare ai vertici delle classifiche di vendita in buona parte del mondo? A queste domande cercheremo di rispondere con una serie di approfondimenti volti a indagare gli aspetti più rappresentativi di uno dei “fictional world” più complessi mai creati dalla mente umana. Prima di addentrarci nella Ruota del tempo, però, proviamo a conoscerne meglio il Creatore.
La nascita di uno scrittore
James Oliver Rigney Jr. – Jim per gli amici – era nato a Charleston, nel South Carolina nel 1948. La passione per i libri si era manifestata fin da subito e, con l’aiuto di un fratello maggiore, aveva imparato a leggere all’età di quattro anni. L’anno successivo scopriva i libri di Jules Verne e Mark Twain, che leggeva in poco tempo. Per due volte, nel 1968 e nel 1970, ha combattuto in Vietnam, dove si è guadagnato diversi riconoscimenti al valore.
Tornato in patria, si è laureato in fisica a The Citadel, il Military College of South Carolina, e ha prestato servizio presso la U.S. Navy come ingegnere nucleare. Anni dopo, a chi chiedeva com’era possibile il passaggio da quel mondo così rigoroso a quello apparentemente diversissimo della fantasy, James rispondeva citando uno dei più famosi paradossi della fisica, il gatto di Schroedinger.
Posti un gatto e del materiale radioattivo in una stanza chiusa in condizioni precarie, non si può sapere se il gatto è vivo o morto perché non si sa se questa sostanza è decaduta e lo ha ucciso.
Finché non si apre la stanza per controllare, perciò, secondo la meccanica quantistica il gatto è contemporaneamente sia vivo che morto. Chi riusciva a capire questo concetto, asseriva, aveva la mente abbastanza elastica per prendersi una laurea in fisica. E anche per scrivere narrativa fantasy.
La svolta nella sua carriera è arrivata nel 1978. Bloccato a letto nel periodo di convalescenza a seguito di un incidente, James si è tuffato nella lettura. Un giorno, ha raccontato, disgustato da ciò che stava leggendo ha scaraventato il libro contro una parete asserendo di poter fare di meglio. Prese carta e penna, ha iniziato a scrivere e non ha più smesso.
L’esordio nella narrativa è del 1980, con un romanzo storico dal titolo The Fallon Blood. In realtà questa era la sua seconda opera, perché per la prima non era riuscito a trovare un editore. Con The Fallon Blood, invece, per il giovane scrittore le cose hanno iniziato ad andare nel verso giusto. Fra l’altro, è stato grazie a quel libro, pubblicato con lo pseudonimo di Reagan O’Neal, che James ha conosciuto Harriet McDougal, all’epoca proprietaria di una piccola casa editrice e in seguito editor di Tor Books, editore, fra l’altro, anche de La Ruota del tempo.
Qualche tempo dopo Harriet sarebbe diventata sua moglie, e per tutta la vita sarebbe stata fonte d’ispirazione, oltre che preziosa collaboratrice.
Gli interessi di James erano molto eclettici, e fin da subito si era reso conto che anche la sua scrittura avrebbe mantenuto questa caratteristica. Da qui la scelta di usare pseudonimi diversi, a seconda del genere letterario affrontato. Con il suo vero nome progettava di firmare la narrativa contemporanea, con storie ambientate in quel Vietnam che lo aveva profondamente segnato. Alla domanda se l’esperienza in Vietnam avesse influenzato il suo modo di scrivere, in un’occasione Harriet ha risposto con un semplice “è il motivo per cui scrive”. E le vicissitudini che i suoi personaggi si trovano ad affrontare riflettono l’inferno che lui ha conosciuto di persona. Nell’opera che gli ha dato celebrità in tutto il mondo i suoi personaggi vivono un’enorme trasformazione interiore.
Se all’inizio Rand e compagni sono assolutamente ingenui e innocenti, con il proseguire della storia queste caratteristiche spariranno completamente, spazzate via dal peso delle responsabilità e dall’incalzare degli eventi, e loro diventeranno persone totalmente differenti. E, anche se sopravvivranno, non potranno più tornare nell’ambiente nel quale sono cresciuti e alla loro vita di un tempo, perché non saranno più le stesse persone. The Fallon Blood era il primo romanzo di una trilogia ambientata nella Carolina del Sud durante la Rivoluzione Americana.
I volumi successivi, The Fallon Pride e The Fallon Legacy, sono rispettivamente del 1981 e del 1982. L’enorme successo del ciclo La Ruota del tempo ha spinto la casa editrice Forge a ripubblicare, nella seconda metà degli anni ’90, l’intera trilogia. Sulle nuove copertine campeggiavano due nomi: quello di Reagan O’Neil, che aveva firmato la prima edizione dei volumi e quello, ben più famoso, di Robert Jordan.
Operazione, questa, ripetuta anche nel 2000 per Cheyenne Raiders, edito originariamente nel 1982 con il nome di Jackson O’Reilly. Anche se fa un po’ sorridere la firma che campeggia sulla copertina delle quattro opere: “di Robert Jordan, scritto con il nome di Reagan O’Neil (o, per quest’ultima, di Jackson O’Reilly”. Peccato solo che tutti e tre siano pseudonimi. Il romanzo, di ambientazione western, era il sesto della serie American Indians, inaugurata l’anno precedente da Comanche Revenge di Jeanne Sommers e proseguita per qualche tempo da diversi autori. Del 1982 è anche la prima opera firmata da Robert Jordan. Si tratta di Conan the Defender, il primo di una serie di sette romanzi che lo scrittore di Charleston dedicherà al personaggio creato dalla penna di Robert E. Howard.
Sulle tracce di Conan
Howard aveva iniziato a raccontare le avventure di Conan il Cimmero nel lontano 1932, con il racconto La fenice sulla lama. Da quel momento e fino al 1936, anno della sua morte, aveva realizzato 22 opere aventi per protagonista il barbaro dall’enorme coraggio e dalla straordinaria possanza fisica. Dopo la scomparsa dello scrittore il suo esecutore testamentario, Glenn Lord, aveva trovato montagne di carte con opere incomplete, soggetti, o anche scalette appena abbozzate. Buona parte di questo materiale era successivamente stato affidato ad altri autori che avevano completato, a volte rielaborandole completamente, le storie. Ecco comparire così romanzi firmati, fra gli altri, da Lyon Sprague de Camp, Lin Carter e Poul Anderson.
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