PS: il dott. Gulisano ha affermato, non discutendo così le posizioni da me espresse, che l'articolo sull'"Osservatore" era solo un taglia e incolla dagli articoli di Michael O' Brien. In questo modo il dott. Gulisano dimostra di non conoscere bene gli articoli di O' Brien stesso. Certamente devo a O' Brien gran parte dell'impostazione del mio pensiero al riguardo, così come devo a Gabrielle Kuby e Mona Mikhail, importanti e decisive illuminazioni e suggerimenti su questo tema ( e sono sempre felice di citarli e ricordarli), ma la struttura argomentativa del mio saggio si basa sulle categorie fornite dallo scritto di Tolkien "Sulle fiabe", le cui fondamentali citazioni presenti nell'articolo sul pericolo del "mago industrioso e scientifico" non sono rintracciabili negli autori sopracitati, così come al questione del disprezzo per i babbani, gli uomini comuni, sottesa alla proposta di un eroe come Harry Potter, e la differenza tra l'opera anti-religiosa alla Pullmann e quella a-religiosa alla Rowling. O' Brien non si è mai pronunciato su "Eragon", sul quale io invece sono stato fortemente critico, legando alcune fondamentali scelte di Paolini ad altri di Pullmann e della Rowling, in una mia mia più ampia trattazione del problema che è possibile trovare sul sito fiorentino di Didattica e Innovazione Scolastica (DIESSE) oppure su "Lineatempo" online, editi entrambi mesi orsono. Edoardo Rialti insegna Letteratura all Facoltà Teologiche di Firenze e Assisi, dove tiene corsi su Lewis, Tolkien e il valore educativo delle fiabe. È traduttore e curatore delle opere di Lewis presso le case editrici Marietti e Rizzoli, ed è traduttore delle opere di Thomas Howard e Michael O' Brien. Di sua prossima uscita sono la traduzione e curatela di "Narnia e oltre: i romanzi di C. S. Lewis" di T. Howard, "Dio, l'uomo e Satana" di C. S. Lewis e la traduzione del romanzo "Sophia House" di M. O' Brien.
Quello che non va in Harry Potter
Tutti i diritti riservati ©2008 Edoardo Rialti e Associazione Delos Books
10 commenti
Aggiungi un commentoil prof. Rialti ha centrato in pieno il problema. Nessuna censura, nessuna inquisizione, ma così come uno scrittore ci propone la sua visione del mondo chi legge ha il diritto di dire la sua...
Finchè si legge Harry potter come un romanzo di fiction nulla di male, ma non ha lo spessore di un romanzo di formazione. Perchè i fan del libro non possono goderselo per quel che è? Ovvero un libro per ragazzi di intrattenimento? Tipo spada di shannara insomma....
fare di quest\\\'opera un punto fermo educativo è un errore perchè presa così com\\\'è ha alle spalle un antropologia e una visione dell\\\'uomo riduttive. Ho visto che una casa editrice cattolica ne ha tratto anche un sussidio educativo per ragazzi, non vedo le ragioni di un conflitto però nemmeno le basi per farlo assurgere ad opera di impronta educativa.
non sono molto d'accordo con Rialti, però, sul paragone propost,o lo trovo esagerato effettivamente. Io credo che ci siano storie migliori di altre per educare e storie che possono essere usate a scopi educativi con le dovute modifiche. Faccio l'animatore di oratorio da tanti anni, amo molto gli autori citati dal prof. e sono convinto che non esista unlimite alle possibilità di trasmissione di un messaggio....certo, opero in ambiente cristiano e per me il contenuto del messaggio è quello che fa la differenza. Eviterei cmq di diffondere un clima di divisione su un romanzo di avventure: in questo vedo un difensifivismo eccesivo un pò tipico del mondo cattolico sul quale il prof., forse, non ha ancora riflettutto a dovere. E' giusto pronunciarsi, prendere posizione e non essere moralmente indifferenti a ciò che l'uomo produce, ma le cose che educano davvero sono solide come la roccia ed è in queste che bisogna confidare; il resto passa.
Non sono una studiosa di letteratura e pertanto non voglio addentrarmi in campi minati. Ho studiato giurisprudenza, mi sono laureata in diritto eccelsiastico e mi guadagno da vivere come bibliotecaria. Ma, avendo la veranda età di 50 anni, seguo da immemore tempo Lewis (leggevo a 15 anni i suoi libri in inglese quando in Italia si trovava poco tradotto e male, eccezion fatta per la Jaca Book da sempre sensibile). Tolkien l'ho conosciuto più in là, al tempo dell'Università e la Rowling ho iniziato a leggerla con diffidenza al solo scopo di controllare quell che i miei figli divoravano con passione riga dopo riga. da qualche anno curo con passioen la mia biblioteca privata che contiene una buona raccolta di molti studi e saggi su Lewis e la Rowling. Non ambisco a possedere una sezione su Tolkien (sul quale e del quale si è scritto e si scrive troppo perchè una biblioteca privata di una mamma di cinque figli possa essere aggiornata). Vorrei solo capire, da una fonte autorevole quale abbiamo nel dott. Rialti, in cosa ontologicamente ed escatologicamente la magia di Gandalf differisce da quella di Dumbledore e perchè un Dementor o un molliccio sono così diversi da Malacoda. Attendo fiduciosa qualche lume.
Sig.ra Nardini non so se ha notato che si tratta di un articolo pubblicato 5 anni fa. Se cerca risposte dal prof. Rialti dubito che questo sia il posto giusto dove attenderle.
Al limite, le consiglio di leggere altri articoli da noi pubblicati sul mondo di Hogwarts, ma sono firmati dalla redazione di Fantasy Magazine.
Lei chiede un'interpretazione autentica e, come le è già stato risposto, non potrà trovarla qui, visto che dubitiamo che Rialti legga abitualmente il forum di FM Tuttavia provo a darle una mia personale interpretazione: la differenza non c'è, se non nel fatto che Tolkien ha sbandierato ai 4 venti la sua fede e la Rowling è uscita allo scoperto solo dopo i Doni della Morte e il professarsi cattolico è evidentemente, per certi 'studiosi', conditio sine qua non per sdoganare la magia intessuta nei propri romanzi.
Ma anche senza attendere l'ultimo libro di HP, le tesi di Rialti fanno acqua da tutte le parti e nell'articolo è illuminante questo suo passaggio: "Certamente devo a O' Brien gran parte dell'impostazione del mio pensiero al riguardo, così come devo a Gabrielle Kuby e Mona Mikhail, importanti e decisive illuminazioni e suggerimenti su questo tema".
Il che, unito ai rilievi che ha fatto nell'articolo sull'Osservatore, rende legittimo il sospetto che Rialti non abbia mai aperto i romanzi, ma abbia semplicemente ricalcato posizioni altrui, unciamente in base alla fiducia che riponeva nei suoi intepreti di riferimento. Il modo peggiore di fare esegesi.
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