Il tempo costituisce probabilmente la forza più dirompente e equilibratrice dell’universo, travalica ogni barriera, non ammette deroghe né concede sconti lungo il suo cammino inarrestabile. Mentre il nastro infinito degli anni scorre attorno e dentro di noi, i cambiamenti intervengono a tutti i livelli, lasciandoci il peso di nuovi pensieri.
Se questo è fonte di sgomento, oppure di semplice malinconia, forse una magra consolazione può giungere dalla lettura di particolari storie, scogli che si stagliano contro la montante marea dei mutamenti.
Cosa riesce a riportarci a dimensioni dimenticate meglio di una fiaba?
Non è forse vero che ripercorrere un vecchio, familiare e comodo sentiero ci restituisce, passo dopo passo, il sentire che avevamo rimosso con il fluire degli anni?
Spiderwick è una favola rassicurante, lo è indubbiamente per coloro che hanno superato una certa soglia anagrafica, lo è essenzialmente per la riconoscibilità delle immagini che evoca tra le sue pagine.
Quello che trasmette è la sensazione del già visto, del già letto, eppure non ti inganna, non è un esercizio di furbizia, bensì leggerezza infusa alla ripetizione, svago cosparso di inafferrabile rimpianto per emozioni e pensieri non più limpidi e cristallini.
La trama è lineare, costruita con grazia e semplicità attorno alle figure dei tre giovani fratelli Grace - Mallory, Simon e Jared - di colpo proiettati in una nuova realtà che scompone i loro ingenui schemi esistenziali.
Ragazzi e misteri, alchimia di successo fin dai tempi della Banda dei Cinque (per scomodare un vero “fossile” della TV dei Ragazzi).
Il trio è costretto a lasciare l’appartamento in città e si trasferisce, con la madre, in una grande e semidiroccata casa ai margini del bosco. Magioni misteriose e preadolescenti, una volta riuniti, scatenano l’ansia dell’investigazione e Villa Spiderwick si rivela ben presto una fucina di enigmi, che spaziano dal cupo paranormale all’intrigo di un passato avvolto nelle ragnatele. La biblioteca segreta dello scomparso prozio custodisce il Libro dei Segreti, guida definitiva sul mondo delle creature magiche, finestra prodigiosa che si spalanca sulle realtà celate alla vista dei comuni mortali.
La gioia della scoperta, la meraviglia di poter finalmente vedere oltre l’apparenza e individuare persino il folletto domestico, svaniscono ben presto di fronte alla terribile minaccia che attende i piccoli Grace.
Il Libro è bramato dal popolo magico: per poterlo avere goblin e orchi non si fermeranno di fronte a nulla. Parte così una girandola di rapimenti, fughe e giochi d’astuzia per salvare l’eredità del prozio e la stessa esistenza dei fratelli. Nella migliore tradizione di queste avventure, gli adulti si muovono a velocità differenti, risultano completamente impermeabili a tutto quanto accade appena dietro lo schermo della consuetudine.
Fin dall’inizio, Spiderwick rimanda ad altre opere, è quasi divertente cercare analogie e citazioni.
L’armadio che consente di entrare nella biblioteca nascosta fa certo pensare a quello che potrebbe portarci a Narnia, così come la caccia al tesoro nella vecchia casa scricchiolante ha in sé un vago sentore del Risveglio delle Tenebre di Susan Cooper, per non parlare della mitica soffitta dei Goonies.
Certo è un meccanismo ben collaudato, soprattutto quando l’occhio umano riesce ad allargare il proprio raggio d’azione, cogliendo il vero dietro l’inganno. Funziona tutto egregiamente, con semplicità e scorrevolezza ammirevoli: i misteri si presentano, i pericoli sbocciano e il male assume i connotati che noi tutti sentiamo debba avere.
Le ambientazioni sono classiche e comunicano doverosamente il loro carico di sensazioni.
Oltre la casa apparentemente infestata, troviamo infatti il vicino e sinistro bosco, muta presenza che delimita i confini del mondo conosciuto.
E’ lo stesso labirinto vegetale che intimoriva Cappuccetto Rosso, forse una propaggine di tutte quelle foreste che rallentano i viaggi degli eroi fantasy alla ricerca dei loro talismani. Ogni albero cela segreti, la natura cessa di essere passiva e collabora con entità magiche, in un vivo balletto che atterrisce e fa sentire piccoli noi sventurati umani, resi ciechi dalla mancanza di immaginazione. Non ci stupisce scoprire che i goblin si accampano nelle radure, oppure che gli ultimi elfi amministrano ancora la loro terribile giustizia, forti di un senso di antica superiorità. E se siamo costretti a salvare un grifone in pericolo, forse la memoria potrebbe correre allo stesso mitologico animale salvato da un certo Harry Potter in un altro sogno, oltre l’orizzonte della fantasia.
E’ un sistematico ripasso dei punti cardine della favolistica, ce ne rendiamo conto non appena l’azione ci conduce nelle miniere dei nani, nel regno del buio claustrofobico che incombe come una seconda pelle. Animali di metallo, tesori accumulati nel corso dei secoli e un meraviglioso albero d’argento, fortissimo simbolo che affonda le radici lungo una serpeggiante catena di opere. Il regno dei nani offre tutto questo, così come ironici confronti e ostacoli a misura di ragazzino.
Molto interessante l’utilizzo della discarica, il cimitero delle auto abbandonate che assurge a reggia del cattivo. Se ville, boschi e grotte rimandano alle grandi fiabe, l’immondezzaio è luogo dell’orrore figlio dei nostri tempi. La cultura metropolitana produce nuove location per sbizzarrire l’apparato fantasy, ambientazioni moderne che trattengono inquietudini e ansie alla pari di castelli transilvanici, ma ci colpiscono con maggiore durezza proprio perché nascosti dietro l’angolo delle nostre stesse strade.
Un coetaneo dei fratelli Grace sa molto bene che la paura, l’incertezza e la lotta escono troppo spesso dai netti confini del bosco o dai corridoi riecheggianti delle vecchie case. Ciò che si respira debolmente tra le righe del romanzo è l’amara consapevolezza che scuola e famiglia sono altrettanti luoghi di mistero e sfida. Incomprensioni, ingiustizie piccole e grandi, delusioni che pesano senza motivo apparente, regole e restrizioni che risultano ben più opprimenti delle pareti del regno nanesco.
Purtroppo non esiste un Libro dei Segreti che sveli gli arcani del quotidiano, non c’è nessuna guida che ci salvi dalle trappole di vite soffocate dagli incantesimi della routine.
Molto meglio afferrare un fioretto e sfidare in singolar tenzone un intero drappello di feroci goblin o giocare d’astuzia con il troll nascosto nello stagno.
Molto meglio.
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