Sicuramente la scelta del tipo di scrittura. La forma classica del saggio non mi interessava e nemmeno quella della divulgazione. Volevo scrivere un libro al contempo personale e popolare, per usare una formula che il grande Sergio Leone usava per i suoi film. E volevo che questo libro avesse il ritmo della narrazione romanzesca e al contempo mantenesse il rigore filosofico dell’argomentazione. Non so se ci sono riuscito, naturalmente, ma questi erano i miei intenti. Da un certo punto di vista si potrebbe leggere Harry Potter e la filosofia (il cui titolo non a caso riprende la forma classica dei titoli della saga) come una specie di spin off filosofico della saga.
Lei è un insegnante e, visto il libro che ha scritto su Harry ma anche quello precedente sulla serie del Dr. House, non è difficile immaginare che gli accostamenti tra le suggestioni di libri e pellicole da un lato, e la filosofia da un altro, non siano estranei nelle sue lezioni in classe. Se è davvero così, ci racconti qualche sua esperienza che sia indicativa del fatto che questo modo di insegnare porta frutti migliori rispetto a quello tradizionale (come del resto siamo convinti che faccia).
Credo che chiunque faccia il difficile lavoro dell’insegnante sappia che insegnare non significa tanto trasmettere un sapere quanto piuttosto la passione per il sapere. Per far questo occorre capire che cosa i giovani che ci stanno di fronte amano, e partire proprio da lì. Si tratti di Harry Potter, Stephen King o Amy Winehouse. Un insegnante che ignori, o peggio, disprezzi l’orizzonte culturale dei soggetti cui si rivolge non riuscirà a trasmettere nulla: né sapere né passione per il sapere. Tanto più che quell’insegnante non vive nell’Atene del IV secolo ma nel XXI secolo immerso nell’orizzonte della cultura di massa. Prendiamo il libro sul Dr. House che ho scritto insieme ad altri tre giovani studiosi: ebbene, quel libro ha riempito l’Aula Magna dell’Università di Genova dove c’è stato un dibattito tra filosofi su questioni di politica ed etica, ma mi ha portato anche nell’Aula Magna del liceo di Cagliari a discutere appassionatamente con una platea di giovanissimi studenti attenti come fosse la prima di The Dark Knight. Io credo che ci siano momenti in cui, se sto commentando la Repubblica di Platone, occorre concentrarsi sul testo; ma devo al contempo essere in grado, ad esempio quando nella Repubblica affronto il mito della caverna, di spiegare Platone usando ad esempio Matrix.
Sappiamo, dai racconti diretti dei ragazzi in età scolare, che parecchi suoi colleghi, indipendentemente dalla materia insegnata, ritengono Harry Potter una lettura infantile e scoraggiano gli allievi quando li trovano immersi in questi libri. Cosa pensa di un atteggiamento così miope e mortificante da parte di chi dovrebbe non solo incoraggiare i ragazzi alla lettura, ma soprattutto insegnare loro ad aprire la mente e trovare la strada per farlo proprio attraverso le cose che li appassionano?
Lo trovo disastroso e deprimente, tanto più in un paese come il nostro dove si comprano pochi libri e se ne leggono ancora meno. Ma sono fiducioso che l’ottusità del professore di turno è impotente di fronte all’intelligenza di un allievo che legge un libro di Harry Potter. Il che non significa che su queste cose non occorra fare una battaglia culturale. Nel suo piccolo, il mio libro vuole contribuire a questa battaglia in cui voi, con FantasyMagazine, siete un fronte importantissimo. Uso un linguaggio bellico perché oggi, purtroppo, siamo a questo punto. Basti pensare che il mio libro su Harry ha avuto un attacco preventivo sul “Sole24ore” da parte della “filosofa” Nicla Vassallo che ha scritto che “rendere chiare le argomentazioni complesse e le analisi sottili non deve significare appiattire la filosofia su Harry Potter o Paris Hilton”. Ci sono ancora studiosi che pensano di darsi un tono filosofico a buon mercato assumendo atteggiamenti snobistici di fronte alla cultura di massa. Si tratta di guardiani di un vecchio modo di fare “filosofia” che nelle università del mondo non ha più cittadinanza, ma che da noi ha ancora le sue piccole provincialissime nicchie. Sono dinosauri fermi agli anni Sessanta, quando Eco veniva attaccato perché scriveva su Superman e James Bond citando Kant e Husserl. Credo che dovremmo aiutarli ad estinguersi.
Molti fan di Harry Potter non vedono di buon occhio i cosiddetti 'libri-corollario', perché vittime del pregiudizio che siano tentativi di capitalizzare un successo altrui. Da autore di un libro-corollario, cosa direbbe loro per fargli comprendere che la realtà è ben diversa?
Una cosa molto semplice: scrivere è un modo di leggere. Lo si può fare attraverso i siti, i blog, con le fan fiction, con i libri cartacei o con la scrittura filmica. Per me è un modo per rendere omaggio a qualcosa che ho amato e per portare avanti la mia idea di una filosofia della cultura pop. Da sempre i libri, sebbene in modi diversi, si scrivono a partire da altri libri. Chiunque scriva è in debito, è la condizione stessa della scrittura. Credo che chi scrive su Harry Potter, come su qualsiasi altra cosa, debba essere giudicato, in termini positivi o negativi, per ciò che scrive, non per altro.
Domanda d'obbligo: personaggio e libro potteriano preferiti e perché…
Severus Piton: perché la sua folle idea di fedeltà mi sembra, al contempo, bellissima. E tra i romanzi, benché forse non sia il più bello, mi resta nel cuore Harry Potter e il Principe Mezzosangue per come delinea l’evoluzione del rapporto tra maestro e allievo fino alla fine tragica di Silente che obbliga Harry a continuare da solo, ma nell’assoluta fedeltà al maestro scomparso.
Altre letture preferite del Fantastico?
Un classico: il Signore degli anelli; e un genio: Stephen King.
Ci sono in programma degli appuntamenti particolari per la promozione di questo libro?
Per ora abbiamo una serata dedicata al libro e a Harry Potter l’8 ottobre alle 21 presso il Palazzo Ducale di Genova che aprirà il ciclo Pop filosofie, pop culture. Poi il 31 ottobre alle 18 presso la Feltrinelli di Genova. Il libro sarà presentato anche presso le Feltrinelli di Milano e Torino tra ottobre e novembre, ma con date ancora da fissare.
2 commenti
Aggiungi un commentoQuesto libro mi intriga sempre di più. Lo voglio assolutamente!!!
C'è un grandissimo bisogno di tornare a chiedersi "perché fare" e non continuare acriticamente con il "come fare". La stessa filosofia della scienza trova sempre meno pubblicazioni e potrebbe invece essere proprio la "ratio" preventiva di ogni nuova intrapresa. Sono felice che esistano persone come Regazzoni. Io sono poeta e pubblico da anni libri di poesia e l'ultmo si intitola "Finalmente incerti" edito da Franco Angeli, e in quel testo poesia e filosofia vanno a braccetto, proprio nell'intraprendere un nuovo modo di conoscere attraverso una grande presa di coscienza nell'essere proprio "Finalmente incerti"
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