Nel mio saggio L’Incantesimo Harry Potter, all’interno del capitolo dedicato ai Doni della Morte, ho affrontato una questione cruciale della saga, quella del rapporto fra Predestinazione e Libero Arbitrio.
Riepilogando molto succintamente, la mia posizione è la seguente: la Rowling ha iniziato la saga all’insegna del Libero Arbitrio, dove ciascuno ha scelto autonomamente i proprio destino (Lily, Piton, l’Ordine, i Mangiamorte e lo stesso Voldemort, che decide quale contenuto attribuire alla profezia, designando Harry piuttosto che Neville come suo eguale).
Ma quando si tratta di Harry, la possibilità di autodeterminazione del ragazzo – definita con le parole dell’Etica di Spinoza come “ciò che si determina ad agire da sé e non in seguito ad altre cause determinanti” si trova estremamente vincolata: egli non è davvero libero di scegliere se affrontare Voldemort o sottrarsi a lui, perché in quest’ultimo caso il Mago Oscuro – che dando la propria interpretazione alla Profezia ha inconsapevolmente tracciato anche il Destino del proprio antagonista – continuerà a perseguitarlo impedendogli di realizzare appieno un’esistenza normale come quella che il ragazzo vediamo essersi creato 17 anni dopo il fatidico duello.
Solo una volta liberatosi della su pesante Ombra, Harry sarà infatti veramente in grado di scegliere davvero liberamente come regolare il corso della propria esistenza, procurandosi la sicurezza di una famiglia e il lavoro dei suoi sogni giovanili, quello di Auror.
La stessa Rowling deve aver ravvisato questa contraddizione, poiché per bocca di Silente tenta in qualche modo di ‘giustificarsi’. Alla fine del capitolo 23 di Harry Potter e il Principe Mezzosangue, alle pagg. 465 e 466, si legge infatti il seguente colloquio fra Harry e il preside:
“Ma signore” – ribatté Harry, facendo un enorme sforzo per non sembrare polemico “la conclusione è sempre la stessa, no? Devo cercare di ucciderlo, o…”.
“Devi?” – chiese Silente. “Certo che devi! Ma non a causa della profezia! Perché tu, tu stesso, non sarai mai in pace finché non avrai tentato! Lo sappiamo entrambi! Immagina solo per un istante di non aver mai ascoltato quella profezia! Che cosa proveresti ora per Voldemort ora? Rifletti!”
[…]
”Certo!” – gridò Silente. “Vedi, la Profezia non significa che tu devi fare qualcosa! Ma ha indotto Lord Voldemort a designarti come suo eguale…in altre parole tu sei libero di scegliere che cosa fare, libero di voltare le spalle alla profezia! Ma Voldemort continua ad attribuirle importanza. Continuerà a darti la caccia…il che rende certo, di fatto, che”.
“Che uno di noi finirà per uccidere l’altro” – completò Harry.
Ora ammettendo anche che, profezia a parte, Harry volesse affrontare Voldemort a causa delle perdite inflittegli, questo non toglie che per il ragazzo sarebbe comunque impossibile sottrarsi al duello, per il semplice motivo che egli è stato designato rivale dal mago Oscuro e questi continuerà a ricercare il confronto finale, come del resto fa presente anche Silente. Non solo: anche Harry, se vuole liberarsi della sua condizione di Horcrux, deve comunque intraprendere lo stesso cammino, visto che non può vivere appieno finché non avrà espulso da sé quella parte buia che incombe su di lui e lo lega a filo doppio.
Nel suo saggio Harry Potter e la filosofia, l’autore Simone Ragazzoni sposa invece appieno l’angolazione della Rowling, affermando che “il valore etico della libera scelta non consiste nell’esercizio di una libertà astratta e assoluta, ma nella pratica di una libertà sempre iscritta in un contesto […] in cui si tratta di rispondere a ciò che accade” (pg.97)
L’autore fa leva sul passo finale del capitolo sopraccitato, ove la Rowling ci rende partecipe dei pensieri di Harry di fronte alle rivelazioni di poc’anzi:
“Ma finalmente capiva quello che Silente aveva cercato di dirgli. Era, si disse, la differenza fra essere trascinato nell’arena ad affrontare una battaglia mortale e scendere nell’arena a testa alta”.
Ma rispondere a ciò che accade non significa affatto agire, bensì reagire! E una reazione è, per definizione, una risposta sottoposta al vincolo dello stimolo che l’ha provocata… Vi è quindi, a mio avviso, una estrema contraddizione col concetto di libertà.
L’elemento psicologico, cioè il fatto che Harry scelga di ‘scendere nell’arena’, e il fatto che lo faccia o perché spinto dalla profezia o dal semplice desiderio di vendetta, non svincola il ragazzo dai limiti imposti al suo agire, perché la scelta opposta, quella di NON scendere nell’arena, gli resta comunque preclusa.
Magico o babbano che sia, il mondo che viviamo è sempre, concettualmente, quello degli opposti, dello Ying e dello Yang, della luce e del buio, e proprio in virtù del contrasto fra questi opposti riusciamo a orientare le nostre scelte (poco importa poi che, nel concreto, esse vengano corrette e guidate anche da altri fattori: in astratto qualsiasi possibilità esiste). Ma nella vita di Harry il ‘nero’ della non-scelta non esiste: esiste solo il ‘bianco’ e un’infinita gamma di grigi, che possono essere parenti prossimi del nero quanto si vuole, ma non si potranno mai identificare con quel colore.
Sempre nell’Incantesimo Harry Potter, ho precisato che i vincoli imposti all’eroe della saga sono tuttavia comprensibili quando si pensa che, nella finzione romanzesca, l’autore deve comunque dare una compiutezza alla storie e dunque il protagonista deve, volente o nolente, affrontare e completare la missione affidatagli. Ciò può spiegare perché la Rowling, in conclusione, finisca per infilarsi, suo malgrado, in un vicolo cieco.
Qualunque altra spiegazione è, a mio modo di vedere, una giustificazione costruita a posteriori, che per reggersi in piedi deve fare leva su stampelle quali distinzioni etiche (come appunto quella propugnata da Simone Regazzoni), o psicologiche (quella fornita dalla Rowling) e richiamarsi anche a una certa particolare visione dell’eroismo.
E ciò che si regge su delle stampelle non è in grado, per definizione, di camminare da sé.
27 commenti
Aggiungi un commentoScusate, a me sembra che in alcuni casi si vada troppo a fondo nella discussione. Mi spiego.
Il principio da tenere presente è che per forza di cose TUTTI i personaggi di una storia sono vincolati alla volontà dell'autore. Da questo punto di vista nessuno ha libero arbitrio. Sembra una banalità, ma quando leggo che Harry è legato al suo destino se no la Rowling non aveva materiale per l'ultimo libro mi viene da ribadirlo
Qui stiamo ragionando spaccando il capello, ossia... astraiamo i personaggi dalla loro condizione di non esistenza e cerchiamo di capire se, NON FOSSE LA ROWLING a manovrarli come pupazzi, il giovane Harry in particolare avesse scelta o meno.
Ci aggiungo un pezzettino a latere: ma siamo arcisicuri che l'amata JK abbia fatto di queste elucubrazioni prima di buttare giù il canovaccio? (lasciamo perdere che ora risponderebbe di sì, o meglio si manterrebbe sibillina). Non è che ci stiamo facendo dei viaggi molto interessanti ma senza fondamento? Dopotutto la storia è piena di critica che cerca di immaginare "cosa avrà voluto dire tizio" perché questo è in parte il suo mestiere, quando magari tizio quel giorno aveva semplicemente battuto la testa
Sto ironizzando, ovviamente. Il bello di creare un mondo sta anche in quello che ci creano sopra gli altri
Eleas e gianrico sono la stessa persona giusto per non creare confusioni ^^
Primo: concordo con emacs nel tenere sempre presente che nessuno dei personaggi di un libro è veramente autonomo, ma tengo a precisare che la bontà del racconto sta anche nel farceli sembrare talmente reali da agire liberamente.
Secondo: gli stati della fisica per quanto interessanti siamo sicuri che rispondano a problemi di tipo che non sono fisico? mi spiego, per ogni fenomeno esiste un corretto metodo di analisi, sei sicuro che analizzare un comportamento di tipo sociale con gli strumenti della fisica sia esatto? che lo sia metodologicamente? Per questo marina ha fatto notare che sei un attimo fuori rotta credo.
Terzo: che voldy sia ben libero di fare quel che preferisce è fatto ovvio e noto, lui decide di credere alla profezia Harry non può lo deve fare volente o nolente.
E qui mi ricollego alla prima osservazione quella di emacs, un libro ovviamente parla di personaggi immaginari, ma propone una visione del mondo, una weltanschauung come si diceva al liceo, e questa visione passa dalle sue pagine alla zucca di chi lo legge, per questo ritengo sia interessante capire se harry sia o no libero. E io ritengo di no. Perché in tal caso il messaggio che passa è sei libero solo se decidi di tuo di agire in un certo modo, fuori dagli schemi come fa voldemort, se stai nelle regole sei privo di libertà. Beh se questo è il messaggio di Harry Potter a sto punto mi trovo davvero a dire che non mi piace
Beh, non ho mai usato gli strumenti della fisica nel campo della narrativa. Citare la MQ non significa usarla.
La mia era solo una metafora, che per forza di cose paragona due cose appartenenti a campi diversi.
Ok, scordatevi tutti gli esempi di fisica, farò un riassunto in due punti:
1. non ha senso -secondo me- parlare di predestinazione nè di libero arbitrio, tanto in Harry Potter quanto nel Signore degli Anelli quanto _in_generale_, e
2. per risolvere il dilemma bisogna cambiare prospettiva, prima di tutto definendo cosa significano i termini "libero arbitrio" e "predestinazione"; il 90% delle cose complesse lo sembrano solo a causa di definizioni imprecise.
Chissa perchè sono sempre i giornalisti o comunque persone adulte a commentare questo tipo di cose, perchè ogni tanto on lasciano parlare anche i ragazzi.
Trovo che sono solo un mucchio di sciocchzze: quesa gente cerca sempre di vedere quello che gli pare, cercano continuamente di contestare, ma perchè ogni tanto non si fertmano e provano q vedere quanta realtà ci sia (nonostante tutto) in quetse letture e quanti valori siao celati fra quelle righe?
Se magari ci spieghi con chi ce l'hai . Il pistolotto che hai postato non mi sembra molto chiaro...
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