– Perché ridi, troia? – ripete il ragazzo con voce da adulto.

Marianita smette di ridere. Lo fissa negli occhi e, con tutta calma, risponde: – Hai dimenticato vecchia.

Il ragazzo rimane spiazzato, non dalle parole, dalla voce della donna. Lontana e leggermente graffiata, da vecchio grammofano.

– Non ti sembro forse vecchia? – e così dicendo, Marianita s’alza e lascia cadere a terra la vestaglia. – Scusami – aggiunge – non è uno strip–tease; ho qualcosa da fare, adesso.

Vlady è rimasto col coltello teso nel vuoto. Con occhi sgranati, guarda la donna entrare nella vasca da bagno. Più che vecchia sembra un vero scheletro. Uno scheletro coperto da pelle rinsecchita e opaca come pergamena. Solo nei capezzoli dei seni cadenti è rimasto un accenno di vita; un tono tenero, di bocciolo di rosa. Marianita rivolge lo sguardo all’acqua smeraldo che, con un fremito, l’accoglie. Il ragazzo osserva la donna prendere con delicatezza il rasoio con la mano destra e, con un gesto leggero, incidere il polso sinistro. Marianita rilascia un sospiro, poggia il capo sul bordo della vasca da bagno e, senza guardare il ragazzo, dice: – Vai caro, va’ di là e ruba quello che ti pare. A me non serve più niente. Buona fortuna.

A Marianita non resta che distendersi, abbandonarsi, dimenticare. A Vlady non resta che... in quel momento, non sa più cosa fare.

– Ehi, Miss Universo! – dice con un tono che si vuole spavaldo – che c’è di buono da rubare qua dentro?

Sul bordo di pietra bianca, la donna volta appena il capo e dice:

Di buono... che intendi?

– Di valore.

– Be’, nel salone c’è un mobile Luigi...

– Ehi, bella, m’hai preso per uno dei traslochi? Soldi servono a me, altro che mobili Luigi. Dove tieni la grana?

– Grana?!...

Il ragazzo la fissa. Il viso della donna è scavato. Ogni istante di più, assomiglia a un vero teschio. La luminosità dei suoi occhi nocciola sembra spegnersi. Le labbra screpolate sono sabbia. Il corpo si scompone e ricompone nel verde trasparente dell’acqua. Dal polso, s’apre un fiore rosso. Vlady getta a terra il coltello e, senza riuscire a contenere la forza che sente esplodere in lui, si butta nella vasca sulla donna che affonda nell’acqua verde. I lunghi capelli bianchi s’agitano come una spettrale medusa mentre una sfumatura rosso sangue invade il viso estrerrefatto della donna.

– Allora – la fa riemergere a forza il ragazzo – dove li tieni nascosti questi cazzo di soldi?

La bocca di Marianita sputa acqua verde. I capelli bianchi s’incollano alle tempie, le guance, il petto. Come ipnotizzato, Vlady resta a fissare i seni scarni e, soprattutto, i capezzoli rosa che a contatto con l’acqua calda e il sangue sembrano inturgidirsi, rivivere. Un crampo tra le gambe, il ragazzo sente il cazzo indurirsi. Possibile che quel semi cadavere l’ecciti? Con un gesto di ripulsione, lascia ricadere quella mummia nell’acqua. L’agitarsi dei capelli bianchi macchiati dal sangue cancella il viso di Marianita. D’impulso, Vlady tira giù la zip dei jeans, espone il cazzo eretto e si getta sulla donna; non è più un essere umano, è una forza cieca che deve esplodere. E quella forza si concentra nel sesso, nelle mani e nella lingua che, avida, cerca sott’acqua quella della donna, o della morta. Fa riemergere quel viso cadaverico, lo libera dall’appiccicarsi dei capelli e, quasi dolce, posa le sue labbra su quelle senza vita di Marianita. Dolce sì, quel bacio è adesso dolce. Le mani esplorano il viso, gli occhi chiusi, gli incavi delle guance, il collo, i seni flosci e quei capezzoli che sembrano gonfiarsi di linfa vitale. È in quel momento, che sente il cazzo incunearsi tra le gambe scheletriche della donna, come punteruolo di legno nel cuore sempre vivo d’un vampiro. Vlady insinua la lingua nella bocca di Marianita. Un brivido d’orrore e d’indicibile piacere l’assale quando sente sconnettersi la dentiera della donna. Falsi denti che vorrebbero scivolare giù nell’esofago, nello stomaco e continuare a divorare. Aprendo di scatto le palpebre, Marianita, sputa via la dentiera e, fissando il ragazzo, dice:

– Fammi vivere!

Vlady sente quella forza che l’invade moltiplicarsi. Fissa la schiena della donna alla pietra della vasca e, strizzandogli forte i cappezzoli, si lancia in una serie d’affondi violenti di cazzo e reni. 

* * *

Tra poco il sole sorgerà.

Vlady solleva le palpebre. È nudo, disteso su un divano del salone. Attraverso i merletti stinti delle tende proviene una luminosità oro pallido. Da una vetrinetta antica rilucono oggetti in argento coperti di polvere. Una porta decorata con un trompe–l’oeil di terrazza sul mare s’apre e compare Marianita. La vestaglia di mussolina rosa antico bordata di piume bianche è in più parti macchiata di sangue.

– Buongiorno Vlady. Gradisci una tazza di caffè? – dice la donna.