La storia, sia essa antica o moderna, offre allo scrittore un’infinità di spunti e una vastità incredibile di personalità cui attingere: grandi condottieri, dame misteriose, illustri pensatori. Perché hai scelto di raccontarci le vicende di Alberto da Giussano e della Lega Lombarda?
Il fascino di questo personaggio risiede nel fatto che in realtà non è mai esistito veramente,
è un simbolo mitico ed epico di un momento fondamentale della storia italiana, comunque lo si voglia vedere. Se i comuni del nord Italia non si fossero opposti al Barbarossa, infatti, forse oggi il nostro Paese sarebbe profondamente diverso. Inoltre, ben poco si sapeva di quel periodo, come per esempio il fatto che la città di Alessandria è stata fondata in quegli anni appositamente per ergersi come baluardo contro l’avanzata del Barbarossa. E poi c’era il fascino del Carroccio, questo strumento da guerra che conosciamo solo per le implicazioni “politiche” legate alla propaganda della Lega Nord, ma che a quei tempi era un simbolo potente del legame con la fede, il coraggio e la dedizione per la propria patria, tutte cose che oggi si sono perse, e che non mi dispiaceva provare a recuperare, seppure nella forma edulcorata del romanzo storico.
In cosa si distingue La compagnia della Morte rispetto ai tuoi precedenti lavori? E quali sono, invece, i punti di contatto? Narrativi? Stilistici? Introspettivi?
Si differenzia per il contesto storico, per il resto credo sia in sintonia con gli altri miei romanzi, soprattutto con i due titoli usciti nel 2000 per Mondadori sulla vita di Gengis Khan (Il figlio del cielo e L’orda d’oro), che da quel che so potrebbero presto essere ripubblicati.
A fine stesura, e tirando le somme dopo la scrittura di La compagnia della Morte, cosa ti ha lasciato questo libro? Cosa ti hanno trasmesso i suoi personaggi e il periodo storico in cui è ambientato?
Sensazioni forti, devo ammetterlo. Perché ho fatto un duro lavoro di “archeologia narrativa”, e credo di averlo fatto bene, integrando la coerenza storica in un contesto romanzato adatto a tutti i palati.
A cosa stai lavorando attualmente? Un nuovo romanzo storico come La compagnia della Morte?
Sì, sto lavorando per fare la mia parte all’interno di un progetto internazionale per Mondadori, dedicato alla storia di Roma, che sarà proposto soprattutto sul mercato anglosassone. Io mi occupo della seconda guerra punica, lo scontro-incontro fra Annibale e Scipione l’Africano.
Antico e sempre attuale dilemma: pensi che scrivere sia dote innata o che si possa imparare, anche con le "nuove tecniche di scrittura"?
Io insegno tecniche di scrittura, e dirigo una rivista, la Writers Magazine Italia (www.writersmagazine.it) che ha come scopo principale proprio quello di spiegare agli autori quali sono le tecniche di scrittura per affinare il proprio talento e dargli la possibilità di emergere. Ecco, credo che il senso sia questo: ognuno di noi ha una parte di talento, l’importante è riuscire a sfruttarlo il più possibile. Le tecniche di scrittura aiutano molto, in questo senso, e quindi è importante apprenderle per non lasciare nulla al caso, soprattutto quando ci si deve confrontare con un mondo così difficile come quello editoriale.
Sei uno scrittore lento o veloce, meditativo o istintivo? Tecnica a macchia di leopardo o disciplinato con ruolino di marcia? Imbrigli i personaggi o lasci che siano loro a decidere quale percorso deve seguire la vicenda?
Sono veloce quando serve, lento quando mi va, meditativo quando risulta indispensabile. Ho imparato a governare la materia dei miei scritti, e quindi anche i miei personaggi, ormai da parecchio tempo. Per quanto ogni tanto io abbia l’impressione che siano loro a governare me…
Pensi che in Italia si possa vivere “solo” scrivendo?
Solo narrativa no, o almeno è molto difficile. Devi fare il colpo grosso, come l’ha fatto Licia Troisi, o come ci sono riusciti i Faletti, i Saviano, i Moccia ecc. Ma come arrivare a quei traguardi nessuno lo sa. L’unico modo per vivere scrivendo in Italia è essere anche giornalisti, o magari sceneggiatori.
Quale consiglio ti sentiresti di dare agli scrittori esordienti? Partecipare ai concorsi? Affidarsi a un agente investendo una somma di denaro? Inviare a qualche editore?
Prima di tutto scrivere tanto e leggere ancora di più. Sembra banale, ma non lo è affatto. Dopodiché, consiglio di fare una visita al forum della Writers Magazine Italia, dove discussioni su questi argomenti ce ne sono a bizzeffe, e dove io e la redazione della rivista ci intratteniamo tutti i giorni con gli aspiranti autori, proprio per dirimere questi dubbi.
Fantasy
Ultimamente il genere fantasy sta conoscendo una nuova stagione di enorme successo, sia in libreria, sia al cinema. Secondo te, e questa volta te lo chiediamo in veste di direttore della collana di Delos Books, Storie di Draghi, Maghi e Guerrieri, per quale motivo? Cosa riflette questa popolarità?
Mah, secondo me non è vero che il fantasy è così popolare e vende così bene. C’è solo un
certo tipo di fantasy che lo fa, quello rivolto ai più giovani, quello che si è allargato ed espanso sulla scia dei vari Harry Potter, Narnia (cinematografico) e via dicendo. E’ il fantasy alla Licia Troisi, alla Christopher Paolini, non più quello “adulto” alla Signore degli Anelli. E’ da questa constatazione che nasce la collana SDMG, ed è sulla base di questi dati che l’editoria cerca di sfornare continuamente nuovi baby-autori fantasy da proporre ai lettori, senza riuscirci troppo spesso, per fortuna.
Sempre riguardo al fantasy, sappiamo che esso viene spesso visto come un genere piuttosto leggero, e sottostimato dall'elite culturale. Perché secondo te? Dipende dai lettori, dagli editori, dal retaggio culturale? Quali sono le potenzialità del fantasy?
Questo è discorso vecchio. La narrativa d’intrattenimento è sempre considerata di serie B da chi deve scriverne sui giornali. Va un po’ meglio quando gli autori sono stranieri, ma se per sbaglio sono italiani… meglio ignorarli, per non prendersi chissà quale strana malattia. Ho combattuto per trent’anni contro questa mentalità gretta e fasulla, ma non c’è niente da fare. Fantasy, horror e fantascienza non meritano la dignità della letteratura “alta”, secondo l’establishment culturale di questo Paese. Per fortuna il pubblico la pensa diversamente.
Dimmi la prima cosa che ti passa per la mente, meglio un aggettivo, per…
a. J.R.R. Tolkien: epico
b. J.K. Rowling: coinvolgente
c. Marion Zimmer Bradley: sorpassata
d. Michael Ende: malinconico
e. Neil Gaiman: guizzante
f. Silvio Sosio: professionale
g. Alan D. Altieri: graffiante
h. Valerio Evangelisti: inquietante
i. Licia Troisi: divertente
j. e… Franco Forte: umilmente vostro
1 commenti
Aggiungi un commentoE su questo punto quoto, riquoto e straquoto
Comunque intervista interessante
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID