Nimeon e Lexon.
Non sapeva per quale dei due preoccuparsi di più.
La magia non era un fatto inusuale, nella sua famiglia, ma non si sarebbe mai aspettato che qualcuno dei suoi figli la possedesse. Se Lexon era un mago, niente poteva impedirgli di esserlo, ma la decisione del ragazzo a perseguire anche il cavalierato era un cruccio non da poco. Almeno, quanto lo era quella di girare per le Terre assieme al vecchio mago, invece che restarsene tranquillo in città fino ad aver terminato l’istruzione.
Per quanto riguardava Nimeon, Leah si sentiva ancor più impotente. Non aveva mai visto suo figlio tanto determinato, e tanto poco propenso ad ascoltare le motivazioni altrui.
La realtà era che il re non vedeva affatto di buon occhio il fidanzamento dei due giovani, che secondo lui si erano lasciati prendere dal turbine di avvenimenti che li aveva travolti, e che solo per questo si erano appoggiati l’uno all’altra. Era certo che, una volta ritrovatisi in una condizione di quiete, di normalità, il loro rapporto si sarebbe sgretolato di fronte agli innegabili ostacoli che avevano davanti. C’era la speranza che da lì all’estate se ne sarebbero accorti da soli, e meditò la possibilità di affrontare il discorso con Ester, la quale probabilmente lo avrebbe capito meglio di suo figlio.
Una volta presa questa decisione, lasciò il suo studio, per cercare il mago che istruiva Lexon. Doveva sapere qualcosa di più sull’intera faccenda, prima di emettere un giudizio o dare il suo benestare alla partenza del ragazzo.
Se ci fosse stata sua moglie, forse sarebbe stato diverso: avrebbe diviso con lei le preoccupazioni per i due figli e avrebbe potuto confrontarsi per valutare meglio il da farsi. Invece era solo, era un uomo e un re. A prescindere da sentimenti, affetti e desideri, doveva tenere conto anche del peso che le decisioni familiari avrebbero avuto sul popolo. Quello era un motivo in più per non accettare placidamente il matrimonio di Nimeon con la Magistra, e non poteva trascurarlo.
Nimeon andò a togliersi di dosso gli abiti da cerimoniale che in quel momento lo facevano soffocare, e indossò vestiti più comodi.
Era stanco per il viaggio, ma ancor più era teso per il colloquio con Leah, e desiderava vedere subito Ester, che raggiunse negli appartamenti dove era stata alloggiata durante il Mandato nell’inverno precedente.
La trovò con ancora indosso gli abiti da viaggio, i lunghi capelli scuri sciolti sulle spalle; sottili ciocche, più corte e ribelli, che le circondavano il viso. Anche in quella tenuta, con stivali impolverati e abiti dimessi, manteneva sempre l’aspetto nobile che l’aveva contraddistinta quando era Magistra. L’aspetto inconsapevolmente seducente che lo aveva conquistato durante il Mandato.
Nimeon, senza una parola, la prese per mano e l’attirò a sé.
«Tuo padre è contrario» disse lei sciogliendosi dall’abbraccio. La sua voce suonò spenta, come se fosse una logica constatazione.
«Cambierà idea. Non so per quale motivo…»
Ester lo interruppe. «Lo sai per quale motivo. Lo sai da molto tempo. Non puoi biasimarlo, se non accetta che tu stia accanto a una come me. La Fanciulla delle Terre non è adatta alle placide Colline d’Oro. Ne avevamo parlato, Nimeon.»
«Dovrà farsene una ragione, perché non intendo affatto cedere. Tu e io ci sposeremo come abbiamo stabilito. In ogni caso, ha detto che non si opporrà con la forza, né con l’autorità» disse Nimeon, cercando di essere ottimista.
Ester si scostò da lui, col volto aggrottato. «Te l’avevo detto, principe. A te può non importare del mio passato, ma sta di fatto che c’è. L’idillio è già finito, io non ho la forza di ricominciare a combattere per una nuova causa. Sono stanca, è dalla ribellione dei maghi che non ho respiro e non ne posso più. Non contrasterò tuo padre per impormi come tua moglie.»
«Queste sono decisioni che riguardano noi due, non gli Udkils» obiettò lui.
«No, ti sbagli. Riguardano la tua famiglia, il tuo popolo, tutte le Terre. Sappiamo entrambi che è così, non posso dargli torto se non ci vuole insieme. Scommetto che le sue obiezioni non sono diverse da quelle che ti avevo mosso io» ribatté Ester.
Nimeon la guardò negli occhi, così tristi da sembrargli ancor più scuri. «Ma tu mi hai detto sì. Non c’è altro da aggiungere. Sono disposto anche a lasciare le Colline, se è necessario. Non tengo al trono quanto a te.»
Ester si sedette, passandosi le mani sul viso. «Non puoi farlo» sospirò. «Non puoi gettare su Lexon la responsabilità di ereditare il trono. È già abbastanza confuso, tra la magia e il cavalierato. Ora come ora, il tuo posto è alle Colline. Non c’è bisogno che te lo dica io.»
Nimeon le sedette accanto. «Alle Colline e con te. Non vedo perché una cosa debba escludere l’altra. In ogni caso, io non cedo.»
La donna gli sorrise, carezzandogli il volto. «Lo so, non cedi mai, tu. Adesso vai a riposarti un po’, abbiamo fatto una tirata per arrivare oggi… Forse era meglio se ce la prendevamo più comoda. Si stava tanto bene, in viaggio!»
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