Una parte di documentazione l’ho raccolta consultando libri di professori vietnamiti, che hanno
raccontato la storia del loro paese. Fondamentale un libro di proverbi vietnamiti e ca dao (canzoni popolari del Viet Nam) che mi ha aiutato a immergermi nel pensiero, nei valori e nelle aspirazioni di quel popolo. Per il resto ho avuto la fortuna di beneficiare della consulenza del maestro Pham Xuan Tong, fondatore del Qwan Ki Do, che ha messo a mia disposizione la sua cultura storicomarziale e ha tradotto dal vietnamita numerosi passi che mi sono serviti per inquadrare la situazione politica, sociale e le battaglie che si sono susseguite. Quantificare tutto questo è difficile, anche perché il lavoro di documentazione non è ancora finito.
Per Nhan Bu, hai prediletto una struttura a capitoli brevi. Una scelta ragionata o naturale?
Una scelta ragionata, l’intenzione è stata di vedere gli accadimenti del romanzo attraverso la visione ed esperienza di un bambino di nove/dieci anni, con la sua semplicità e immaturità.
Immagino tu abbia visitato il Viêt Nam. Un paese che sa lasciare un segno nell’animo del viaggiatore…
Sì sono stato in Viet Nam e conto di tornarci appena possibile. E’ un paese fantastico dalle molte sfaccettature naturali e popolato da una incredibile varietà di etnie, che hanno saputo trovare il giusto equilibro fra convivenza reciproca e mantenimento di tradizioni, costumi, modi di fare. Un popolo che ne ha viste di tutte i colori, eppure è sereno e sorridente. Tornato in Italia mi sono reso conto che noi ci preoccupiamo troppo di futilità, pur avendo tanto dal punto di vista economico e sociale… e riusciamo a non essere così sereni.
Lasciamo la narrativa storica, che pure sappiamo interessare una buona parte dei nostri lettori, per passare “in topic”: parliamo de Il sangue dell’elfo, pubblicato da DelosBooks sotto lo pseudonimo di Key Pendragon. Si tratta di un fantasy che sin dalla quarta di copertina s’intuisce deve qualcosa alla narrativa gialla. Ce ne sintetizzi la trama e l’atmosfera che si respira tra le pagine?
Partirei dall’atmosfera che contestualizza meglio gli avvenimenti: il mondo dove il romanzo è ambientato è popolato da diverse razze appena uscite da una guerra. La pace è garantita dal governo, tramite una forza di polizia chiamata l’Ordine della Guardia. Gli equilibri sono precari, ogni razza ha il suo modo di vivere e vedere le cose, il proprio senso di giusto e sbagliato. I guardiani devono mantenere l’ordine e la pace destreggiandosi continuamente fra queste cose. I problemi cominciano quando viene rinvenuto il corpo di un elfo travestito da umano e, per di più, vicino a un tempio goblin. Lukkar Montego, un ufficiale dell’Ordine, cerca di dipanare il mistero, ma si scontra con reticenze sia da parte degli elfi, che da parte dei goblin. Come se non bastasse i rispettivi poteri delle due nazioni, cercano di usare l’assassinio per screditare gli altri a accaparrarsi più potere, anche a costo di scatenare una nuova guerra. Sarà complicato per il capitano Montego trovare il colpevole, ma ancora più difficile riuscire a ottenere le prove.
Senza cadere nel “peccato” dello spoiler, possiamo dire che Il sangue dell’elfo, pur onorando i crismi del fantastico, e divertendo, racconta anche del rapporto tra diversi, della presunzione di alcune culture e società rispetto ad altre, di una pace difficile, di fanatismo, di uomini e religioni?
Vere tutte queste cose, ma soprattutto la presunzione. Presunzione di essere nel giusto, di vivere nel miglior modo possibile, di avere le leggi più giuste, la religione più vera e, sopra ogni cosa, la presunzione che gli altri debbano cambiare il loro modo di essere.
Leggeremo altre storie legate a Crocicchio?
Al momento ne arriverà sicuramente un’altra a breve, sempre per questa collana. Altre storie sono state scritte, vedremo cosa dice mamma Delos…
Perché il fantasy, al cinema e in libreria, negli ultimi anni sta vivendo un felice momento di popolarità?
Credo che questo felice momento di popolarità sia legato alle saghe del Signore degli Anelli ed Harry Potter al cinema, che hanno creato un polo di attrazione fortissimo, la conseguenza è stata un interessamento da parte di editori e produttori, un circolo virtuoso che ha risvegliato l’attenzione del pubblico.
Sulla home page del tuo sito c’è una citazione da Ernest Hemingway: “Voglio scrivere il meglio e il più sinceramente che posso, finché morirò e spero di non morire mai”. Era solo la citazione in sé che t’interessava, oppure Hemingway occupa un posto particolare nel tuo universo di lettore?
1 commenti
Aggiungi un commentoUna bella conversazione, serena ed interessante. Lo spessore umano dell'autore emerge e non è semplice in poche righe di testo.
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