Acqua. Fuoco. Terra. Aria. Sono gli Elementi, fondamenti del mondo fisico come della simbologia alchemica, forze naturali e principi immanenti delle cose. Legati di volta in volta alle stagioni, agli umori del corpo, a determinati poteri magici o ai solidi geometrici fondamentali, hanno attraversato la storia dell’uomo finendo inevitabilmente per affascinare anche i narratori di storie.

Nel vastissimo filone di opere che in un modo o nell’altro se ne occupano si inserisce anche Il potere degli elementi di Morgan Llywelyn.

 

Autrice principalmente di romanzi storici ambientati in quell’Irlanda patria dei suoi genitori e col tempo divenuta anche sua, l’autrice di New York con quest’opera si è accostata per la prima volta al genere fantastico.

Il volume è diviso in quattro sezioni, ciascuna dedicata a un elemento e strutturata come un racconto totalmente autonomo, se non fosse per qualche rapido accenno che indica come ciascun protagonista sia un discendente del protagonista del racconto precedente. E se non fosse, soprattutto, per l’atmosfera e la consapevolezza che lega le quattro storie fino a formare un affresco più ampio.

Storie che parlano del rapporto con la natura, della sua forza primigenia, che può essere benevola come devastatrice, e che va sempre rispettata, a meno di accettare di pagare pene a volte anche molto pesanti come conseguenza dei propri sbagli.

 

Acqua.

“A mano a mano che le calotte polari si scioglievano, il livello dei mari si alzava. Quando si resero conto che la terraferma sarebbe stata sommersa dalle acque, le persone reagirono in modi diversi. Alcuni iniziarono a pianificare, altri cedettero al panico. Altri ancora non fecero nulla, e si rifugiarono nell’apatia finché non fu troppo tardi.”

 

La furia dell’elemento si scatena fin dalle prime pagine del racconto, e la vicenda è imperniata sulla lotta di un esiguo gruppo di persone per sopravvivere. Problemi pratici da risolvere, decisioni impopolari da prendere, una convivenza non sempre facile da accettare.

Kaisar si rende conto presto che i modelli di vita validi fino a quel momento vanno rivisti, e si accolla il difficile compito di guidare la piccola comunità, diffidando dell’acqua ma trovando con essa una strana sintonia. Perché, se ci si ferma ad ascoltare la sua voce immortale, può avere molte cose da insegnare.

 

Fuoco.

Dopo la chiusura introspettiva della prima parte ci si sposta nell’impero di Creta, per assistere alle vicende quotidiane di un suonatore di lira.

Gli intrighi di palazzo, il rapporto con la giovane moglie, i problemi di un amico, la schiavitù. Sono molti gli elementi che contribuiscono a donare a questo racconto la trama più articolata dell’intero volume.

L’atmosfera è soffocante, tanto per il calore innaturale quanto per la sensazione dell’imminente sopraggiungere di una catastrofe. I personaggi, pur descritti rapidamente per non rallentare la storia, sono concreti, reali, e le loro azioni hanno motivazioni ben precise. Hanno un obiettivo e lottano per raggiungerlo. Salvo scoprire alla fine che nulla possono contro la forza del fuoco.

 

Terra.

“La pietra sedeva sul fianco della collina e pensava. […] I pensieri della pietra erano quelli della terra, compattati e appesantiti dagli eoni, scagliati verso l’alto dai cataclismi, incastonati nel ghiaccio. Immobili per millenni. Essi spingevano, premevano, trascinavano.”

 

È il racconto più intimo e introspettivo, nel quale la catastrofe non colpisce una comunità ma muta drammaticamente la vita delle singole persone.

Annie Murphy è una casalinga del XIX secolo, intelligente, istruita e determinata. E se si imbatte in qualcosa che non riesce a spiegarsi, la sua prima reazione è quella d’indagare, per cercare di capire qualcosa di più. Ma alcuni fenomeni non sono spiegabili dall’uomo, richiedono solo il suo rispetto e la sua accettazione.

La storia è narrata molto bene, con i dubbi della protagonista che emergono e le sue sofferte decisioni che prendono forma. Richiede però, da parte del lettore, l’accettazione senza troppe spiegazioni di un elemento estraneo alla concretezza con cui viene narrata la vicenda.

 

Aria.

Un futuro prossimo venturo, una catastrofe ecologica imprevedibile nelle sue sfaccettature malgrado la prevedibilità del suo arrivo.

Dopo aver osservato il confronto con forze soverchianti di una comunità, di un piccolo gruppo di persone e di una singola donna, l’orizzonte improvvisamente si allarga per abbracciare tutto il pianeta. L’effetto è sconvolgente, perché le immagini prospettate non sono più quelle di un passato troppo lontano dalla nostra realtà, né troppo personali per poterci toccare.

Le persone di cui seguiamo la storia siamo – o potremmo essere – noi.

L’episodio che chiude la vicenda, evocativo e grandioso, riesce a unire la speranza con un ammonimento mai troppo attuale, ricordandoci che la narrativa non è solo divertimento ed evasione ma può anche essere spunto per riflessioni importanti.

 

Nessuna descrizione inutile, nessun elemento che non sia funzionale a portare avanti la storia s’insinua in un volume che percorre un lunghissimo arco di tempo ma che evidenzia come, per certi versi, gli esseri umani siano sempre uguali.

Una scrittura scorrevole unita a una buona resa delle diverse atmosfere e della psicologia dei personaggi, che a tratti raggiunge una notevole intensità contribuiscono a rendere questo libro una piacevole lettura. E le quattro ottime singole trame che insieme concorrono a formare un’opera unitaria matura e lontana dai cliché del genere dimostrano come non servano necessariamente centinaia e centinaia di pagine a un autore che abbia qualcosa da dire.