La testa si allontana di scatto.

-No, ti prego! Fa un male bestiale!-

Sogghigno. È un mistero, come i nervi decomposti possano trasmettere dolore a un cervello morto. Ma chissà, magari per i liugat funziona così. Che cazzo ne so, non ho mai visto uno liugat prima di questa maledetta sera. E cazzo, chi ha mai sentito dire che esistono anche liugat femmine? Mostri bastardi, le donnette che ci credono che esiste dicono che sembrano un turco dai tacchi altissimi, che si porta appresso il suo sudario per usarlo da tovaglia per mangiare le sue vittime. Ma comunque dovrebbe avere tacchi da turco, non i tacchi a spillo da zoccola, come il maledetto mostro che mi vuole ammazzare.

Se la signorina può sentire dolore, è un gran peccato che non ho un caricatore di riserva. Mi piacerebbe sentirla urlare e contorcersi sotto i miei colpi. Il pensiero di lei che si dimena urlando e supplicandomi sotto la superficie dell’acqua sporca mi procura un piacevole gonfiore sulla patta. Baldracca, quanto dolore che ti darei…

-Perché mi hai svegliata, Enver?-

Bella domanda. Perché sono un cretino, è evidente. Ma come potevo pensare che la mafia mi avesse ficcato sul gommone un fottuto liugat? Io volevo solo onorare il contratto. Un viaggetto semplice e pulito: da Tirana a Bari con una sola cassa come carico. E trenta milioni per il povero Enver. Trenta milioni per un solo viaggio è una bella cifra. E niente carico di puttane, che rompono sempre i coglioni, piangono per tutto il viaggio. E manco sanno cosa troveranno dall’altra parte, le sceme. Solo Allah sa perché frignano. Figurarsi, sapessero che troveranno col cazzo il lavoro che le hanno promesso, solo botte e marciapiede. Ma una cassa non frigna, non si agita, non spacca la minchia. Una meraviglia, abbastanza per comprarmi un gommone tutto mio e mettermi in proprio. La nuova Albania ha bisogno di spirito imprenditoriale, e il vecchio Enver ne ha da vendere. Enver’s PuttanaLine, trasporto di puttane sane e garantite. Con un bel gommone da trecento cavalli, nuovo fiammante. E invece niente, doveva andare tutto storto. A cominciare dalla guardia di finanza italiana. Chi ha mai visto quei finocchi con le loro belle divise bianche che si mettono a rompere le palle? Al massimo ti seguono un po’, se hanno quelli del telegiornale a bordo possono anche diventare asfissianti, ma cazzo, sanno le regole. Cinque milioni in contanti ai ragazzi di Durazzo, e la guardia di finanza sparisce. Poff, come d’incanto non vedi un finocchio bianco fino a Bari. Potresti entrare nel porto e farti ormeggiare come un signore da qualche leccaculo della capitaneria. Beh, quasi: quelli ci tengono alle apparenze. Ti dicono dove sbarcare, e fine. Basta che non ti veda nessuno, puoi fare il cazzo che vuoi. Potresti portare una bomba atomica, per quello che gliene frega. E invece, nisba. Stavolta non mollavano. E non c’avevano la solita corvetta scassata, che puoi seminarla anche a remi. Brutti stronzi, c’avevano un aliscafo. Dannatamente veloce, e porca vacca se sapeva il fatto suo, lo stronzo che era al timone. E si sono messi pure a sparare. E dritto! Mica in aria, come quando hanno su quelli del tiggì. No, quelli miravano al motore! Meno male che i balordi hanno dovuto mollare, quando è venuta su questa nebbia della malora. Un aliscafo è una brutta bestia, se non vedi a un palmo dal naso in una zona come questa, piena di reti da pesca alla deriva. Allah benedica i pescatori di frodo e le loro spadare! Mica puoi fidarti del radar: se vai a quaranta nodi e ti becchi un paio di chilometri di nylon fuorilegge tra pale dell’elica e ali, il tuo aliscafo è bello e fottuto, e con lui la tua carriera. Ti sbattono a metter timbri al porto in provincia di Staminchia, te lo dico io.

Però quei deficienti mi hanno spaccato il motore. Bastardi, non se ne sono nemmeno accorti, visto che la nebbia era diventata come il latte, non ti ci vedevi l’uccello. Loro non se ne saranno accorti, ma io sì. E mi son detto: Enver, qui qualcuno ha fatto il furbo. O i ragazzi di Durazzo non hanno mollato la stecca a chi di dovere, o la mafia ha cercato di farti le scarpe. In ogni caso i proprietari della cassa, si sono comportati da stronzi. E nessuno può fare lo stronzo col vecchio Enver, mi sono detto. E quindi vediamo di ficcanasare nella cassa, mi son detto. Se è roba il vecchio Enver è a posto per tutta la vita, visto quanto pesa. Se sono armi, è una spaccatura di palle. Non è mica come la roba, che si vende da sola. Ci devi avere il gancio, per i gioielli del Kosovo. E così ho tolto il telone che copriva la cassa. Legno bello duro, legno laccato, da signori. Imbullonato con viti da otto, in ottone zincato. Avrei dovuto piantarla lì, perché quella è roba che costa, mica roba che si usa per portare un carico di merda fino a Bari. Roba così ormai nell’Adriatico la usano solo i militari. E sulla cassa c’era scritto bello grosso MMI. MMI, capisci? Vuol dire Marina Militare Italiana, sicuro come l’oro. Che c’entrava la mafia con la roba della marina? Mica ci poteva essere un siluro, no? Che se ne fanno i mafiosi di un siluro, lo ficcano nel culo di qualche giudice che pesca i branzini con la barchetta la domenica? Così ho pensato che fosse una specie di scherzo: infilare cinquanta chili di merda in una cassa della marina e far beccare il povero Enver da quelli della guardia di finanza. Che so. Un avvertimento o qualcosa del genere, proprio il genere di scemate che fanno loro. E tanto se il povero Enver ci va di mezzo e si becca trent’anni, chi se ne frega?