Mentre ancora si parla del film di Zack Snyder tratto da Watchmen, alternando critiche e lodi a seconda della visione personale, possiamo fare un passo indietro, tornare a percorrere la strada dell’originale versione cartacea, parlare di fumetti (e solo quelli) per dire che... è ufficiale. Watchmen non è più soltanto un capolavoro del fumetto moderno. Watchmen, ormai, è un archetipo. O se preferiamo, un mito moderno, cui è possibile attingere per plasmare ulteriori versioni del medesimo tema. Si provi a pensare all’Odissea, a Romeo e Giulietta, al Ciclo Bretone. Quante volte la poesia, il teatro, il cinema, hanno raccolto elementi di queste opere per raccontare una propria storia, magari attraverso la lente di sensibilità difformi da quella dell’artista originale? L’esito (e la responsabilità) di dette varianti, è nelle mani degli autori successivi che si misura no con questa titanica impresa. Nella fattispecie di J.M. Straczynski, già autore televisivo (Babylon 5) e fumettistico (L’Uomo Ragno, Supreme Power, Rising Stars), che sebbene (pare) abbia dichiarato di non prendere le mosse dall’opera fondamentale di Alan Moore, la cita numerose volte, con personaggi e situazioni, nel primo volume della miniserie The Twelve, pubblicata nella collana 100% Marvel. Una sorpresa piacevolissima, che potrebbe (se il volume successivo manterrà le premesse) mettere davvero la parola fine al concetto di supereroe revisionista, adulto e disincantato.
Straczynski attinge ai personaggi della Golden Age Marvel (figli di un tempo in cui la celebre casa editrice ancora si chiamava Timely) e li presenta al pubblico moderno utilizzando lo stesso espediente narrativo reso celebre da Stan Lee sul personaggio di Capitan America. Verso la fine della seconda guerra mondiale, un manipolo di eroi in costume cade in una trappola nazista che li fa piombare in uno stato di animazione sospesa, e vengono dimenticati per decenni fino a quando un caso fortuito non li riporta alla luce ai giorni nostri. Fin qui niente di nuovo. Ma se Lee aveva usato questo escamotage semplicemente per traghettare Capitan America negli anni 60 senza farlo invecchiare di un giorno, qui l’evento letargo-risveglio assume un tono più tragico e profondamente metaforico. Straczynski sembra dirci che il concetto stesso di eroe con superpoteri, o anche solo eroe in tuta è ormai irrimediabilmente datato. Il supereroe è un naufrago, il superstite confuso di un mondo che non esiste più. La morale che conosceva si è evoluta, i costumi modificati, e il suo stesso ruolo nella società attuale è ambiguo. Se un tempo, prima e durante il conflitto mondiale, il confine tra bene e male era ingenuamente definito, oggi lo scenario è molto diverso. Ed è un terreno impervio anche per questi dodici esseri potentissimi. Senza più una casa, senza affetti e paradossalmente senza prospettive. Qualcuno di loro si getta a capofitto nel lavoro che ha sempre svolto, ma deve presto scontrarsi con una realtà quotidiana che non è preparato a comprendere. Chi un tempo poteva fregiarsi dell’appellativo di eroe, mutato il contesto storico è messo di fronte ai propri errori passati. Scelte infelici che macchieranno per sempre lo scintillante manto dell’eroe. Struggente e bellissima la rilettura che Straczynski fa dei personaggi mitologici del mondo dei supereroi, con palesi rimandi a icone come Sub-Mariner e il dio Thor. Pirandelliano nella sua tristezza il ritratto del principe perduto. Delicata e amara metafora fiabesca di rara potenza in un fumetto di supereroi.
Il sottile riferimento a Watchmen consiste nella morte violenta (e ancora misteriosa) di uno dei dodici eroi emersi dal passato. Nel destino crudele del più irruente tra loro, e nel clima crepuscolare, commentato da chi, tra loro, riscopre il proprio vecchio ruolo di giornalista.
Il disegnatore Chris Weston (visto su The Filth) dà veramente il meglio di sé in questa miniserie consigliabile a tutti coloro che amano i supereroi, ma si sentono insoddisfatti dalle attuali proposte targate Marvel. Ma anche a chi ha sempre snobbato i supereroi come genere, ritenendoli figli di un tempo ormai trascorso. The Twelve potrebbe essere la chiave giusta per una rivalutazione. I supereroi sono fuori tempo massimo. E lo sanno. La domanda è: saranno ancora eroi? O meglio: lo sono mai stati veramente?
Una cosa è sicura. A dispetto di ogni battaglia spettacolare, crisi infinite e farraginose invasioni aliene, queste dodici anime perdute hanno ancora qualcosa da raccontare.
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