Lino Aldani
È strana e tortuosa la strada che ha condotto, o che sta conducendo, a una fantasy italiana. E può essere per molti lettori più giovani una sorpresa sapere che il decano della fantascienza italiana, Lino Aldani, fu protagonista (anzi, co-protagonista, con Daniela Piegai) di un’importante tappa nella storia letteraria di questo genere.È giusto, dunque, ricordarlo anche in questa sede. Pubblicato nel 1985 dalla Nord nella Fantacollana allora diretta da Sandro Pergameno, con un’introduzione di Mauro Gaffo, Nel segno della luna bianca di Aldani e Piegai è un’incursione inattesa, che propone i codici della fantasy in una versione particolarissima, rispettosa ed eversiva allo stesso tempo. Nel 2004 il romanzo è stato ristampato dalla Perseo con il titolo Febbre di luna, insieme a vari racconti e una postfazione di Riccardo Gramantieri.
Molto, ovviamente, dipende da cosa si intende con la definizione di fantasy, al di là delle momentanee sfumature legate al mercato. Senza entrare in discorsi teorici (che sfioreremo più oltre), sicuramente Lino Aldani in tutta la sua carriera concede poco o nulla alle aspettative del mercato: anche per questo non smette mai di sorprendere. È pioniere della fantascienza hard nei racconti degli esordi su Oltre il cielo, poi creatore di abrasive “mappe dell’inferno” di tante storie satiriche. All’inizio degli anni 60, come co-fondatore della rivista Futuro, diviene capofila di una scuola di autori SF che vuole presentarsi come ponte con la letteratura “ufficiale”. Riprenderà il ruolo di editor a fine anni 80, alla guida di Futuro Europa insieme a Ugo Malaguti. Per Aldani con molta più forza di chiunque altro, la letteratura fantastica è occasione di impegno civico e morale, con un’intensità di cui parlarono figure come Oreste Del Buono e Luce D’Eramo. Il suo atteggiamento, sempre, resta quello dello storyteller, che racconta storie e crea mondi, esplorando i generi fantastici e mettendone alla prova i limiti.
I suoi pochi romanzi possono essere letti come la colonna sonora letteraria del disincanto di una generazione intellettuale, davanti a una modernità che causa delusione, senso di paralisi, rabbia e desolazione. Ma i temi ricorrenti sono veicolati attraverso una straordinaria varietà di registri. Insieme ai racconti di quel periodo, il primo romanzo, Quando le radici (1977) è al limite fra realismo e SF, l’amara distopia di un immediato futuro che ha distrutto la sensibilità degli abitanti della provincia lombarda, a cui solo gli zingari riescono a sfuggire. Eclissi 2000 (1979) è la space opera di un’astronave generazionale che rivela un tremendo inganno, parabola sull’essenza del potere che dà nuova vita a una trama già esplorata da Brian W. Aldiss e J.G Ballard. A James Blish (con una spruzzata di Ursula K. Le Guin) si rifà la storia del sacerdote alle prese con l’antropologia aliena di La croce di ghiaccio (1989). Nell’ultimo Themoro Korik (2007), la natura dell’utopia del desiderio a cui solo gli zingari sanno
accedere resta in tensione fra universi paralleli e trascendenza laica.
Come in di questo romanzo, molto dell’ultima fase di Aldani appartiene a un fantastico poco definibile, che privilegia il gotico-orrifico (altrove abbiamo parlato di "weird rurale"). Ma, per la loro frequenza e varietà, sembrano una firma stilistica ancora più personale le oscillazioni all’interno e fra i generi. Fra i racconti, pensiamo a Mochuelo (1° ed. nella raccolta Parabole per domani, Solfanelli 1987): l’enigma di un animale misterioso, con l’interrogarsi sulla possibilità dell’irruzione di un mondo fatato, che solo nel finale si muove verso la ghost story classica. Al contrario, Seconda nascita (1° ed. nell’antologia Universo e dintorni, a cura di Inisero Cremaschi, Garzanti 1978) parte da un’ambientazione fantasy, con un ragazzo nomade che vagabonda in un mondo dove la magia è di casa, per spostarsi verso dimensioni che hanno un sapore kafkiano (o forse beckettiano), attraverso una straordinaria partita a carte. Autore innamorato degli scacchi, Aldani aveva compreso da sempre il legame fra letteratura fantastica e gioco. E per i suoi zingari, la vita e la verità sono un gioco.
Nel segno della luna bianca
Al centro della sua carriera, terzo fra i cinque romanzi, abbiamo questa insolita collaborazione con Daniela Piegai. Soprattutto, non smetteremo di insistere, Nel segno della luna bianca (continuiamo a usare il titolo con cui lo abbiamo letto la prima volta) è la presentazione di un mondo. In ogni sottoinsieme del fantastico, l’impegno del narratore è costruire un universo, prenderlo sul serio e approfondirne ogni suo aspetto. Nella fantasy, il primo a teorizzarlo e praticarlo fino in fondo era stato J.R.R. Tolkien: anche il fantastico segue un suo realismo.
14 commenti
Aggiungi un commentoMi pare si parli di me. ops:
Purtroppo, in questi giorni per brutti motivi personali ho poco tempo per approfondire, e devo dedicare alla rete solo letture veloci, e gli argomenti e gli interessi sono tanti, troppi.
Allora non dovrei neanche intervenire, mi si potrebbe rispondere.
Vero. In realta' il mio intento non era commentare l'articolo, criticarlo, o criticare Aldani come autore. Il mio intervento intendeva essere centrato solo sul romanzo.
Volevo solo portare la mia testimonianza di persona che a suo tempo lo ha letto.
Che trova ingiusto bollarlo come "brutto", ma al tempo stesso non lo ritiene neppure un punto di riferimento, ma un romanzo nel complesso scorrevole pero' piuttosto leggero, almeno nel mio ricordo.
Se ho dato l'impressione di voler sentenziare sul un articolo letto di sfuggita, me ne scuso. Ma, appunto, non era questa l'intenzione, solo rispondere piu' che altro al primo commento, quello di Rakanius.
Abbiamo chiarito? A questo punto non mi pare.
Quei fatti non erano privati, per il semplice fatto che ne hanno fatto una questione pubblica e generale, sfruttando perfino internet. E, peggio ancora, sono stati reiterati.
A questo punto posso dirti che, invece, mi sembra molto comodo chiudere il tutto con "una questione di carattere" (forse perché la pelle non era le tua, e il nome e il cognome nemmeno). In ogni caso, nel rispetto della tua opinione, dissento in toto.
Diverso il discorso sull'articolo che parla esclusivamente di Aldani, cosa su cui invece concordo. (Ma ho già chiarito che non mi riferivo a lui.)
Come ti ho già scritto, non sono più il tipo che porge l'altra guancia. Se qualcuno dovesse chiedere scusa, per fatti oggettivi (che volendo possono anche essere ripescati), quello non sono io.
Nessuna voglia di polemiche, ma non le mando a dire e non mi nascondo dietro un dito, Emanuele. Se la replica pubblica è questa, allora mi piace che sia chiaro come la penso, di fronte a tutti.
Uhm, mi sa che c'è un misunderstanding
Il mio discorso sul MedFantasy non ha nulla contro il mercato, anzi. Io sono per la qualità piacevole da leggere. L'occhio, l'arecchia e lu nasu, agli umori generali del gusto dei lettori, io ce li tengo e penso che sia nella natura del Fantasy, per come è, per come è nato, cercare un punto d'incontro.
Che in Italia i primi sperimentatori (ora obliati) abbiano, invece, spinto verso una divaricazione fra contenuto, qualità letteraria e popolarità intesa come "ammasso", mi sembra da un lato davvero tipico di una nazione provincialottissima, da un altro una distorisione delle funzioni di un genere.
Io sono anglosassone di mentalità, è conoscendo la storia del Fantasy, per come è nato, che parlo di MedFantasy, che deve certo ancora manifestarsi appieno, deve ancora provare quel che può fare, ma l'idea è creare storie che siano piacevoli da leggere (e che non facciano la lezioncina moralenggiante, non in modo palese e scoperto - come mi è apparso, sbagliando magari, che l'Aldani abbia fatto).
Lo so, non esprimo mai tutto quel che intendo in una volta, so' difetti 'o so'!
Non si parla di comodità. La mia faccia e il mio nome lo metto ogni giorno qui come in tante cose. I pesci in faccia si prendono per il semplice fatto di esporsi. Da quel poco che ho capito di questo "mestiere", e correggimi se sbaglio, quando scriviamo anche se attaccano noi con il nostro nome, quelle che riceviamo sono critiche a quanto scriviamo, all'immagine di noi che traspare dagli scritti, non alla nostra persona. I fatti li ho compresi così. Non pensare che le abbia sottovalutate perchè non sono riferite a me. Se hai ricevuto insulti personali hai tutta la mia solidarietà. Se hai ricevuto critiche agli scritti pure, ma quelle ahimè, le considero legittime anche quando non ci piacciono, anche quando sono veementi, purchè non offensive della persona. Sono stato messo in croce anche qui per quanto scrivo. Ma continuerò a scrivere finchè l'editore mi darà fiducia, che credo sia condivisa dai lettori.
Allora siamo sulla stessa linea.
Non ci siamo intesi, però: furono insulti alla mia persona, interpretazioni denigratorie delle mie parole e perfino dei miei silenzi. Reiterati nel tempo e sempre immancabilmente rivolti alla mia persona (anche perché i miei scritti, per carità con tutto il diritto, tali persone non li hanno letti o, se lo hanno fatto, non ne hanno mai dato prova).
Chiudo qui e mi scuso con tutti, anche con te, Emanuele, per questo OT.
Non ho ancora imparato a tacere in certe occasioni. Scuse sincere.
Sarà che fa ancora male? Può essere, ma non mi fa onore. So cosa dovrei fare, una volta per tutte, per chiudere la questione in modo consono. Magari un giorno ne avrò il coraggio.
Passo e chiudo.
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