Il sacerdote s'avvicina a un braciere imponente posto al centro della stanza, l'unico che ancora non si sia acceso. Vi getta un pugno di polvere rossa e subito una fiamma dello stesso colore si dipana nell'aria. Moctezuma è rimasto leggermente indietro, il suo mantello verde e blu si agita mosso da un vento che io non posso percepire.

- Nessun altro modo è conosciuto. Solo la storia che fu può essere ripetuta - dice Tizoc, la voce trasformata dagli echi. - Soltanto colui che già un tempo scacciò Quetzalcòatl può salvarci questa notte: Tezcatlipoca, il dio giaguaro.

Moctezuma s'inginocchia ai piedi di Tizoc. Le sue parole giungono sospirate da spazi lontani. - È per questo che siamo nati, è per questo che andiamo alla battaglia, come i nostri padri e i figli dopo di noi. È la santa morte.

Resto vicino all'apertura, senza fiato. Tenebre solide hanno saturato la via per la quale siamo venuti; anche all'interno si vede il piccolo varco del meccanismo di chiusura identico a quello esterno, mi chiedo quale uomo abbia mai potuto pensare e costruire tutto questo. Se uomo fu.

Non appena Tizoc ha pronunciato il nome del dio giaguaro, i bracieri, tranne il più grande, si sono spenti in un sogghigno di luce. Moctezuma nel frattempo ha indossato una corona di inusuali fattezze, con al centro incastonato un gioiello che pulsa, grande come un pugno. Nuvole di riflessi si diffondono nell'aria ogni volta che la pietra cambia colore.

Il fiore spinoso s'è aperto

nel giardino di Tamoanchan

là dove si creano i figli dei primi uomini

nati dalla pioggia e dalla bruma.

La preghiera di Tizoc è come un mormorio spaventato. La sua voce, improvvisamente roca e debole, appare ben poca cosa mentre rimbalza disperdendosi tra le volte. Il sacerdote piega verso di sé il braccio destro e i miei occhi si rifiutano di vedere quel che accade, ma il mio spirito non può nascondersi con altrettanta facilità. Le sue dita affondano nel proprio corpo come se fosse fatto della più limpida delle acque, è un attimo che sembra fermare l'eternità, poi la mano si protende verso la fiamma e il cuore ancora pulsante che vi è racchiuso inizia a consumarsi in uno scintillìo disordinato, privo di sangue.

Moctezuma ha ormai perso la propria coscienza, il corpo piegato da spasmi atroci e gli occhi privi di luce umana.

Lui è venuto, il nostro padre

alla testa dei cavalieri giaguaro, soldati del Sole.

Signore dell'Orsa Maggiore

Signore del cielo stellato e del vento notturno,

il mio cuore spezzato

sarà il suo cibo.

Ecco! È qui

il Signore di Mezzanotte!

Il mio re è scomparso, al suo posto, cibato dal suo dolore e dalla sofferenza di tutti gli uomini che fuori di qui stanno morendo, si erge una figura gigantesca, ringhiante. Le sculture sembrano urlare, gli antichi simboli bruciano nella pietra.

- Tezcatlipoca... - balbetta Tizoc cadendo in ginocchio. - I tuoi servi accolgono il nuovo regno del loro Sign...

Il riverbero del fuoco rischiara quasi timoroso le zanne che si serrano sul capo del sacerdote. Un colpo secco e il corpo di Tizoc inizia a roteare privo della testa, come un pupazzo prima di cadere in una pozza di sangue nero. L'ululato di soddisfazione si alza in aria mentre l'essere beve avidamente da quella orribile fonte. Un vento fetido si alza portando la sua voce da ogni galleria, come il più osceno dei canti.

...Tezcatlipoca, tutto vede restando invisibile. Il sangue di tutti gli uomini non basterà a sfamarlo, berrà anche il sangue del mondo e poi dell'universo intero. Triste sorte annuncia la sua comparsa, egli è il messaggero prediletto di Coyolxauhqui, dea delle tenebre, dopo di lui arriveranno i Quattrocento Serpenti delle nuvole e tutti i demoni del Regno Oscuro...

Mentre il dio giaguaro termina lo scempio del sacerdote, i vecchi racconti di mio nonno riemergono dalla tempesta di terrore di cui tutto il mio essere è in balia. Il destino del mondo è segnato, la notte più nera si abbatterà con tutta la sua forza sugli uomini e sulle loro fragili vite prive di protezione. Anche il benevolo Quetzalcòatl cadrà sotto i colpi del demone, come già una volta è successo. Un'era di malefici si appresta, ogni magnificenza sarà divorata, ogni bellezza dimenticata.

Ora gli occhi rossi di sangue si voltano verso di me. L'essere ha ancora fame, avrà bisogno di forza per compiere la sua missione, e nulla, allora, potrà fermarlo, né arma né sortilegio. Il suo ringhio è appena ricoperto dal digrignare delle zanne che si apprestano ad assaporare il nuovo pasto.

La fuga è inutile, un balzo e sarei già vittima impotente, ma forse, se l'uomo non potrà nella sua ignoranza, gli dèi invece ricorderanno il mio sacrificio. Mi volto di scatto e la mia mano scompare nell'apertura tra le rocce. Aziono il meccanismo e confido nella memoria.

-  Tonatiuh, Huaxi, Xolotl...

I blocchi imponenti si richiudono su se stessi come due mani che si serrano in una stretta invincibile. Ora nessuno potrà più uscire da questo scrigno del male, come nessuno potrà più entrarvi.

Un colpo mi getta lontano, ma è troppo tardi. Prima che il braciere si spenga per sempre, vedo l'essere-dio che tenta invano d'inserire la zampa enorme e mostruosa nella fessura, l'aria traboccante di urla blasfeme.

Le tenebre si riappropriano del loro dominio ma il mio spirito è tranquillo.

È nell'ultimo bagliore delle braci, che osservo freddi artigli avvicinarsi.

"Creda, Vostra Maestà, è stata impresa ardua sconfiggere questo fiero popolo. Nessuna traccia v'è del loro re, scomparso come fumo, cosi' come i nostri informatori indigeni ci dicono sia sempre vissuto. Sono ancora alla ricerca del misterioso tesoro di cui si favoleggia, ma Moctezuma, questo il nome del re, è certo che mai abbia condiviso con alcuno i propri segreti..."

Hernán Cortés

da una lettera indirizzata a Carlo V