Il castello è posto su un vertiginoso strapiombo, ai piedi della Majella. Fu edificato nell’XI secolo sui resti di una fortificazione risalente alla lunga guerra fra Longobardi e Bizantini. Restaurato, è oggi completamente visitabile. La zona non è stata colpita dal recente sisma e attende i turisti.

Il castello di Roccascalegna, arroccato su un gigantesco masso arenario, domina le colline circostanti da uno strapiombo verticale alto oltre cento metri. Grazie alle massicce mura e alle innovazioni tecniche e militari dell’epoca, il castello era conosciuto fin dagli arabi con il nome di “Ruqqah Gawrali”, tanto che ne scrisse nel XII secolo anche il geografo Edrisi ne “Il Libro di re Ruggiero”. Benché Roccascalegna sorga nell’entroterra abruzzese, in provincia di Chieti, dista in linea d’aria solo una ventina di chilometri dal mare e quindi gode di un clima dolce che favorisce la macchia mediterranea insieme a estesi boschi di querce e ginepri. In questa zona, appena al margine del Parco della Majella, anche la fauna è ricca, con cinghiali, camosci, cervi e, sporadicamente, lupi. Come si capirà, il turrito castello, le montagne con i boschi secolari ricchi di animali selvatici, le leggende che permeano questi luoghi contribuiscono a evocare tutti gli ingredienti di tante fiabe che, non a caso, si svolgono nel Medioevo. Solo che in questo caso Roccascalegna non è fiaba, ma storia e realtà.

Anticamente in questa zona vivevano i Sabellici, e in particolare le tribù dei Carricini e dei Frentani, presto assoggettati alla potenza di Roma. Dopo la caduta di questo impero, i territori abruzzesi furono scossi da sanguinosi eventi bellici, come la guerra greco-gotica del VI secolo. Fra i Bizantini, padroni della fascia costiera, e i Longobardi, occupanti l’entroterra, la strategia militare di ambe le parti incluse la creazione di rocche e castelli. Fra l'altro, al castello è esposta l'unica riproduzione a grandezza naturale e funzionante d'Europa di lanciafiamme bizantino, l'arma segreta dell'epoca in grado di annientare il nemico con il terribile “fuoco greco”, una miscela liquida infiammabile che bruciava persino sull'acqua.

A Roccascalegna, grazie anche alle possibilità difensive del luogo, i Longobardi crearono un insediamento che secoli dopo, ossia nel periodo Normanno-Svevo (XI-XII secolo), venne ulteriormente potenziato con il vero e proprio castello, munito di ponte levatoio, dormitori per i soldati, magazzini, una chiesetta, una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana e persino un apposito locale per i servizi igienici, particolare allora generalmente avveniristico e tuttora esistente. Adatto a fronteggiare le armi ossidionali dell’epoca, come mangani e arieti, il castello di Roccascalegna, come del resto tutti gli altri, risentì dell’avvento delle armi da fuoco come le bombarde e quindi dovette essere adeguato a questa nuova e devastante minaccia. Nel periodo Angioino-Aragonese (XV secolo) le torri prima quadrate furono arrotondate per deflettere i colpi e le mura furono ispessite.

Visitare Roccascalegna – che fortunatamente, così come tutto il territorio circostante, non ha subito alcun danno durante il recente sisma - significa rivivere l’atmosfera del passato, assaporare una cucina tipica gustosa e variegata e ammirare panorami grandiosi.

Dal 24 luglio all’11 settembre è aperto tutti i giorni con chiusura alle 20 (a Ferragosto è aperto fino alle 21 con orario eccezionalmente continuato). In seguito e fino al 2 ottobre è aperto solo il sabato e la domenica, con orari 10/13 - 15/18. Il biglietto costa 3 euro, i ridotti 2,5.

Per informazioni, Pro Loco di Roccascalegna, 3387756873.