Nota di Charlaine Harris: Questo libro è stato finito mesi prima che l’Uragano Katrina si abbattesse sulla Gulf Coast. Dal momento che gran parte della trama si svolge a New Orleans, ho a lungo dibattuto se fosse il caso di lasciare Definitely Dead così com’era o se dovessi includere nella trama la catastrofe verificatasi fra Agosto e Settembre. Dopo averci molto riflettuto sopra, dal momento che la visita di Sookie in quella città ha luogo all’inizio della primavera di quell’anno, ho deciso di lasciare il libro così come era stato originariamente scritto. Il mio cuore è con gli tutti abitanti della splendida città di New Orleans e delle aree costiere del Mississippi, lo stato in cui vivo. I miei pensieri e le mie preghiere saranno con loro, mentre ricostruiscono la loro casa e la loro vita.
Ero appesa al braccio di uno degli uomini più belli che avessi mai visto, e lui mi stava fissando negli occhi.
- Pensa a… Brad Pitt - sussurrai. I suoi occhi castano scuro mi scrutarono con vago interesse. D’accordo, era la tattica sbagliata.
Evocai nella mente l’immagine dell’ultimo compagno di Claude, un buttafuori di un locale di strip tease.
- Pensa a Charles Bronson, oppure a… Edward James Olmos - suggerii, e la mia ricompensa fu l’affiorare di uno sguardo intenso e rovente sotto quelle lunghe ciglia.
In un attimo, la sua espressione divenne tale da far pensare che fosse sul punto di sollevare la mia lunga gonna frusciante e di abbassare l’aderente corpetto push-up per possedermi fino a quando non lo avessi implorato di smettere. Sfortunatamente per me, e per tutte le altre donne della Louisiana, Claude militava in un’altra squadra. Il suo ideale non era una bionda prosperosa; per destare il suo fuoco interiore ci voleva un soggetto duro, rude e cupo, magari con un po’ di barba lunga.
- Maria Stella, sposta indietro quella ciocca di capelli - ordinò da dietro la macchina fotografica Alfred Cumberland, un massiccio uomo di colore con capelli e baffi grigi. Maria Stella Cooper avanzò di un rapido passo, portandosi davanti alla macchina per assestare una ciocca dei miei lunghi capelli biondi. Io ero inarcata all’indietro contro il braccio destro di Claude, con la mano sinistra (nascosta all’obiettivo) aggrappata disperatamente alla schiena della sua giacca nera e il braccio destro sollevato in modo da avere la mano delicatamente appoggiata sulla sua spalla, mentre lui mi cingeva la vita con la sinistra. Credo che lo scopo di quella posa fosse di dare l’idea che lui stesse per adagiarmi al suolo e farmi sua.
Claude indossava la giacca nera, pantaloni al ginocchio dello stesso colore, calze bianche e una camicia, anch’essa bianca, con del merletto al collo; io portavo un lungo abito azzurro dall’ampia gonna sovrastante una quantità di sottogonne. Come ho già accennato, il corpetto di quell’abito era decisamente succinto, con corte maniche che mi lasciavano scoperte le spalle, motivo per cui ero lieta che nello studio facesse abbastanza caldo, anche se il grosso riflettore (che a me sembrava grande quanto il piatto di un satellite) non emanava tutto il calore che mi sarei aspettata.
Al Cumberland cominciò a scattare fotografie, mentre Claude mi fissava con espressione appassionata e io facevo del mio meglio per ricambiarlo. Nel corso delle ultime settimane, la mia vita privata era stata… ecco, diciamo che era stata vuota, per cui ero fin troppo pronta a cedere alla passione. Anzi, ero addirittura pronta a prendere fuoco.
Maria Stella, che aveva una splendida carnagione fra il bruno e il dorato, abbinata a ricci capelli scuri, era pronta a intervenire per eventuali ritocchi dell’ultimo minuto, armata di una grossa cassetta di makeup, di spazzoli e pettini. Quando Claude e io eravamo arrivati nello studio, ero rimasta stupita nel riconoscere la giovane assistente del fotografo. Non avevo più visto Maria Stella da quando a Shreveport era stato eletto il nuovo capobranco, alcune settimane fa, occasione in cui non avevo avuto modo di osservarla bene, perché il confronto per la scelta del capobranco era stato un evento spaventoso e sanguinario. Adesso però stavo avendo la possibilità di studiarla con attenzione, e potevo vedere che si era completamente ripresa dall’essere stata investita da una macchina, in gennaio. Del resto, i lupi mannari guariscono in fretta.
Anche Maria Stella mi aveva riconosciuta, ed era stato per me un sollievo quando mi aveva sorriso, considerato che la mia posizione nei confronti del branco di Shreveport era quanto meno incerta, al momento. Senza che mi fossi davvero offerta di farlo, mi ero ritrovata a schierarmi involontariamente dalla parte del candidato che era uscito sconfitto dal confronto per la posizione di capobranco, e il figlio del candidato in questione, Alcide Herveaux, che io consideravo forse qualcosa più di un amico, riteneva che io gli fossi venuta meno nel corso del combattimento, mentre il nuovo capobranco, Patrick Furnan, sapeva che io ero legata alla famiglia Herveaux. Di conseguenza, ero rimasta sorpresa quando Maria Stella si era messa a chiacchierare con me nell’aiutarmi a chiudere il vestito per poi spazzolarmi i capelli. Poi aveva proceduto ad applicare più makeup di quanto ne avessi mai sfoggiato in tutta la mia vita, ma quando alla fine mi ero guardata nello specchio avevo dovuto ringraziarla: avevo un aspetto davvero splendido, anche se non somigliavo più a Sookie Stackhouse.
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