Gli angeli di Folkmar
di Sergio Donato
La sfera vulcanica atterrò esplodendo in mille pezzi.
Nunaki rotolò fuori spinto dall'inerzia dell'impatto. Dopo due capriole al suolo si rialzò scivolando sulle suole e riprese in un attimo l'equilibrio. La polvere dell'altopiano gli avvolse le gambe fasciate negli stretti pantaloni di cuoio, poi si disperse nel vento freddo.
Il sole provò a scaldargli la pelle nuda del busto, ma l'aria era un ventaglio ghiacciato che si apriva sull'altopiano soffiando via la terra in ghirigori polverosi.
All'orizzonte, raccolte come canne di bambù strette con poca cura, si potevano scorgere altre gigantesche torri di roccia brulla, piatte in cima.
I nidi dei Draghi.
Un altro impatto. La sfera si frantumò e ne uscì Alrik. Scivolò sul petto per diversi shaku. Quando si mise in piedi era sporco di fuliggine e sangue. Guardò Nunaki. Non c'era dolore nei suoi occhi.
L'ultima sfera si spaccò a poca distanza da Nunaki. Pezzi di roccia vulcanica gli rimbalzarono sul fianco.
Comparve Thorgest. Già in piedi, i pugni stretti, i capelli biondi al vento e lo sguardo rivolto al loro obiettivo.
– Sei pronto, Pellegialla? – chiese Alrik. Si strofinò il dorso della mano sulle labbra sporche di terra.
Nunaki non ripose. Il vento gli soffiava alle spalle.
– Alrik... – fu l'unico commento di Thorgest. Non si era voltato.
– Thor, non ho detto niente. Che è un Pellegialla è chiaro.
– Se è qui è un Angelo, nient'altro.
– Non dovrebbe esserci, qui.
– Ma c'è.
– Sì, ma...
Thorgest si voltò di scatto, e senza correre si diresse a grandi falcate verso Alrik. Il pugno partì dal basso verso l'alto.
Il colpo allo stomaco sollevò Alrik da terra.
Alrik non cadde. Si piegò sul busto. Respirò a fondo e ridistese la schiena guardando Thorgest. Sorrideva.
– Chiaro? – domandò Thorgest.
Alrik fece scrocchiare le ossa del collo muovendo le spalle e la testa. Si avvicinò a Nunaki e gli diede una forte pacca sul braccio.
– Bene, Angelo. Vedi di non fare un brutto volo.
Nunaki lo guardò con la coda dell'occhio.
Thorgest indicò un punto al centro dell'altopiano, mettendo a tacere ogni discussione.
– Lì – disse semplicemente.
Nunaki vide quello che gli era stato descritto prima di partire. Tutto combaciava. Era il resoconto di millenni di storia; di migliaia di Angeli.
Ma Alrik aveva ragione. Non avrebbe dovuto essere su quell'altopiano. Non era la sua storia.
Aveva solo l'età giusta, i quindici anni dalla nascita, ed era il figlio di Yagyu Yoshioka, il Guerriero venuto dalla Culla del Sole.
Un ospite a cui veniva concesso l'onore di diventare un Angelo di Folkmar.
– Paura, Angelo?
Alrik rise e iniziò a correre sollevando leggeri sbuffi di polvere.
Torghest gli fu subito dietro. Lo raggiunse e lo superò. I lunghi capelli biondi erano la scia della sua potenza. Girò appena la testa in direzione di Nunaki.
– Muoviti. Non avrai molto tempo. – La sua voce fu presto rapita dal vento e si perse nell'aria gelida.
Nunaki inspirò a fondo. Si strofinò le mani sui pantaloni per pulirle al meglio e con un solo movimento si annodò i capelli neri in una corta coda di cavallo. Chiuse gli occhi.
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