I lettori italiani lo hanno atteso a lungo con curiosità. In tanti, su Facebook e sui forum, trepidavano per vedere sbarcare nel nostro paese la versione italiana dei mutanti protagonisti di X-Campus, la serie commissionata dalla Marvel alla Red Whale, medesimo studio cui si deve il successo storico di Monster Allergy, sempre a opera di Francesco Artibani. Un'attesa di qualche anno terminata in un modo forse inatteso, con la pubblicazione della miniserie nella collana da edicola Super-Eroi – Le Grandi Saghe. Scelta bizzarra, visto che X-Campus è attualmente l'unico titolo inedito finora pubblicato in questa collana, risultando anche discretamente fuori asse, per tono e contenuti, rispetto alle uscite precedenti. Soprattutto considerato il target cui la miniserie è destinata.
Infatti, ci troviamo davanti a un progetto del tutto diverso e per alcuni versi più ambizioso dei primi esperimenti italici svolti dalla Marvel negli anni trascorsi. L'Uomo Ragno: Il Segreto del Vetro e Devil e Capitan America: Doppia Morte, erano stati concepiti come racconti autoconclusivi, piccoli divertissemant firmati da autori nostrani di alto profilo (Tito Faraci ai testi, Giorgio Cavazzano e Claudio Villa ai disegni). Esperimenti interessanti, ma troppo circoscritti per lasciare un'impronta profonda. X-Campus nasce, invece, per poter crescere. Per svilupparsi di capitolo in capitolo, presentando alla fine un'architettura elaborata le cui radici affondano in una tradizione narrativa e grafica tutta italiana. Inoltre, a differenza dei già citati Devil e Spider-Man, affidati a Faraci, Cavazzano e Villa, i giovani mutanti di X-Campus sono stati immaginati per parlare a un pubblico di adolescenti, che conosce la saga degli X-Men soltanto attraverso le versioni cinematografiche o che vi si accosta per la primissima volta.
Francesco Artibani è uno sceneggiatore che non ha bisogno di presentazioni. Già con Monster Allergy si è ritagliato la sua fetta di popolarità, dimostrando di essere uno degli autori italiani più duttili, capace di gestire con disinvoltura un linguaggio di confine, dove l’avventura per ragazzi è scandita da invenzioni non scontate. Su X-Campus, Artibani si è giovato della collaborazione di Michele Medda (Nathan Never, Legs Weaver), che firma alcune delle sceneggiature. Il risultato è un piacevole otto volante, in cui il vecchio e il nuovo si incontrano e si intrecciano con divertimento portando in scena i personaggi più carismatici della saga mutante. Artibani e Medda rielaborano il mito degli X-Men in modo da farlo ripartire da zero, pur seminando lungo il racconto una quantità di elementi iconici che strizzano costantemente l’occhio ai fans meno giovani. Un’ambientazione scolastica, popolata da mutanti adolescenti totalmente reinventati, e anche un nuovo teatro per l’azione. Sede di questi futuri X-Men non è la famosa “Scuola per giovani dotati” del professor Xavier, ma l’istituto della fondazione Worthington, che fa capo all’abbiente padre del giovane Warren, a sua volta mutante dalle ali d’angelo.
Davvero interessante l’idea di presentare Xavier e Magnus-Magneto (da sempre contrapposti) come due docenti dalle diverse visioni educative. Insegnante di biologia e teorico della pacifica convivenza, il primo. Insegnante di storia e cinico manipolatore il secondo. Da notare il cambiamento di Magneto rispetto alla sua figura classica. Non più ideologo della lotta armata mutante contro ogni illusione integrazionista, ma rappresentante di un’élite che in virtù dei suoi poteri aspira a formare una nuova e spregiudicata classe dirigente. Altra curiosa variazione riguarda la macchina cerca-mutanti Cerebro (qui ribattezzata Cyberno) che nelle mani di Magneto anziché di Xavier, diventa il simbolo di un famelico potere orwelliano. La contrapposizione ideologica tra Xavier e Magnus, benché rivista secondo un’ottica più schematica, è descritta in modo vivace, e le scaramucce tra i due schieramenti di studenti contrapposti scandiscono con brio il procedere della saga. Rogue conserva l’essenza del suo personaggio, prende qualcosa in prestito dal suo corrispettivo cinematografico, e si rivela un buon testimone per lo sviluppo della storia. Divertente la caratterizzazione impacciata di Ororo (“sembra il nome di un pappagallo!”) e delizioso il pingue e geniale Hank, forse il personaggio più vicino alla sua matrice originale.
Certo, X-Campus è un prodotto pensato per sdoganare presso lettori
I disegnatori Denis Medri, Roberto Di Salvo, Alessandro Vitti, Gianluca Gugliotta e Marco Failla, riescono nel compito non facile di tradurre delle notissime icone Marvel in un linguaggio grafico che possa risultare gradevole tanto al quattordicenne che al lettore scafato, e pur conservando una riconoscibilità stilistica affatto personale, producono otto capitoli piacevolmente armonici. La colorazione di Sergio Algozzino, Fabio Bonechi, Cecilia Giumento, Giovanna Niro e Davide Amici, suggella un lavoro di squadra di per sé riuscito.
Nella prima versione della miniserie, l’occhio alieno della vicenda avrebbe dovuto essere il giovane Scott Summers, protagonista della storia assieme al fratello Alex. Nella versione definitiva è diventato centrale il personaggio di Rogue. E' probabile che in quegli anni, poichè nei cinema di tutto il mondo stava uscendo X-Men 2, la Marvel abbia chiesto espressamente che la giovane mutante, centrale nel film, diventasse la protagonista della serie. Detto fatto. E non è neppure un gran male. Quel che lascia sicuramente perplessi, è la scelta di presentare X-Campus nella collana Supereroi – Le Grandi Saghe, in mezzo a opere già edite e dai contenuti
Nel secolo trascorso, il fumetto italiano ha dimostrato di saper dire la sua e di potere arricchire di sensibilità peculiari i personaggi iconici creati da Walt Disney. I quarantenni italiani di oggi sono cresciuti leggendo le avventure di Paperino e soci scandite al ritmo di un cuore autoctono. Sarebbe bello se la Panini Comics non lasciasse bruciare un’occasione per il rilancio in chiave italiana di un franchise ormai mitico. Un mito, quello degli Uomini X, oggi anche un po’ italiano, che aspetta solo – come il giovane Warren – di poter spiegare le sue ali.
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