Il Ritratto di Oscar Wilde è una biografia critica del controverso scrittore irlandese. Con una tesi da dimostrare, ossia la fascinazione che Wilde, figlio dell'Ascendancy - la borghesia protestante di origine inglese discendente dei coloni arrivati in Irlanda nel periodo Tudor - subì dalle dottrine della Chiesa Cattolica fosse una costante della sua vita. Parecchi suoi amici si erano convertiti negli anni, un esempio per tutti, John Gray, colui che gli ispirò la figura di Dorian. Wilde però si convertì praticamente in punto di morte.
Con minuzia e precisione documentale il saggio di Paolo Gulisano traccia prima il quadro generale dell'epoca, dei luoghi dove Wilde nacque e visse, dall'Irlanda all'Inghilterra e Stati Uniti per la maggior parte, non disdegnando, con capacità degne dei migliori narratori, di fare emergere i forti conflitti dell'epoca.
Un saggio quindi che appassiona come un romanzo, perché rende ambientazioni e personaggi vive e quasi tangibili agli occhi del lettore. Tutto questo a prescindere dal fatto che si possa condividere o meno la tesi dell'autore.
L'onestà intellettuale della ricerca è però testimoniata non solo dalla cura nella ricostruzione di un completo quadro storico, ma anche dalla assoluta sincerità nel lasciare nel campo delle ipotesi quelle idee non provate da alcuna evidenza documentale, come per esempio il presunto battesimo di Wilde in età giovanile.
Esemplari sono i passaggi di ricostruzione storica, come i capitoli dedicati al quadro sociale irlandese e all'Impero Britannico nell'Età Vittoriana.
Il volume fa poi "parlare" spesso Wilde, citando importanti passaggi delle sue opere, e parecchi dei suoi leggendari aforismi.
L'appassionato di Wilde, ma anche di storia della letteratura, non può perciò non rimanere colpito dalla qualità del lavoro di ricostruzione, che però non fa risultare il saggio di pesante lettura.
Il linguaggio del saggio non è infatti degno di tecnicismi accademici, ma si mantiene sempre adatto a un volume il cui scopo non è dottrinale, bensì divulgativo.
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