La produzione letteraria di J.R.R. Tolkien si potrebbe considerare alla stregua di una favolosa miniera di preziosi, ancora non del tutto esplorata che abbia dato di sé solo alcune, preziosissime, gemme. È infatti generalmente ignorato che Tolkien, instancabile, si dedicò alacremente allo studio delle opere in antico inglese e in norreno, ricostruendo l'antica mitologia. In questo spazio culturale si situa l'opera La Leggenda di Sigurd e Gudrún, curata dal figlio dell'autore Christopher Tolkien. Il volume raccoglie due opere poetiche strettamente legate tra loro, ripercorrendo le leggende sul tesoro dei Nibelunghi: testi composti in inglese moderno che ricalcano la metrica del norreno.
Le due opere, dal titolo Völsungakviða en nýja (Il nuovo lai dei Volsunghi) e Gudrúnarkviða en nýja (Il nuovo lai di Gudrún), hanno una lunghezza che supera le 500 stanze, e attingono alla profonda conoscenza dell'Edda poetica e della lingua norrena dell'autore.
Il rapporto tra queste due composizioni e il retroterra culturale che le origina è comunque particolare: non sono infatti esse mere traduzioni, ma si inseriscono mirabilmente nei “buchi” che la tradizione letteraria nordica non riesce a sopperire; le fonti stesse sono spesso ambigue e presentano diversi punti oscuri. Si può affermare che Tolkien abbia quindi presentato la sua personale interpretazione delle fonti – interpretazione che deriva da una conoscenza profondissima ed esaustiva – in un modo chiaro senza che sia d'obbligo per il lettore lo studio delle discussioni e dei dibattiti degli studiosi sulle opere antiche.
Dopo l'introduzione sul leggendario Tesoro dei Nibelunghi, il primo lai segue la storia dei Volsunghi (i Nibelunghi stessi) nelle persone di Sigmund e Sigurd. La parte principale è occupata dalla tragedia di Sigurd e della Valchiria Brynhild e della parte svolta in essa dal malvagio Loki, le cui azioni porteranno alla maledizione che scatenerà la morte dell'eroe.
La malvagità è connessa anche al personaggio di Grímhild, madre di Gudrún, “fanciulla semplice, incapace di ordire grandi piani per il profitto o la vendetta”[1], la cui unica ambizione è l'amore di Sigurd. Il suo fatale litigio con Brynhild porterà alla morte di Sigurd per mano della stessa Valchiria, che si toglierà poi la vita e sarà bruciata sulla stessa pira dell'amato
Il lai di Gudrún riprende le fila della storia laddove la donna, preda della disperazione per la morte di Sigurd, vaga nei boschi come impazzita. Il ricordo dell'uomo amato sarà intessuto nella grandiosa tela che racconta la storia del Tesoro del Drago e di Sigurd.
Ritrovata dalla madre Grímhild, la donna viene costretta a sposare Atli, l'Attila storico; il matrimonio si concluderà con l'assassinio di Atli da parte di Gudrún. L'uomo viene rappresentato come diviso tra l'amore per la sposa e il desiderio bruciante per l'oro dei Nibelunghi.
L'intera vicenda è corredata dalle introduzioni e dai commenti dell'autore e del curatore, nonché dalle appendici che danno una visione d'insieme dei lai come parte integrante del tessuto mitologico e letterario della storia dei Nibelunghi. L'aggiunta di un saggio qual è l'introduzione di Tolkien all'Edda aggiunge valore filologico e letterario all'intera opera.
Diversamente da opere più largamente conosciute, come Il Signore degli Anelli, o Lo Hobbit, o ancora Il Silmarillion, La Leggenda di Sigurd e Gudrún si rivolge ad un pubblico più intellettualmente maturo e un poco più specializzato; la lettura richiede una certa conoscenza del contesto culturale in cui le saghe nordiche citate si sono sviluppate. Tuttavia, non è un testo riservato agli studiosi, anzi appare come una pregiata eppur piacevole lettura, in cui l'eco delle leggende epiche e delle saghe degli eroi riecheggia in ogni verso.
[1] J. R. R. Tolkien, La Leggenda di Sigurd e Gudrún, p. 70.
4 commenti
Aggiungi un commentoDalla Sua descrizione deve essere un libro molto interessante...soprattutto mi incuriosiscono questi personaggi descritti con tanta attenzione. Non ho mai letto un libro di questo genere, di solito preferisco i romanzi, ma credo proprio che inizierò da questo! Vi farò sapere un commento dopo la lettura...grazie!
Non sono un fan di J.R.R.Tolkien,mi sono limitato a legegre solo "Il Signore degli Anelli."
Dalla recensione e dalle 436 pagine dei due "lai" più introduzione e commento,mi viene in mente che il libro sia parecchio pesante,riservato per la maggior parte a puristi.
Premetto che sono un lettore storico del "Signore degli anelli" e dei testi collegati, e adoro Tolkien. Ciò premesso, sono abbastanza perplesso su questa operazione. Un poema di ampio respiro costruito con stralci tratti da vari poemi eddici, passati al frullatore e ricuciti insieme secondo il (discutibile?)gusto dell'autore. Questa "Leggenda di Sigurd e Gudrún" amorevolmente riscritta in versi inglesi ha l'aria di un esercizio privato, più che di un libro destinato alla pubblicazione. In italiano, poi, comincia a diventare un lavoro senza senso. Dunque una pubblicazione fatta su misura per i soli estimatori del professore di Oxford. Opera inutile, che nulla aggiunge al lavoro di Tolkien. Un altro velo inutile e apocrifo steso sulla bellezza e la profondità del mito norreno. Quello autentico.
Molto originale soprattutto nella primissima parte quando cita testuali parole: ''si potrebbe considerare alla stregua di una favolosa miniera di preziosi, ancora non del tutto esplorata che abbia dato di sé solo alcune, preziosissime, gemme'' riferendosi allo scrittore, sintomo che chi ha scritto questa recenzione sia una vera intenditrice del genere e dello scrittore stesso......per me è una garanzia......lo leggerò
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID