Mercati diversi, certo. Se da noi un episodio del genere sembra semplicemente impossibile perché in un paese in cui si legge poco gli editori devono valutare attentamente quali rischi correre, negli Stati Uniti è possibile anche qualche scelta rischiosa in più se legata a un progetto di qualità. Scelta che, nel caso di Warriors, dimostra come il racconto non sia affatto una forma d’arte inferiore rispetto al romanzo come sembrano credere coloro che snobbano la più breve dimensione narrativa, ma semplicemente una forma diversa.
Questa differenza è stata recentemente spiegata da Robin Hobb in un’intervista rilasciata proprio per promuovere Warriors.
Alla domanda se per lei fosse tonificante allontanarsi per qualche tempo dai romanzi e dedicarsi ai racconti, la Hobb ha risposto spiegando come le storie brevi siano terribilmente difficili. A lei piace dilungarsi senza alcun limite, mentre in un ipotetico racconto ideale ogni frase contribuisce a rendere vivida l’ambientazione, porta avanti la trama o rivela qualcosa sui personaggi, e le grandi frasi fanno tutte e tre queste cose contemporaneamente.
Quando, come in questo caso, collabora a un’antologia, scrive sempre un testo troppo lungo, quindi lo taglia ripetutamente e infine invia al curatore un testo che è ancora troppo lungo, unito a una lettera di scuse. Nonostante questo, adora i racconti, perché scriverli è un po’ come tagliare un diamante. Si elimina tutto ciò che c’è di troppo intorno fino a lasciare solo lo scintillante cuore. Più che tonificante, tutto questo è una meticolosa tortura, ma alcune storie richiedono di essere narrate in questa forma, e se le si vuole narrare bisogna lavorarci sopra.
Warriors è stata pubblicata lo scorso 16 marzo. Si tratta di un volume che presenta rischi maggiori rispetto a quelli normalmente insiti in un’antologia perché è un’antologia cross-genere, il che significa che i racconti contenuti al suo interno hanno un tema comune, la guerra in tutte le sue sfaccettature, ma appartengono ai generi più disparati. L’opera è stata curata da Martin e dal suo amico Gardner R. Dozois, entrambi presenti anche in veste di autori.
Dozois, attivo fin dai primi anni ’70, è autore di tre romanzi (in commercio in Italia si trova solo Fuga impossibile scritto insieme a Martin e Daniel Abraham) e di un notevole numero di racconti, ma è noto soprattutto per la sua attività editoriale. Vincitore di ben 15 premi Hugo proprio come curatore, è stato direttore dell’Asimov’s Science Fiction magazine dal 1984 al 2004 e dal 1984 cura anche le antologie della serie The Year's Best Science Fiction.
L’idea di realizzare Warriors, ha spiegato, è stata di Martin, che ha proposto il tema, mentre la decisione di spaziare fra diversi generi è nata nella successiva fase di progettazione, e per qualche tempo è stata subordinata alla necessità di trovare un editore disposto ad acquistare l’opera.
In seguito sono passati a selezionare gli autori con la speranza che i lettori, comprando l’antologia per leggere il racconto del loro scrittore preferito, finissero con l’innamorarsi delle opere degli autori a loro sconosciuti al punto da leggere anche il resto della loro produzione.
Una delle cose più affascinanti in un progetto di questo tipo, secondo Dozois, è l’opportunità di lavorare con alcune delle menti più affilate e alcuni degli autori più talentuosi del momento. Si tratta di qualcosa che, entro certi limiti, lui ha sempre fatto sia per l’Asimov’s Science Fiction che per The Year’s Best Science Fiction, ma in questo caso tutto ha assunto proporzioni maggiori perché la natura cross-genere del volume lo ha portato a contatto con alcuni generi che in precedenza non gli erano familiari.
Il risultato finale, non solo secondo i curatori ma anche alcuni autorevoli blog che hanno pubblicato la loro recensione, è straordinario.
Non è importante il genere scelto dal singolo scrittore – e alcuni scrittori hanno scelto di dedicarsi a generi diversi rispetto a quello che gli ha dato fama – tutte le storie sono di ottima qualità. Buono stile, trame efficaci, personaggi forti, e una grande varietà di generi, per un’antologia di grande qualità. Ci sono racconti di fantascienza, fantasy, mystery, rosa, western e storici che spaziano dall’antica Cartagine ai Vichinghi o alla Seconda guerra mondale, portando il lettore a esplorare generi che non gli sono familiari. E i testi sono mescolati fra loro, in modo da non creare la sezione di fantasy piuttosto che quella di fantascienza. Del resto, come spiega Martin nell’introduzione, le differenze fra i generi non gli sono mai interessate, e l’unica distinzione che conta veramente è quella fra storie belle e brutte. Questo perché i libri ci portano in luoghi che non conosciamo e ci mostrano cose che non abbiamo mai visto espandendo i nostri orizzonti e il nostro modo di osservare il mondo. E limitare il nostro sguardo a un solo genere ci limita, e ci rende più piccoli.
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