Venerdì 30 aprile.

Questo, se non altro, forniva una risposta all’interrogativo sull’assenza di Dmitri: era a scuola.

Charlie poteva essere da qualsiasi parte.

Ancora una volta, era stata lasciata sola.

Le sue dita tormentarono la trapunta che le zie avevano cucito per lei, e non ebbe bisogno di rimuovere il cuscino dalla faccia per trovare il quadrato di stoffa che aveva al centro un pezzo di una delle vecchie camicie di Michael.

L’avevano lasciata sola, proprio come aveva fatto Michael, per via di quel suo stupido e perfetto amichetto, e del suo stupido e perfetto lavoro a Vancouver.

– Alysha Catherine Gale! – tuonò Zia Jane, la cui voce arrivava ancora nitida fino al secondo piano, nonostante gli anni. Come se l’età avesse potuto osare di indebolirla. – Se non sarai fuori da quel letto e qui in cucina entro quindici minuti, ti farò pentire di essere nata!

Non c’era che sperare che Zia Jane la lasciasse in pace.

E ancora minore era la speranza che si potesse non prendere alla lettera ogni sua singola parola.

In un momento imprecisato della notte, Dmitri le aveva tracciato un simbolo magico sul polpaccio destro. Probabilmente aveva creduto che in quel punto lei non lo avrebbe notato, ma del resto Dmitri era giovane, e tuttora oggetto di un’indulgenza davvero incredibile. Levando gli occhi al cielo, Allie cancellò il simbolo, contemplò con un sorriso quello più antico che Charlie le aveva impresso sulla spalla e uscì da sotto la doccia, sorprendendo Samson, uno dei quattro border collie della famiglia, mentre stava bevendo dalla toilette.

– Non mi dire che hai imparato ad aprire le porte – borbottò, afferrando il cane per la collottola e tirandolo indietro; non si era presa la briga di infilare il vecchio gancio arrugginito nel suo occhiello, ma nonostante questo la porta del bagno era ancora chiusa.

Sferzandole le ginocchia con la coda scodinzolante, Samson ignorò il suo rimprovero.

Allie arrivò al piano di sotto con dodici secondi e mezzo di anticipo, ancora impegnata ad avvolgere un elastico intorno all’estremità della treccia umida per poi gettarsela dietro le spalle. Come si era aspettata, sua madre e Zia Jane erano nella grande cucina della fattoria, intente a preparare pasticci e torte, entrambe impegnate a lavorare a un’estremità del vecchio tavolo rettangolare.

Arrivata sull’ultimo gradino, Allie si soffermò a osservarle.

Era scontato che le ragazze Gale avessero delle sorelle, perché inevitabilmente nella famiglia c’erano quattro o cinque femmine per ogni maschio che nasceva.

Sua nonna, la madre di sua madre nonché sorella minore di Zia Jane, aveva avuto tre femmine e nessun maschio. Una cosa strana, ma non priva di precedenti.

Allie aveva un fratello, David, più grande di lei di quattro anni. Quell’anomalia aveva scatenato i commenti delle zie, perché non capitava mai che i maschi nascessero per primi; inoltre, lei non aveva sorelle.

– Lui ha ereditato il potenziale Gale che avrebbe dovuto essere suddiviso fra una mezza dozzina di femmine – aveva commentato con contrarietà Zia Jane, più di una volta, gli occhi scuri fissi su David. – Quello che bisogna chiedersi è che uso ne farà.

Con il rituale così prossimo a cominciare, la cucina avrebbe dovuto essere piena di ragazze Gale che ridevano e chiacchieravano, mentre si assicuravano che i pasticci e le torte avessero gli ingredienti giusti.

– Zia Ruth arriverà più tardi, insieme a Katie e a Maria – le disse sua madre, senza sollevare lo sguardo dal pezzo di burro che stava tagliando e unendo alla farina. – E Zia Rubie è appena scesa in cantina a prendere altre mele.

– Quel vecchio pipistrello rimbambito si dimenticherà probabilmente per quale motivo è scesa laggiù! – sbuffò Zia Jane, stendendo con perizia l’impasto su una teglia da crostata, una cosa che doveva aver già fatto un milione di altre volte. L’intera famiglia adorava le crostate, e considerato che Zia Jane ammetteva di aver superato gli ottant’anni, pur diventando cattiva quando qualcuno cercava di avere informazioni più specifiche in merito, se si calcolava un minimo di ottant’anni, e una media di cento pasticci all’anno… – E se tu avessi trascinato la tua pigra carcassa fuori del letto prima di mezzogiorno – continuò Zia Jane, interrompendo quel tentativo di effettuare un rapido calcolo, – saremmo state in quattro fin dal principio, quindi smettila di contemplare i posti vuoti che ci sono a tavola e vieni qui a darci una mano. Gli altri rientreranno presto a casa, e i pasticci e le torte non si fanno da soli.

Non potendo controbattere a quella familiare quando incontrovertibile osservazione, Allie sfilò un grembiule dal suo gancio vicino alla porta, ma poi aggirò il tavolo fino a raggiungere la caffettiera che si trovava accanto al grande piano di cottura.