"Stanotte" chiese Alice, "cosa sta succedendo?"
"Tu stai ricordando" rispose Chesy. "E la storia, finalmente, finisce".
Ben vive a Londra, è giovane, è sopravvissuto a un tragico incidente d'auto, e soffre di allucinazioni. Per lavoro legge manoscritti. Una notte comincia a leggere un romanzo che si intitola Alice nel paese della vaporità, inviatogli via e-mail da un mittente anonimo.
Alice Liddell è un'antropologa in cerca di una sfida. Vive in una Londra steampunk a cavallo tra epoca vittoriana e futuro anteriore, in cui tutto funziona grazie a macchine che hanno il solo difetto di produrre come scoria la Vaporità, una "nebbia" che se respirata si rivela essere un potente allucinogeno che nel tempo provoca mutazioni. Per consentire ai londinesi di vivere una vita ordinata e tranquilla, molto tempo fa la Vaporità fu convogliata nella Steamland, una terra abbandonata a se stessa insieme ai suoi abitanti, ormai pazzi e mutanti da generazioni. Alice decide di esplorare la Steamland e immergersi nella Vaporità. Ben legge la sua storia. Ma c'è di più, ovviamente.
Nella gran quantità di romanzi fantasy - nel senso più ampio del termine - che affollano le librerie, ultimamente è abbastanza facile sapere cosa aspettarsi: paranormal romance, urban fantasy, new weird, ecc. Le definizioni cambiano, ma salvo eccezioni molti di questi libri hanno una sensibilità comune per cui tutto rimane a livello superficiale, edulcorato. L'Alice di Francesco Dimitri rientra tra le eccezioni. E' sorprendente proprio perché si fa beffe dei canoni non scritti e soprattutto dei vincoli che alcuni vorrebbero imporre ai cosiddetti libri per ragazzi. Alice ha una storia potente, personaggi poco classificabili, e la violenza, quando c'è, non è tenuta al guinzaglio. Non è un libro irrilevante: o ci si immerge o lo si abbandona in fretta, e in fondo va bene così. E' un romanzo che ci porta fuori dalla nostra zona di sicurezza, e lascia in bocca il sapore di qualcosa di nuovo e sconvolgente.
Dimitri ha un linguaggio preciso e sferzante e un gusto un po' lovercraftiano per l'orrore, ed è dotato di un senso del fantastico e del meraviglioso come raramente si vedono nella narrativa italiana. Dimostra di avere sempre il controllo della situazione, cosa fondamentale se si vuole portare il lettore dentro una storia in cui i sensi e le percezioni si confondono, anche se il suo stile sembra a tratti forse fin troppo razionale per una storia che affonda nell'istinto e nel viscerale. Un plauso particolare per la creazione della Vaporità, che parte come semplice ambientazione per diventare molto altro: un ostacolo, una risorsa, uno strumento, un fine, quasi un personaggio a sé stante. E tramite la Vaporità è possibile cogliere i diversi Aspetti della realtà, che qui come già in Pan si confermano l'idea più potente e immaginifica dell'autore.
C'è carattere, in Alice, e capacità di giocare con il fantastico usandone figure, archetipi e tipizzazioni. Prendete i vampiri, ultimamente una delle figure più usate e abusate del fantasy. I vampiri di Alice - sì, ci sono anche loro - non sono addomesticati: fanno paura. Non sono bellocci privi di libido, ma mostri sotto spoglie umane. Dimitri restituisce alla figura del non-umano dalle più dichiarate allusioni sessuali un fascino oscuro più vicino all'archetipo originale che ai personaggi di Twilight & Co., e anche solo per questo ha la mia infinita gratitudine.
Alcuni dei personaggi comprimari (la Regina e Clea su tutti) avrebbero avuto un vantaggio da qualche sfaccettatura in più. Curiosamente credo si tratti di una precisa scelta, visto che altri personaggi - Zap e Miyamoto, per esempio - sono dotati ognuno di una voce chiara e forte. Notevole la caratterizzazione di Ben, a cui spetta forse il ruolo più difficile del libro (leggete per credere). Stupendo e terribile il Bianconiglio, portatore d'orrore: so che non guarderò più il Bianconiglio di Carroll allo stesso modo. Su Chesy, dal timbro unico e sorprendente, basti dire che creare un personaggio originale e autonomo partendo dall'ossatura del Cheshire Cat di Lewis Carroll non è certo cosa da poco. Ognuno di questi personaggi è strumentale per la progressiva trasformazione di Alice, che dal momento in cui entra nella Vaporità comincia a mutare - conoscere, reinventare - se stessa, trascinando il lettore con sé.
Tutto il resto, quello che conta, è nel libro.
77 commenti
Aggiungi un commentoA me era piaciuto abbastanza, Alice. L'ho letto pochi mesi dopo la pubblicazione (lavevo però comprato immediatamente, alla fiera di Torino).
Abbastanza, ma non tantissimo perché, avendo letto Pan, mi aspettavo qualcosa di qualità decisamente superiore.
Ho trovato questo (ultimo, per ora) Dimitri un po' troppo gigione e burattinaio.
Si percepisce che ha rieditato in scritto giovanile. E' un testo che che seppur ricco di idee originali non le sviluppa pienamente, pone in scena personaggi -non tutti neh - che variano dal fin troppo bizzarro all'orridamente stereotipato (il finto maestro giapponese con la spada magica l'avrei voluto morto fin dalla prima apparizione) e non sempre si pregia di una prosa efficace.
Per il resto dopo la lettura mi sono detta : ecco, se questo dovrebbe essere il livello BASE del fantasy italiano. Dimitri insieme alla Manni: Leggermente superiore il buon Barbi e, un tantinino più in basso, G.L. Più giù non si dovrebbe scendere. Se così fosse saremmo tutti felici.
Ma così non è.
beh, degustibus. Io Dimitri e Manni non li leggerei perché non è il tipo di fantasy che piace a me. Di Dimitri ho letto l'estratto di Pan e benché scritto bene, non mi è piaciuto e sapevo che non mi sarebbe piaciuto, conoscendo il taglio; della Manni non ho letto estratti, ergo oltre a non piacermi la tematica magari non mi piacerebbe neppure lo stile, chissà...
Di Barbi ho letto l'estratto dell'Acchiapparatti e non mi è piaciuto né per forma, nè per contenuto; di G.L. ho letto altresì l'estratto del primo romanzo e l'ho trovato un gran barocchismo con dentro il sottovuoto spinto. Poi magari il libro è meglio, per carità, ma l'assaggio certo non invoglia
Per me i parametri sono invece - per quel che ho letto si intende, ci sono autori tipo ad es la Monticelli che non ho avuto occasione e magari sono bravissimi - non si dovrebbe scendere sotto al De Mari e la Randall. Come vedi, ripeto, degustibus.
Ma per me Manni, Barbi, il Dimitri di Pan e G.L. sono la base. La sufficienza. La De Mari è nettamente superiore, per la qualità evocativa della prosa e le tematiche.
G.L. è inferiore, un sei meno meno, a causa dei barocchismi e delle distrazioni narrative. Le atmosfere e i personaggi della saga del Wunderkind però mi piacevano e mi piaceva anche il tono affabulatorio della voce narrante (quando non s'inerpicava a mò di leone rampante).
Per quanto riguarda Barbi l'estratto dell'Acchiapparatti pubblicato su FM era uno dei brani peggio scritti in tutto il romanzo. I primi capitoli sono nettamente inferiori rispetto al resto del libro, ma se mi fossi lasciata scoraggiare dalle primissime pagine avrei perso una lettura nel complesso più che buona.
La Manni, a partire dal secondo romanzo, mi sembra troppo didascalica, troppo alla ricerca di una sua Mordor personale (vista da una posizione da centrosinistra dei poveracci), con risultati spesso grotteschi. La prosa però è buona e la mitologia basata su una fusion tra figure orientali e mediterranee è abbastanza originale.
Poi Marina, gli autori che ho nominato non sono la tua "cup of tea" -cit- e per fortuna non ho elencato le eccellenze del "mio" fantastico italiano. Qui però si definiva l'"Alice" di Dimitri eccellente e tutto è tranne che un cinque stelle, per me. E almeno che non ho detto che il livello base è "Unika".
Ulianka, non discuto la tua scelta personale, la respingo però se diventa criterio oggettivo, questo volevo dire. E non solo per i contenuti, che variano indubbiamente da persona a persona e quindi sono arbitrariamente soggetti a gusto, ma quanto a forma intendevo respingere almeno due di quelli che hai citato, fermo restando che non ho letto la Manni e quidni sulla forma non posso dire, e fermo restando che non si può certo dire che Dimitri scriva male, tutt'altro.
beh cavolo, su quello credo siamo d'accordo tutti che è il minimo storico, eppure sotto il profilo formale, a parte la pioggia di aggettivi, Unika (almeno il vol I) è sintattcianete impeccabie, anche se piatto e soporifero come stile. Quindi i discorso è complesso e articolato...
Della Randall hai letto qualcosa? A me è piaciuta molto la trilogia, un po' meno il romanzo singolo, anche se è sempre un buon livello.
Anche a me il maestro filosofo ha fatto cadere le braccia. E credo anche alla protagonista. Anzi no, a lei solo uno..
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