Aveva sentito dire che, nell'Oxata Odevaruran, Eu-Ahalan avesse condotto esperimenti sugli esseri viventi. Molto probabile che fosse ancora così.
“Il grande e famoso Lomorf!” esclamò quindi. Poi si girò verso l'uomo sul trono, al quale si inchinò.
“Non hai tardato. Molto bravo” approvò Eu-Ahalan.
Ogoroh si inchinò nuovamente. “Mi è rimasta un'unica scintilla di amor proprio qui dentro” si toccò il petto, “e la voglio custodire gelosamente per la mia sopravvivenza”.
“Bravo. Mi è sempre piaciuta la gente avveduta”.
Lo sguardo di Ogoroh si posò sulla statua dalle molte braccia alle spalle del trono, che raffigurava l’orrido Figlio della Disperazione, Makut. Il muso da cinghiale, aperto in una fessura dalla quale spuntavano zanne smussate, era rivolto al colonnato che si slanciava attraverso l’edificio, e il figlio dei quattro Esseri Spirituali deviati pareva far la guardia alle cose che si agitavano nel buio. Continuava a sentirne i rumori. Fruscii come causati dal vento e tonfi strascicati.
“Ho considerato con generosità la tua spontanea sottomissione alla mia persona” illustrò Eu-Ahalan. “Ricorda che se saprai attendere il momento giusto per porre in atto il mio proponimento, la tua morte resterà solo una prospettiva lontana, mentre gloria e onore nel mio regno si faranno più concreti”.
Ogoroh deglutì a fatica e rabbrividì per un insieme di timore e di aspettativa. Aveva già sentito dire che Eu-Ahalan possedeva la capacità di ricattare abilmente, riuscendo a trasformare una condanna a morte nella clausola minore di un contratto.
E lui, il Mago dell’Acido, noto negli ambienti della magia clandestina come colui che sapeva creare con insospettabile abilità quantitativi incalcolabili dei più pregiati e ricercati acidi corrosivi, aveva già scelto, a suo rischio e pericolo, di sottoscrivere con la vita.
“Non ti deluderò. Come sai ho diverse armi a mio favore”.
“È per questo motivo che ho scelto te”.
Già, come prima hai scelto Lomorf!
Subito dopo aver formulato quel pensiero, Ogoroh rabbrividì nuovamente.
“Non ho certo commesso un errore scegliendo lui, se è questo che intendi…” Eu-Ahalan sogghignò.
Ogoroh giudicò superfluo scusarsi. Così come gli aveva letto nel pensiero, di certo quell’essere millenario aveva anche percepito la sua paura improvvisa, che costituiva una forma di scuse ben più efficace.
“Lui ha fatto parecchi errori” proseguì Eu-Ahalan, “il primo dei quali è stato quello di sottovalutare il ragazzo. Per questo si trova lì. Non credere che sia morto”.
“Non lo è?” Ogoroh, che era rimasto vicino alla gabbia, si voltò di nuovo verso Lomorf. Quella scintilla di vita negli occhi... dunque era reale! Lomorf era ancora vivo, sotto quel rivestimento?
“No, non è un rivestimento, come ti stai domandando”. Il mago si alzò dallo scranno e scese gli scalini, avvicinandoglisi. “È la sua pelle. L'ho trasformata, immobilizzando il flusso del suo sangue e pietrificando gli organi interni. Percepisce ancora lo stimolo della fame, pur non avendo bisogno di mangiare. Vorrebbe respirare, perché in realtà è ancora un uomo come tutti gli altri, se si esclude la sostanza di cui è composto. Credo che senta la necessità di muovere il petto, per far entrare aria, riempirsi i polmoni e... Hai presente quando si sta per soffocare? Ecco, credo sia quella la migliore descrizione. Non può, ovviamente, com'è ovvio che non morirà. È in attesa, per così dire, che io lo sblocchi. Sente e vede tutto. Ogni cosa”.
Ogoroh cercò di non pensare alla possibilità di trovarsi in quella gabbia nel prossimo futuro, e si concentrò sull'incarico che Eu-Ahalan gli aveva affidato.
“Perché vuoi uccidere Geshwa Olers? È solo un ragazzo insignificante. Conosco la Profezia, il Mito dell’Arrivo, ma perché credi si tratti di lui?”
“Sei ammirabile, perché la tua giovane età non frena la tua intelligenza. Dici di conoscere il Mito dell'Arrivo, ma per comprenderne appieno il significato, Ogoroh, bisogna indagare per secoli, come ho fatto io, e giungere in questo modo alla consapevolezza che non si tratta solo di uccidere qualcuno o di far vivere qualcun altro. Bisogna avere una visione più ampia: la storia di Stedon porterà a un punto in cui gli eventi coincideranno. Ma il futuro non è ancora stato scritto in maniera definitiva”.
“No?”
“Considera quella profezia come una melodia portata dal vento. Potrebbe non venir ascoltata da nessuno, ma io preferisco mettermi al sicuro e far sì che il vento non soffi nemmeno”.
“Capisco. È un compito di grande onore, pur se non sarà difficile. Ti sono grato per aver scelto me”.
“Certo che no. Ora puoi andare.”
In quel momento giunse un verso improvviso. Ogoroh si stava preparando a scomparire, ma si voltò di scatto per lo spavento.
Sembrava il verso di un elefante, dolorante e spaventato assieme. Un suono prolungato che declinò verso tonalità sempre più gravi, fino a spegnersi del tutto.
Il mago non seppe trattenere i brividi. Infine si inchinò verso l'altro e scomparve.
Eu-Ahalan rimase a fissare il punto dal quale Ogoroh era sparito. Dopo alcuni secondi, durante i quali una strana e cupa vibrazione cominciò a impossessarsi della sala, mosse qualche passo in direzione di Lomorf, rinchiuso nella sua gabbia d’oro, e gli accarezzò una delle dita che spuntavano tra le sbarre. Poi sorrise, tirò con forza e spezzò una falange, rimanendo a scrutare nella fissità degli occhi del mago. Pur nella sua immobilità forzata, gli occhi di Lomorf vissero d'un guizzo che diede l’impressione di un grido muto.
Non sarà nemmeno semplice, caro Ogoroh!
E mentre la luce si spegneva, calando in fretta d'intensità fino a consumarsi lassù, tra le capriate da dove era spuntata, Eu-Ahalan scomparve insieme a essa.
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