Ormai non ci sono più dubbi, Tarmon Gai’don sta arrivando. Se ne possono cogliere i segni ovunque, nei morti che camminano come nella moltitudine di altri eventi normalmente inspiegabili che continuano a capitare. Non esiste un posto sicuro nel quale rifugiarsi in attesa che passi la tempesta: se vogliono sopravvivere alla tempesta che sta per arrivare tutti, dai sovrani al più insignificante dei sudditi, devono fare la loro parte.
A cominciare da Galad, il primo personaggio che si incontra nel prologo. A lui sono dedicate solo poche pagine in una storia dalle dimensioni sterminate, ma chi può dire quali conseguenze avranno le sue azioni? Certo per il futuro si aprono nuove prospettive decisamente interessanti.
Così come nuove prospettive vengono aperte da Egwene, l’unico personaggio la cui condizione era mutata in modo significativo in Crocevia del crepuscolo. Malgrado la cattura, e l’apparente naufragare delle sue speranze con cui si era chiuso il decimo volume, la giovane dimostra di avere dentro di sé notevoli risorse, e di essere in grado di sfruttare in modo nuovo un episodio della sua storia passata che, nel momento in cui era terminato, sembrava chiuso per sempre.
Ma non sono solo le nuove prospettive il motore di questo La lama dei sogni. Al contrario sono molte le vicende che, in un modo o nell’altro, trovano una loro conclusione. Prime fra tutte quelle di Perrin ed Elayne, orientati ormai da tempo in un’unica direzione e finalmente capaci di dare una svolta a una situazione apparentemente stagnante. Anche se, va ricordato, per ogni successo c’è sempre un prezzo da pagare.
Avvenimenti grandi e piccoli si intrecciano in modo molto stretto e così, per in inseguimento iniziato fin dall’Occhio del Mondo – anche se il lettore aveva conosciuto gli inseguitori solo molto tempo più tardi – che giunge al termine, ci sono ben due profezie enunciate nello stesso romanzo che trovano il loro compimento.
Innumerevoli fatti ricevono nuova luce. Alcuni per certi versi attesi, come la drammatica scoperta di una Sorella Nera, altri insospettabili, seppure radicati fin dal quinto volume e regolarmente riportati in superficie tramite accenni brevissimi.
La straordinaria capacità di Robert Jordan di allacciare un gran numero di trame e di portarle avanti curando ogni minimo particolare tocca qui il suo apice. Piccoli dettagli s’incastrano alla perfezione, mancanze che quasi non ci eravamo accorti di percepire vengono colmate e dubbi chiariti. Alla fine, nessuno dei protagonisti è lo stesso personaggio che era all’inizio del volume. La sua condizione, il suo scopo, le sue aspettative, i suoi compagni di viaggio: per ciascuno di loro uno o più di questi elementi cambia, e non sempre in meglio.
La presenza di Nynaeve è breve ma significativa, e le conseguenze delle sue azioni sono da brividi. Come è da brividi una frase pronunciata da Logain, potente come una cannonata e capace di spazzare via l’orrore per quanto è appena avvenuto promettendone uno ancora maggiore.
Rand prosegue la sua personale discesa agli inferi, in un cammino che potrebbe rendere priva di significato la sua presenza all’Ultima Battaglia. Se gli insegnamenti di Cadsuane sono davvero così importanti come sembra, il cammino da lui intrapreso potrebbe essere quello sbagliato.
Capire il perché di problemi che lo affliggono fin da La corona di spade non sembra essere sufficiente a ripagarlo per ciò che perde. Con lui è estremamente evidente quanto affermato in diverse occasioni dallo stesso Jordan: l’innocenza e l’ingenuità dell’inizio si sono perse per strada, lungo un cammino che si è rivelato più duro di quanto ciascuno potesse immaginare. In maniera a volte impercettibile, perché ogni piccolo passo spesso non è sembrato altro che il naturale proseguimento del precedente, ma se ci fermiamo a confrontare chi sono i protagonisti ora con quelli che erano tante pagine fa non si può non rimanere sorpresi dalla trasformazione.
Uno dei personaggi che è cambiato di più è Mat, la cui presenza all’inizio sembrava quasi superflua. È già da un po’ che la storia più divertente da leggere è la sua, ma nelle pagine che lo riguardano non c’è solo divertimento. Per una profezia che si compie, un mistero che viene svelato e un enigma che trova la sua soluzione ci sono almeno un altro paio di segreti ancora sepolti, un fatto inatteso e due nuovi sviluppi nella trama che potrebbero rivelarsi fondamentali per il destino del mondo.
L’ultima pagina, ancora una volta, è da brividi. Come se non fossero stati sufficienti tutti gli eventi precedenti dedicati ai personaggi più noti, si torna ancora una volta a vivere un episodio con gli occhi di una comparsa. Ma ciò che Pevara sente, e ciò che c’è di sottinteso in quelle poche parole, è sufficiente per riportare in vita i peggiori timori e non far dormire sonni tranquilli in attesa di The Gathering Storm.
Sono tanti gli elementi presenti in questo romanzo, un volume capace di proporre grandi cambiamenti ma anche di riannodare fili lasciati oscillare al vento molto tempo prima. Tarmon Gai’don incombe e tutti, in ogni schieramento, sono impegnati a compiere gli ultimi preparativi in vista dello scontro finale. Ma se questa è una cosa che potevamo aspettarci, con tutto il carico di emozioni che porta, c’è un’altra piccola sorpresa nel volume. E per quanto il suo significato per la trama sia davvero piccolo, l’impatto sul lettore è molto più grande se si considera che questo è stato l’ultimo romanzo terminato da Jordan prima della sua morte.
Già ne Il sentiero dei pugnali era comparso un piccolo ter’angreal con il quale lo stesso scrittore si ritagliava un ruolo da comparsa. Qui la statuetta compare di nuovo, e la descrizione che la accompagna è un po’ più articolata:
“Indicò la statuetta di un uomo tarchiato e barbuto con un sorriso allegro, che reggeva un libro. Alta due piedi, pareva di bronzo scurito dal tempo e di certo pareva abbastanza pesante da poterlo essere. «Guardarlo mette sempre voglia di ridere anche a me, mia signora.»
«Anche a me, Stephanie Pelden» disse Aviendha, accarezzando la testa di bronzo dell’uomo. «Contiene più del libro che vedi. Contiene migliaia e migliaia di libri.»”
Un uomo tarchiato e barbuto dall’aspetto allegro e con un libro in mano, la cui testa ne contiene migliaia di invisibili. Quale ritratto migliore per Jordan? E anche se lui non potrà più accompagnare i suoi personaggi nella guerra contro il Tenebroso, gli ha fornito armi sufficienti perché Brandon Sanderson, ora al comando dell’impresa, possa affrontare al meglio l’Ultima Battaglia. Riposa tranquillo, Robert. Il tuo lascito non avrebbe potuto essere migliore.
4 commenti
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Recensione fantastica...il libro sembra aspirare a scalzare dal trono dei MIEI PREFERITI "L'ascesa dell'Ombra"!!!
vedremo................
Libro bellissimo.
Complimenti per la recensione molto sentita ^^
Leggere della morte di Jordan mi fa commuovere sempre.
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