Nella fascetta del terzo dei volumi di cui parlerò c'è scritto “il meglio di me risiede in questa trilogia fantastica”, a firma ovviamente dello stesso Camilleri. A parte l'intento promozionale, è nella lettura che si avverte il desiderio di fissare dei racconti che rischiavano di essere perduti nel tempo. Si passa sempre meno tempo ad ascoltare i racconti degli “anziani”. Si passa sempre meno tempo ad ascoltare oggigiorno.

Maruzza Musumeci, pubblicato nel 2007 è il primo di questi volumi. Comincia come il racconto del ritorno di un emigrante dall'America. Gnazio torna nel 1890 nella natia Vigàta. Non è ricco, ma ha quanto basta per comprarsi un pezzo di terra. Nel terreno, che dà sul mare, risiede un ulivo saraceno, albero che ricorrerà spesso anche nei romanzi di Montalbano. Ha 45 anni, per l'epoca non era giovane, ma cerca di accasarsi cercando moglie. La “gnà” Pina, una di quelle vecchie pratiche della vita, esperta di erbe e guarigioni e di chissà quante arti misteriose, viene incaricata del compito da Gnazio. La scelta, non dopo qualche tentativo andato a vuoto, cadrà su Maruzza, una giovane trentenne bella, bellissima. Forse troppo per Gnazio. Ma l'amore trionferà nonostante alcune bizzarrie. Intanto l'esigenza della ragazza di fare molto spesso dei bagni in acqua di mare. Ma non può farli direttamente a mare. Gnazio sarà costretto a realizzare una vasca per occultare la giovane alla vista dei curiosi. E poi c'è la figura della “catananna” (bisnonna) di Maruzza, Minica, vecchia di una età indecifrabile, ma dalla voce giovane e melodiosa. Come d'altra parte è melodiosa e incantatrice la voce di Maruzza, che è convinta in realtà di essere una Sirena. Non sappiamo se durante i bagni a Maruzza spunti la coda, ma come donna non sembra essere menomata. Anzi, bizzarrie ed eventi misteriosi non impediranno alla famiglia di crescere, con la nascita di ben quattro figli, Cola, Resina – che sembra avere la stessa voce ammaliante di madre e trisavola – Calorio e Ciccina. Trisavola, madre e pronipote sembrano avere una memoria atavica, non collegata alle loro vite, ma a vite passate (forse), che risalgono ai tempi di Ulisse del quale le donne parlano al presente. Sono eredi delle sirene o sirene anch'esse? Vigàta trae le sue stesse origini nella Magna Grecia, tutto è possibile. La vicenda è di ampio respiro e si concluderà durante la seconda guerra mondiale, nel 1943. La famiglia verrà ovviamente coinvolta dai tragici eventi del periodo ma troverà nella trasformazione e nel ritorno di alcuni personaggi alle proprie origini, al mare. È un “cunto” che ha dei momenti poetici e commossi, che l'autore si è voluto regalare con partecipazione. Una partecipazione che tocca anche il lettore però.

E il lettore a questo punto continua il viaggio quasi senza soluzione di continuità. Il Casellante sembra essere una continuazione tematica e cronologica di Maruzza Musumeci. Edito nel 2008, narra delle vicende, a partire dal 1942, del casellante Nino Zarcuto e della moglie Minica. Non riescono ad avere figli e ricorreranno anche in questo caso alle arti di una donna anziana, Donna Ciccina, anch'essa pratica di arti antiche, al confine con la magia. Minica rimane incinta. Ma anche in questo caso la tragedia della guerra incombe. Il fascismo in prima istanza, con il quale il suonatore Nino si troverà in contrapposizione non tanto per spirito antifascista, ma solo per la sua mera volontà di vivere in modo "normale" la sua passione per la musica. Alle tragedie storiche si aggiungeranno le tragedie personali e Minica cercherà anch'ella la salvezza nel ritorno alle proprie origini. Questa volta la terra. Minica cercherà di mettere radici, di farsi albero, perché almeno così potrà dare frutti. Ma pur sempre di favola si tratta. Se anche in questo caso crudo e realistico è il racconto, che sulle tragedie non calca la mano, ma non lesina di farci percepire odori, colori e sensazioni forti, è anche vero che una speranza a Minica l'autore la vorrà dare. Ecco quindi la seconda anima dei siciliani emergere in questo romanzo, il rapporto con la terra. La Sicilia non è solo terra di mare e sole. Ma anche di campagne e di montagne di struggente bellezza. La cultura contadina e la cultura marinara convivono e in alcuni casi sono osmoticamente collegate.

È però da una contrapposizione tra i due ambienti, mare e terra, che trae spunto il terzo romanzo di quella che poi Camilleri definì “la trilogia della trasformazione”, Il Sonaglio. Edito nel 2009, la vicenda comincia ai primi del '900, sempre a Vigàta. L'estrema povertà delle famiglie era sfruttata dei reclutatori di “carusi”, bambini impiegati nelle miniere di zolfo, per poter scavare nelle gallerie più piccole, dove gli adulti non potevano entrare. Ma piuttosto che darlo ai reclutatori, i genitori di Giurlà accettano la proposta di mandarlo a lavorare come capraio nei feudi di un nobile. Giurlà, che ha quattordici anni è in estrema confidenza con il mare, capace persino di pescare a mani nude. Ma imparerà non solo ad amare odori e colori della montagna e della campagna, ma si sentirà sempre più a disagio lontano da questi elementi. Il romanzo è anche il racconto della sua crescita e della sua educazione sentimentale. Ma i sentimenti sono cosa ben strana. Se la natura ha le sue inclinazioni, forti sono le pulsioni che Giurlà prova, ricambiato per Beba. Ma Beba non è un essere umano.

È una capra. Sono i toni delicati e allo stesso tempo realistici di Camilleri a non fare scivolare la vicenda nel grottesco. C'è una profonda consapevolezza sia dell'autore che del personaggio, che cresce anche emotivamente con la lettura del poeta Lucrezio, che con il suo agire Giurlà strappa a Beba la sua vera natura. Una scena emblematica in questo senso è la descrizione dei rituali di accoppiamento del gregge di capre. Una scena viva e intensa, della quale il lettore sembra percepire persino gli odori.

Ma anche in questo caso irromperanno eventi che cambieranno il destino dei protagonisti. La figlia del nobile, Anita, entrerà nella vita di Giurlà. Eventi tragici porteranno Anita e Beba a stringere un muto patto che porterà a una nuova trasformazione, che darà un lieto fine anche a questa storia d'amore. A prescindere dai personaggi e dalle storie raccontate, è comune a tutt'e tre i romanzi una forte componente realistica. La pratica cultura popolare emerge al suo meglio. Le vicende scorrono senza ridondanze. E le parti approfondite non lo sono mai per mero riempimento delle pagine. Se poi i personaggi principali sono ben costruiti, anche molti dei personaggi collaterali riescono ad emergere anche con poche battute. Se quindi volete immergervi in un "realismo magico" capace di toccare i cuori ma anche soddisfare la mente e gli appassionati della buona scrittura, sono libri che fanno per voi.