La Warner scende di nuovo sul piede di guerra. Questa volta, a finire sotto al suo radar è la società svizzera Magic X, che ha recentemente messo in commercio sul suolo patrio un tipo di preservativo chiamato Harry Popper, la cui confezione lo ritrae in qualità di personaggio da cartone animato con tanto di occhialini e bacchetta magica.

Il colosso cinematografico ha subito attivato i propri legali per bloccarne la vendita e cancellare la registrazione del marchio, già forte di due precedenti, analoghe azioni in Austria e Germania intraprese nel 2006.

I legali di Waner hanno dichiarato che “chiunque veda il preservativo, pensa automaticamente a Harry Potter. Nessuno può seriamente obiettare in modo contrario. (Si tratta di) nutrire il mercato del sesso con l’immagine del apprendista mago: giovinezza e magia".

Considerato poi che il maghetto viene collegato istintivamente alla letteratura per ragazzi, Warner teme il danno di immagine in capo all’innocente figura del suo giovane eroe che oltretutto, giusto fra pochi mesi, si appresta a comparire nuovamente nei cinema e sul mercato dei videogiochi.

Dal canto suo Magic X ha, scontatamente, affermato che il suo prodotto non ha nulla a che vedere con Harry Potter.

Questi i fatti, ma veniamo al merito. Le contestazioni di Warner appaiono senz’altro fondate per quanto concerne il nome del prodotto. Benché, infatti, la parola 'popper' sia connessa all'idea di stimolante - un concetto che, in materia di preservativi, può avere una sua logica - il fatto che i produttori l'abbiano abbinata al nome 'Harry' palesa in modo evidente una volontà di richiamare il nome del celebre maghetto nella mente del consumatore. Che poi si sia inteso dargli una tale eco per mero spirito goliardico o che, più sottilmente, si voglia suggerire al pubblico qualche magica virtù del preservativo in questione, o ancora si intenda sottolineare un legame con nome della ditta produttrice, poco importa. La similarità con un marchio fortissimo, per di più registrato antecedentemente, pone automaticamente la Magic X nella violazione più palese della normativa in materia.

Qualche testata ha fatto notare che, due anni fa, una vertenza simile – il caso del film Hari Puttar - ha visto dare torto a Warner, ma si tratta di circostanze molto diverse. In quella causa, anzitutto i nomi non erano così immediatamente accostabili; inoltre, la disamina verteva sulla possibilità di confusione fra due film. Per chi volesse rinfrescarsi la memoria, qui trovate il nostro articolo dell’epoca: 

Hari Puttar batte Harry Potter

Hari Puttar batte Harry Potter

Articolo di Marina Lenti Giovedì, 25 settembre 2008

La Warner insacca una sconfitta nella causa contro la pellicola indiana 'colpevole' di aver incluso nel titolo un nome simile a quello del maghetto.

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Più opinabile invece, dallo stretto punto di vista giuridico (la malafede di Magic X rimane sospetta), la violazione dal punto di vista dell'immagine che contrassegna la confezione del profilattico. Per quanto infatti Harry Potter sia un personaggio famosissimo, qualora il giudice accogliesse anche questa istanza, si instaurerebbe un precedente piuttosto pericoloso, perché così passerebbe l'idea che elementi finora astrattamente neutri come un paio di occhiali e una bacchetta magica abbiano ormai acquisito, se combinati, un significato secondario tale per cui, nella mente del pubblico, scatti immediata l'associazione di idee col personaggio rowlinghiano. Una connessione di non così univoca dimostrazione che, se provata, si tradurrebbe in una forte limitazione dell'uso dei due oggetti in questione ad altri che non fossero la Warner.

Le implicazioni sulla dottrina del 'secondary meaning' sono molto sottili e articolate, e non è questo l'ambito adatto ad approfondirle. Tuttavia, per coglierne la portata, ancorché in maniera semplicistica, pensiamo a un rivenditore di ottica, o a un produttore di occhiali, che volesse illustrare le proprietà 'magiche' del proprio articolo:  se le istanze di Warner venissero accolte, associando una bacchetta a un paio di occhiali, il suddetto produttore/rivenditore potrebbe incorrere in contestazioni fondate da parte dei detentori dei diritti su Harry Potter, qualora ricorresse all'uso di una bacchetta per convogliare al proprio pubblico l'idea di magia connessa alla straordinaria chiarezza di visione regalata da quegli occhiali. Si instaurerebbe insomma un ‘ regime di monopolio’, in capo a Warner, sull’uso combinato delle immagini di due oggetti universalmente noti alla mente del pubblico e di ricorrenza comune e frequente. Considerato poi che una bacchetta è uno dei simboli principe per illustrare visivamente il concetto di magia, l’ambito di scelta dei terzi finirebbe per restringersi considerevolmente.

Sarà interessante, dunque, osservare gli sviluppi della vicenda e vedere come si comporterà il giudice svizzero in relazione alla confezione degli Harry Popper, dibattendosi fra l'incudine della 'furbizia da quartierino' di Magic X e il martello del pericolo monopolista a beneficio di Warner.