Charlaine Harris Tomba a sorpresa
Una storia della sensitiva Harper Connelly
Titolo originale: Grave Surprise
Traduzione di Annarita Guarnieri
ISBN 978-88-65300-44-2
Prima edizione: settembre 2010
Questo libro è dedicato a una piccola minoranza della popolazione americana: le persone che sono state colpite da un fulmine e sono sopravvissute. Membri di un club ristretto quanto esclusivo, alcuni di questi superstiti trascorrono il resto della vita tentando di convincere i dottori dell’effettiva esistenza della miriade di problemi che li tormenta; altri cercano semplicemente di andare avanti con la loro esistenza, anche se si trovano invariabilmente a essere stati cambiati dall’esperienza vissuta. Auguro a tutti voi di liberarvi dalla sofferenza e dall’ansia, e vi ringrazio per avermi permesso di condividere le vostre esperienze.
Capitolo primo
Clyde Nunley non mi piacque per niente, la prima volta che lo incontrai faccia a faccia nel vecchio cimitero. Esteriormente, non c’era nulla che non andasse in lui, e il suo abbigliamento era quello che qualsiasi persona normale avrebbe indossato per affrontare il mite clima invernale del Tennessee meridionale, soprattutto se si considerava ciò che ci apprestavamo a fare. I vecchi jeans, gli stivali da lavoro, il cappello informe e la camicia di flanella, e perfino il giubbotto, erano un vestiario ragionevole… tuttavia il Dottor Nunley aveva un’aria disinvolta e compiaciuta. Si capiva che mi aveva portata lì perché diventassi un oggetto di derisione, e che era convinto di avere a che fare con una ciarlatana.
Mi strinse la mano, parandosi di fronte a me: si stava divertendo un mondo a scrutare il mio volto e quello di mio fratello, mentre fianco a fianco aspettavamo che ci indicasse dove andare.
Organizzato sotto l’egida del dipartimento di antropologia del Bingham College, il corso in cui insegnava il Dottor Clyde era chiamato “Una Mente Aperta: Esperienze Fuori dei Limiti”, cosa che notai con una certa ironia.
– La scorsa settimana abbiamo avuto una medium – disse.
– Per pranzo? – ribattei, ottenendo un’occhiataccia come ricompensa.
Senza farmi notare, guardai verso Tolliver, che socchiuse appena gli occhi per segnalarmi che era divertito, ma che avrei fatto meglio a essere meno tagliente.
Se non fosse stato per la presenza di quell’idiota di un professore, sarei stata piena di anticipazione. Traendo un profondo respiro, spostai lo sguardo dal Dottor Nunley alle logore lapidi segnate dagli elementi che si trovavano alle sue spalle. Quello era il genere di posto che mi era congeniale.
Quel cimitero era antico, secondo gli standard americani. Gli alberi avevano avuto almeno due secoli di tempo per crescere, e dovevano essere stati semplici alberelli quando gli occupanti del cimitero della chiesa di St. Margaret erano stati sepolti. Adesso erano alti e robusti, con spessi rami che, in estate, dovevano elargire una gradevole ombra; attualmente, in novembre, quei rami erano spogli, l’erba era sbiadita e cosparsa di foglie secche sotto quel genere di cielo grigio e gelido che stringe il cuore.
Quell’atmosfera avrebbe avuto su di me lo stesso effetto deprimente che stava esercitando sul resto delle persone presenti, se non fossi stata in attesa di qualcosa di molto piacevole. Le lapidi ancora erette erano irregolari, sia nel colore sia nell’aspetto, e sotto di esse i morti mi attendevano.
Dal momento che non pioveva almeno da due settimane, invece degli stivali avevo indosso un paio di Puma; naturalmente, avrei potuto stabilire un maggior contatto se me le fossi tolte, ma senza dubbio gli studenti e il professore avrebbero interpretato la cosa come un’ulteriore prova della mia eccentricità, senza contare che faceva un po’ troppo freddo per circolare scalza.
Gli studenti di Nunley erano venuti per assistere alla mia “dimostrazione”, che costituiva il motivo della nostra presenza là. Della ventina circa di componenti del gruppo, due erano più maturi degli altri. Uno di essi era una donna sulla quarantina, che mi stava soppesando con volto aperto e curioso; ero disposta a scommettere che fosse arrivata a bordo della monovolume adesso parcheggiata senza cura in mezzo agli altri veicoli allineati lungo la catena, tesa fra paletti bianchi, che separava il parcheggio coperto di ghiaia dall’erba del cimitero.
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