E, dato che Connie non è umana, non so cosa succederebbe se, o quando, mettessimo in pratica l’atto. Non so se mi spaventa di più l’idea di recarle danno, come con la donna che ho cercato di trasformare in vampiro, o se non posso proprio sopportare il pensiero che la mia natura malefica la sporchi.

Tuttavia la voglio, su questo non ci sono dubbi, la voglio con ogni fibra non-morta del mio essere.

Perciò, sono stupido se lo faccio e anche se non lo faccio.

In ogni caso, sono dannato, ma questo lo sapevate già. 

Capitolo primo 

Savannah, Georgia

Gennaio 2007 

William 

Quando le strappai i lacci di pelle del corsetto, Eleanor mugolò di piacere (e non di dolore). La sua pelle aveva riscaldato il tessuto liscio e nero. Lo slacciai sul davanti e rimasi a guardare il bustino stretto che si apriva davanti a me come una melagrana matura, riversando i suoi seni nelle mie mani leste. In un’altra notte li avrei succhiati come un neonato, avrei fatto scorrere la lingua sui capezzoli e l’avrei pizzicata con i miei denti innaturalmente affilati; avrei seguito con la mia bocca assetata la curva sinuosa del serpente tatuato, dai seni al ventre, e soddisfatto la mia lussuria tra le sue cosce. Ma quella notte, invece del dolce nettare del suo sesso, avrei succhiato sangue, tutto il suo sangue.

Quella notte, Eleanor sarebbe diventata un vampiro, oppure sarebbe morta nel tentativo.

Voci arcane sussurravano tutt’intorno a noi, spronandomi ad andare avanti o pregandomi di fermarmi. Non potevo fermarmi, avevo dato la mia parola. Gli umani pensavano poco all’onore, ma la capacità di mantenere le promesse o le minacce significava molto di più per un vampiro, o almeno per me. Le promesse infrante erano capaci di starti dietro in un modo tenace. Secoli fa, il mio infido creatore mi insegnò l’arte di prestare giuramento senza l’intenzione o i mezzi di portarlo fino in fondo. Ovviamente, essendo diventato un bevitore di sangue, c’erano poche cose che non ero in grado di fare, tranne forse proteggere coloro che amavo.

Diana, anima mia… Se fosse esistito un modo per salvarti…

Avevo stabilito un compito per Olivia, la precoce discendente di Alger, affinché indagasse a fondo sulla donna (la vampira) citata nel suo libro antico. Olivia aveva giurato sull’onore che non avrebbe fallito. E non aveva fallito. Non è  quella che cerchi… Lo giuro.

Perciò avevo messo da parte l’orrore e la speranza che, come aveva sostenuto Reedrek, in qualche modo mia moglie fosse ancora viva, per così dire, una dei non-morti, una di noi. L’affermazione di Olivia mi aveva riportato alla realtà: la mia amata Diana era morta secoli addietro e io l’avevo vendicata. Era ora di smettere di pensare a lei e di concentrarmi su Eleanor.

E in quel momento… Eleanor aveva bisogno che la salvassi, sebbene la pensasse diversamente. In questa storia della trasformazione in vampiro, tutto ciò che alla mia bellissima compagna serviva sapere era che avrebbe vissuto per sempre e sarebbe stata legata a me per i successivi duecento anni, legata al suo maestro, al suo amante, al suo creatore. Non in un matrimonio, né  in una “relazione” in senso umano, perché entrambi saremmo stati liberi di sceglierci qualcun altro, ma lei sarebbe sempre stata mia parente di sangue, avrebbe potuto chiamarmi in caso di bisogno e avrebbe sempre accondisceso ai miei desideri. Da quando la conoscevo, sapevo che Eleanor accettava pochi consigli, sia quelli di Jack, sia quelli di Melaphia, e perfino i miei. Per il futuro aveva piani propri, io avevo promesso… e avevo bisogno di lei.

Eravamo pronti per cominciare. Melaphia l’aveva preparata, aveva fatto sparire i suoi abiti comuni, prelevato un campione del suo sangue incontaminato, tagliato una ciocca dei suoi lunghi capelli neri.

Posai la mia fredda mano sopra il cuore vivente e pulsante di Eleanor. Lei inarcò la schiena con un sospiro e sostenne il mio sguardo.

– Sei sicura? – domandai per l’ultima volta.

– Sì.

Le sollevai la mano destra, la baciai, e con i lacci di pelle feci un nodo scorsoio attorno al suo polso. Inspirò  profondamente mentre gliela legavo sopra la testa. Dopo aver catturato anche la sinistra e ripetuto il procedimento, raddoppiai i lacci e le bloccai le caviglie: non volevo vederla dibattersi, ero risoluto a causarle la minor sofferenza possibile.

Respirai l’odore della sua eccitazione. Non ne sapeva ancora abbastanza per essere spaventata. Prima di allora avevamo già fatto quel tipo di gioco, senza andare oltre simboliche trasfusioni di sangue e sesso selvaggio. Al pensiero di quelle volte, abbassai la mano sulle sue gambe distese e stuzzicandola gliele divaricai. Era bagnata e piena di desiderio.

Io ero eccitato dai miei cattivi propositi.