Frank Castle è morto, ucciso e fatto a pezzi da Daken che ha poi gettato le membra martoriate giù da un palazzo. Tuttavia non è questa la fine del vigilante più tosto al mondo. Qualcuno si è premurato di raccoglierne ogni pezzo, di cucirli e ricorrere alla scienza oscura per riportare in vita l'irriducibile Punisher in una nuova, spaventosa forma...
La notizia dell'acquisizione della Marvel da parte della Disney, qualche mese fa, ha suscitato una serie di speculazioni sui possibili sviluppi formali e
Scisso sostanzialmente in due doppelganger virtuali, Punisher agisce attualmente in quelli che potremmo definire due universi separati da una specifica griglia editoriale. Quello della linea Marvel Max, destinata a un pubblico maturo, dove vive avventure dalle atmosfere noir e dai toni realistici, e quello dell'universo Marvel canonico, dove vediamo Castle interagire con supereroi e supercriminali della continuity tradizionale. Ed è in questo secondo universo che si colloca la vicenda di FrankenCastle. Non è il caso di dissertare in questa sede sulla provvisorietà della morte per gli eroi dei fumetti, non è il vero tema dello story arc in esame. Funzione di FrankenCastle, anzi, funzione della morte del Punisher per mano del selvaggio figlio di Wolverine, è semplicemente quella di alzare il sipario su un Frank Castle trasformato nella più classica delle versioni del mostro di Frankenstein, e imbastire intorno a lui una fiera del kitsch che di imprevedibile o divertente ha davvero poco.
Lo sceneggiatore Rick Remender si prende il discutibile disturbo di riesumare una quantità di personaggi e motivi legati al versante magico-orrorifico marvelliano (Morbius, la Mummia N'Kantu, Licantropus) e confezionare un villain horror che sfoggia le medesime caratteristiche sadiche che siamo abituati a vedere nei gangster del Punisher in chiave pulp. Altri ingredienti: una scontatissima persecuzione nei confronti delle creature mostruose (perifrasi della condizione mutante), la ricerca (ricostruzione) di un ineffabile pistolero che possa fungere da deus ex machina a difesa dei deboli e conseguente bagno di sangue con sfida finale. Tony Moore, bravissimo disegnatore noto (neanche a farlo apposta) per il suo lavoro su The Walking Dead e The Exterminators, se la cava con il mestiere che gli è proprio, ma non riesce a salvare un prodotto dalle irrecuperabili valenze alimentari. Quel che rende irritante FrankenCastle è anche la sua incapacità di definirsi, caracollando perniciosamente tra ironia, spesso involontaria, e virulenta tragedia senza riuscire a darsi un ritmo definito. Il Punisher rimane sostanzialmente quel che è, e vedergli perdere pezzi o spuntare elettrodi dal collo non basta a intrattenere il lettore più esigente. La passerella di personaggi mostruosi riesumati dal catalogo horrrorifico marvelliano risulta mirata ad accumulare quante più comparse è possibile più che a sviluppare una trama. La superficialità dell’operazione finisce pertanto col presentare caratterizzazioni infelici, come il vampiro Morbius, qui trasformato in una patetica caricatura di Nosferatu, e mostri che parlano (pur negandolo) come se fossero homo sapiens superior solo un po’ meno “cool”. Il racconto si risolve in una circoscritta (e del tutto evitabile) digressione dai binari (già
FrankenCastle è una lettura consigliabile ai fans irriducibili dell'angolo oscuro del Marvel universe, quello dove albergano mostri, vampiri e lupi mannari. I disegni di Tony Moore (qui coadiuvato in alcune tavole dagli artisti ospiti Mike Hawthorne, Dan Brereton e Roland Boschi) possono intrattenere chi non ripone troppe aspettative nella trama e può essere divertito da un carosello di smembramenti funambolici. In definitiva, FrankenCastle è un prodotto Marvel spaventosamente freddo nella sua logica commerciale, che difficilmente lascerà un segno nella memoria dei lettori che hanno superato l'adolescenza.
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