Le toilette erano pulite e l’ambiente era caldo. Trovammo quasi subito un posto a sedere e la cameriera, una donna molto giovane con i capelli dritti come la coda di un cavallo, fu lieta di venire a servirci. O meglio, di venire a servire Tolliver. Le cameriere, che siano di ristorante, di bar o di hotel, adorano mio fratello. Ordinammo il pasto, e mentre io mi accontentavo di godere semplicemente della pausa, Tolliver si mise a pensare al nostro prossimo lavoro.
– È un invito che ci arriva dalle forze dell’ordine – mi avvertì.
Questo significava che il guadagno sarebbe stato inferiore, ma avremmo ottenuto una buona pubblicità. Cercavamo sempre di ottenere una buona raccomandazione da parte dei professionisti delle forze dell’ordine, e all’incirca la metà delle richieste che ci arrivavano giungevano tramite detective, sceriffi, vice-sceriffi e così via.
Anche se non credevano in me, quando si venivano a trovare sotto pressione nel corso di qualche particolare indagine, finivano per contattarmi, avendo sentito parlare di me attraverso il loro passaparola interno. Magari volevano sottrarsi alle pressioni di una persona influente, o non riuscivano a trovare qualcuno, oppure avevano esaurito ogni metodo di ricerca nel tentativo di rintracciare una persona scomparsa. La polizia non pagava molto, ma i benefici si vedevano alla distanza.
– Cosa vogliono che faccia? Devo visitare un cimitero o cercare qualcuno?
– Cercare qualcuno.
Questo significava che sarei dovuta andare alla ricerca di un corpo, come accadeva all’incirca nel cinquanta per cento degli incarichi che ricevevo. Fin da quando avevo quindici anni e quel fulmine si era insinuato attraverso la finestra della nostra casa mobile, a Texarkana, avevo acquisito la capacità di individuare i cadaveri. Se il corpo si trovava in un cimitero, nella sua tomba, la gente che mi assumeva voleva conoscere la causa della morte; se invece non si sapeva dove si trovasse il corpo, io ero in grado di rintracciarlo, sempre che il raggio d’azione fosse limitato.
Per fortuna, il ronzio emesso da un cadavere diventava sempre meno intenso a mano a mano che esso invecchiava, altrimenti sarei ormai impazzita da tempo. Provate a pensarci: cadaveri di cavernicoli, di Nativi Americani, dei primi coloni, dei morti più recenti… si tratta di una quantità davvero grande di persone morte, e tutte volevano che sapessi dove giacevano i loro resti terreni.
Mi chiesi se sarebbe valsa la pena di mandare il mio piccolo opuscolo pubblicitario a qualche scavo archeologico, e come avrebbe potuto fare Tolliver per trovare gli indirizzi e-mail a cui inviarlo. Tolliver era molto più bravo di me nell’utilizzo del nostro portatile, per il semplice fatto che usarlo gli piaceva più di quanto piacesse a me...
Capitolo secondo
– Sono lo sceriffo di Knott County – si presentò la donna snella che, appoggiata al divisorio fra la parte anteriore della stazione e quella posteriore, aveva appena finito di parlare con un agente al momento del nostro ingresso. Non sono mai riuscita a capire come facciano gli agenti a portare alla cintura un simile equipaggiamento… e per di più quella donna ne indossava uno completo. In genere, non mi va di fissare gli agenti abbastanza a lungo da identificare ogni singolo oggetto. In passato, avevo avuto una breve relazione con un vicesceriffo, e avrei dovuto concedermi un momento per esaminare il suo equipaggiamento, ma suppongo di essere stata più interessata al resto della sua attrezzatura.
Quando si raddrizzò, vidi che lo sceriffo era una donna di alta statura e sulla cinquantina, con i capelli castani che cominciavano a ingrigire e una gradevole serie di rughe agli angoli degli occhi e della bocca.
Non pareva affatto il tipo che potesse credere alle mie capacità, tuttavia era stata lei a contattarci con una mail.
– Sono Harper Connelly – dissi, – e questo è mio fratello Tolliver Lang.
Anche noi non eravamo come lei si era aspettata, a giudicare dal modo in cui mi squadrò da capo a piedi.
– A guardarla, non sembra una svitata – commentò.
– E lei non sembra una persona piena di pregiudizi – ribattei.
Lo sceriffo trattenne appena il respiro. Uh-oh.
Tolliver era proprio dietro di me, leggermente sulla sinistra, e potevo sentire la calma che emanava. Lui mi proteggeva sempre le spalle.
– Venite nel mio ufficio, così possiamo parlare – aggiunse la donna. – Mi chiamo Sandra Rockwell, e sono sceriffo da un anno. – Nel Nord Carolina, gli sceriffi venivano eletti per un anno; lì non sapevo quanto durasse il mandato, ma se era sceriffo da appena un anno, quella donna aveva ancora molto tempo davanti a sé, ed era possibile che la politica non fosse per lei importante come lo sarebbe stata in periodo di elezioni.
Intanto eravamo entrati nel suo ufficio, che non era molto grande ed era decorato con fotografie del governatore, la bandiera dello stato, quella degli USA e alcuni attestati incorniciati. Il solo oggetto personale presente sulla scrivania dello Sceriffo Rockwell era uno di quei cubi trasparenti in cui è possibile inserire fotografie. Il suo cubo era pieno di immagini di due ragazzi, entrambi castani come la madre. Uno di essi, ormai adulto, aveva moglie e un figlio. L’altro aveva un cane da caccia.
– Volete un po’ di caffè? – chiese, nel prendere posto su una sedia girevole, dietro l’orribile scrivania di metallo.
Guardai verso Tolliver, poi entrambi scuotemmo il capo.
– D’accordo – continuò lei, posando di piatto le mani sulla scrivania. – Ho sentito parlare di voi da una detective di Memphis. Si chiama Young.
Sorrisi.
– Vedo che si ricorda di lei. Era in coppia con un uomo di nome Lacey?
Annuii.
– Mi è sembrata una persona ragionevole, con la testa a posto. Sia la sua percentuale di successi che la sua reputazione sono notevoli. Questo è il solo motivo per cui sto parlando con lei, lo capisce?
– Sì, lo capisco.
– Ecco… – aggiunse Rockwell, mostrandosi un po’ imbarazzata, – so che le mie parole suonano scortesi, e non è mia intenzione che lo siano. Però deve capire che questa è una cosa che non avrei mai preso in considerazione, se lei non avesse una buona fama. Non sono una delle persone che ascoltano quel John Edward… non il politico, con la s, ma il medium… e non sono neppure il genere che ami farsi leggere la mano, o andare alle sedute spiritiche, o anche solo leggere l’oroscopo.
– Lo comprendo benissimo – ribattei, con voce ancora più secca.
– Intuiamo che lei ha qualche riserva – sorrise Tolliver.
– In pratica, si tratta di questo – ammise la donna, ricambiando il sorriso con gratitudine. – Ho qualche riserva.
– Quindi deve essere disperata – osservai.
Lei mi scoccò un’occhiata tutt’altro che amichevole.
– Sì – ammise, perché vi era costretta. – Sì, siamo disperati.
– Non intendo tirarmi indietro – dichiarai, senza mezzi termini. – Voglio solo sapere a cosa mi trovo di fronte.
Lei parve rilassarsi davanti alla mia franchezza.
– D’accordo, allora mettiamo le carte in tavola – replicò, poi trasse un profondo respiro. – Nel corso degli ultimi cinque anni, in questa contea sono scomparsi alcuni ragazzi. Adesso il numero è salito a sei. Quando dico “ragazzi”, intendo soggetti fra i quattordici e i diciotto anni. Ora, si sa che i ragazzi di quell’età sono propensi a scappare di casa, a suicidarsi o ad avere letali incidenti di macchina, e se li avessimo trovati, o avessimo avuto loro notizie dopo che erano scappati, sarebbe tutto a posto, nella misura in cui possono esserlo cose del genere.
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