Dal 10 al 14 novembre scorso si è tenuto a Nantes, in Francia, il Festival Internazionale della Fantascienza, meglio conosciuto come gli Utopiales.
A guardare il programma e gli ospiti, chi come il sottoscritto non ama gli steccati tra i generi, parlerebbe di un vero e proprio festival del fantastico tout court. Sono stati ospiti della manifestazione infatti esponenti di diversi modi di concepire il fantastico letterario: Larry Niven, Bernard Werber, Brandon Sanderson, Peter Watts, Scott Westerfeld e China Miéville tra gli altri.
Ospite d'onore Philippe Druillet, al quale è stata dedicata una mostra dei suoi disegni originali. Spazio anche al grande schermo, con ben 52 proiezioni di lngometraggi e cortometraggi fantastici, tra le quali spiccano le anteprime di Megamind e dei primi 20 minuti di Tron:Legacy.
Come sempre capita però nelle grandi manifestazioni, molti momenti interessanti sono al di fuori degli eventi ufficiali. Davanti a un caffè, durante una cena o sorseggiando qualcosa insieme, si fanno chiacchierate niente affatto banali se ti ritrovi, come nel caso del nostro Luca A. Volpino, nientemeno che accanto a China Miéville, vincitore del premio Hugo 2010 con il romanzo The City & The City. Un personaggio interessante anche al di fuori della pagina scritta, come testimonia il breve incontro che trovate di seguito.
China Miéville – un caffé steampunk
Durante gli Utopiales di Nantes, nella piovosa Bretagna, una tazza di caffè è stata la scusa per fare quattro chiacchiere con l'eclettico autore inglese.
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15 commenti
Aggiungi un commentoNon sono d’accordo sul fatto che Kraken sia “troppo inglese” e pertanto di difficile comprensione per un italiano.
Innanzitutto penso che un italiano che legge Miéville, iniziando dalla trilogia del Bas Làg per approdare a Kraken, sia abituato a un certo tipo di letteratura lontana dal classico mainstream fantasy; è un lettore che ama sperimentare. Se poi quest’italiano conosce un po’ della cultura inglese ed è abituato a leggere in inglese il problema si pone ancora di meno.
Ma Kraken non è “troppo inglese” (lo sono molto di più Good Omens o La guida Galattica), il problema è un altro.
Seguendo il percorso letterario di Miéville trovo che con Kraken sia sceso di livello. Laddove nella trilogia le invenzioni bizzarre, siano esse creazioni linguistiche o creature, sono a supporto di una storia con personaggi ben delineati e con contenuti sociali e politici piuttosto decisi (soprattutto in Iron Council); in Kraken Miéville sfoggia solo la prima parte del suo talento trattando con superficialità contenuti e personaggi.
E questo non c’entra nulla col capire o meno il romanzo e in Kraken c’è davvero poco da capire. E’ come un film fantasy dove gli effetti speciali hanno il sopravvento sulla storia. Può piacere, a me non tanto.
Certo non riesco a spiegarmi - ma del resto sto esprimendo opinioni personali, che ovviamente sono chiarissime nel Grande Vuoto della mia testa, ma probabilmente non altrettanto facili da buttare fuori
Kraken secondo me si rifà a una certa tradizione inglese del paradosso e della quieta esagerazione - tradizione in cui erano maestri Woodehouse, Adams, Jerome e in una certa misura Roald Dahl, che pure inglese di nascita non è - e per certe cose persino Tolkien. Un ragazzino inglese arriva alla maggiore età "permeato" di questa tradizione, che gli viene trasmessa scolarmente e in famiglia - così come in Italia viene trasmesso il verismo, che indirettamente porta alla letteratura moderna realista.
Che poi kraken non sia il massimo capolavoro di C.M., ok; se sia "brutto" o "bello" - premettendo che secondo me è comunque un buon romanzo - questo dipende dai gusti: a me è piaciuto, quindi per Luca è "bello"; a te no, quindi per Melian è "brutto" (se non altro perché hai perso, leggendolo, tempo che avresti potuto occupare leggendo qualcosa più di tuo gusto ).
Ora mi è più chiaro cosa consideri per te "inglese".
Il genere che hai menzionato di per se lo apprezzo, penso a Jerome, ma quando viene declinato nel FY o FS non riesco a farmelo piacere fino in fondo, limite mio; infatti trovo miracoloso che mi sia piaciuta La guida galattica mentre faccio fatica con Pratchett giusto per fare due esempi.
Tuttavia non ho trovato in Kraken questa ispirazione all'umorismo leggero e paradossale di questa tradizione letteraria inglese, oppure non l'ho colto, conoscendomi non mi stupirebbe, pertanto non è in questa caratteristica che pongo la mia "parziale" delusione come ho anche spiegato nei post.
Kraken non è un romanzo "brutto" - se poi si considera il panorama fantasy, soprattutto italiano, ce ne fossero di romanzi così "brutti" - è comunque sopra la media dei romanzi fantasy ma per essere un'opera di Miéville è giusto discreto.
Postilla: che poi un "generico italiano" faccia fatica a capire il genere letteriario che hai menzionato per una questione culturale posso anche essere d'accordo.
Contento che ci siamo capiti
Su internet non è facile, anche usando le faccine.
Quindi la tua delusione principale per Kraken, se ho ben capito, è dovuta al fatto che è di C.M., mentre se fosse stato - che ne so - di un generico John Smith avrebbe potuto piacerti di più?
O forse non piacerti, ma - invece che considerarlo da 5 - lo avresti considerato da 6, magari da 7?
È una considerazione interessante in effetti. Probabilmente, in questo caso, hai ragione. Ma, allargando il discorso a un ambito più generale, non trovi che sia un po' rischioso valutare un romanzo considerando anche "chi" l'ha scritto? Non si rischia (non parlo di te nello specifico, ma in generale) di aspettarsi, alla fin fine "sempre lo stesso romanzo"?
Faccio un esempio che mi sta a cuore, e chi mi conosce capirà perché: io trovo che Alice nel Paese della Vaporità di Francesco Dimitri sia un romanzo eccezionale.
Eppure la critica che sento più frequentemente per questo romanzo è che "non è Pan".
Io, dal canto mio, dico: meno male che non è Pan! Pan l'avevo già letto! Se mi toccasse comprare e rileggere sempre lo stesso romanzo sarei un po' deluso...
Ora sto un po' esagerando per il gusto comico; ma credo che il mio discorso - e il mio dubbio - si sia capito.
Sperimentato il principio della comunicazione: 30% tono della voce, 10% contenuto, 60% linguaggio del corpo.
Su internet manca un buon 90% anche con le faccine
Alla fine si tratta sempre di soddisfare le proprie aspettative.
Se il nostro John Smith avesse esordito con un romanzo come Kraken con tutta probabilità l'avrei considerato un fior d'esordio; come ho detto Kraken è sopra la media dei romanzi fantasy che infestano gli scaffali delle librerie virtuali e non.
Ma Miéville mi ha abituata a qualcosa di più che non un caprice: bizzarrie sì ma con anche qualche contenuto in più.
Penso che se ti piace un tal scrittore è perchè possiede delle caratteristiche che sono in sintonia con la tua sensibilità, il tuo modo di vedere le cose, perchè il suo stile, il modo in cui rappresenta le idee in forma scritta, sono per te evocative di immagini, emozioni, quello che vuoi insomma. Uno scrittore diventa "il preferito", e Miéville è tra i miei preferiti, proprio per queste ragioni. Ad ogni nuovo romanzo ci si aspetta quindi di ritrovare più o meno quelle stesse caratteristiche e quando queste vengono parzialmente a mancare si rimane un po' delusi. Sottolineo che tra le caratteristiche non ho menzionato i contenuti ossia lo sviluppo della storia o la definizione dei personaggi che invece sarebbe preferibile variassero da romanzo a romanzo.
Per questa ragione non penso sia errato valutare un romanzo anche considerando chi l'ha scritto o cos'altro a scritto il nostro autore.
Non escludo che ci siano lettori che si aspettino e desiderino sempre lo stesso romanzo - storia, personaggi, temi costruiti a fotocopia - (avrei un esempio musicale che calza a pennello ma poi mi attiro le ire di fanboy e fangirl ), io stessa a mio tempo sono caduta nel tunnel di Banana Yoshimoto: oggettivamente dei romanzi fotocopia che però ho divorato finchè non mi sono venuti a noia.
Personalmente mi piace guardare anche agli altri "piatti" del menù e sperimentare.
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