– Lascia perdere, Held – intervenne Col Istor, e l’uomo così interpellato obbedì immediatamente, traendosi indietro. – Adesso ha smesso – continuò intanto Col, lanciando un’occhiata in direzione del cielo, – ma credi che più tardi si rimetterà a nevicare?

Poco prima stavano parlando di Errel, e adesso lui stava dissertando sul clima: tutto questo non aveva senso.

– Cosa… – cominciò Ryke.

– Limitati a rispondermi – ingiunse il condottiero, spostando con leggerezza la mano sul fodero della spada, non tanto in un gesto di minaccia quanto perché il contatto con l’arma gli infondeva conforto. Il fodero di cuoio era rinforzato in metallo, e probabilmente la spada che conteneva era forgiata con acciaio tezerano, il migliore che si potesse trovare.

– Nevicherà fra quattro o cinque giorni. Forse prima se il vento dovesse girarsi da est – rispose Ryke.

– Dovremo procurarci del cibo al villaggio, però non voglio affamare quella gente per nutrire le mie truppe. Che sorta di scorte aveva accantonato Athor?

– I magazzini sono pieni di grano e di carne di manzo salata – disse Ryke, sentendo in bocca il sapore del sangue, dovuto a un taglio all’interno della guancia causato dal colpo di Held. – Quelle scorte però potrebbero non essere sufficienti, perché Athor calcolava di dover nutrire duecento uomini più il personale della Rocca, mentre voi siete più numerosi.

Nel parlare, si sforzò di mantenere la voce inespressiva, ma non ci riuscì completamente.

– La sconfitta ti brucia, vero? – commentò Col. Sulle mura, i suoi uomini stavano innalzando il suo stendardo, una spada rossa in campo nero, lo stesso stemma che Held portava sul petto del suo tabarro. – Guardami, Ryke – ingiunse quindi.

Costretto ad ammettere suo malgrado che quell’uomo aveva carisma, Ryke incontrò il suo sguardo.

– Così va meglio – continuò Col Istor. – L’esercito potrà ridurre le razioni, se sarà necessario. L’acqua del fiume è bevibile?

Si riferiva al Rurian, il fiume che scendeva dalle montagne a ovest della Rocca e che, grazie all’apporto di numerosi affluenti più piccoli, si allargava notevolmente lungo il suo percorso verso il sud che, a quanto Ryke aveva sentito dire, lo portava infine a sfociare nel mare. Vicino alla Rocca di Tornor, il fiume descriveva un’ansa, passando tanto vicino da sfiorare le mura, e ne costituiva la principale fonte idrica.

– L’acqua viene dallo scioglimento delle nevi, ed è pura – affermò Ryke. – Che senso hanno queste domande?

– Mi hai chiesto che cosa volevo – ribatté Col Istor. – Voglio te, perché conosci la Rocca, i villaggi, il clima e le esigenze locali. Voglio i tuoi servigi, e in cambio della tua fedeltà, il tuo principino rimarrà in vita e sarà nutrito.

Entrambi gli uomini si girarono a guardare Errel che si intravedeva attraverso gli spazi fra le assi della recinzione di legno.

Ryke cercò di immaginare cosa avrebbe fatto Athor al suo posto, ma Athor era morto, e non poteva rispondergli.

– Supponiamo che io non accetti – disse infine.

– Allora potrai stare a guardare mentre Held gli spezza le braccia – sorrise Col Istor.

Lo disse in tono normale, e a voce abbastanza alta perché Errel potesse sentirlo, ammesso che fosse in grado di udire qualcosa. Il principe però non si mosse, e nell’osservare il lento sollevarsi e abbassarsi del suo torace, Ryke si disse che anche lui doveva essere stato colpito sulla testa… e un uomo poteva morire per una botta sulla testa, così come poteva morire di freddo.

– Quanti comandanti hai? – chiese.

– Tre – rispose Col.

– Va bene, da ora calcola di averne quattro.

– Quattro – ripeté lentamente Col, tormentandosi la barba; accanto a lui, Held si agitò leggermente, ma non parlò.

– Tira fuori Errel da quella gabbia – aggiunse Ryke.

Col rivolse un cenno a Held, che aprì la porta del recinto, afferrò Errel per i piedi e lo trascinò fuori di peso.

Ryke allora piegò a terra un ginocchio, mantenendo a fatica l’equilibrio nel protendere entrambe le mani verso Col. Alcuni soldati dalla barba nera interruppero il lavoro per osservare con curiosità la scena. Col prese le mani di Ryke nelle proprie. Il giovane si umettò le labbra: non avrebbe prestato a Col Istor lo stesso giuramento che a quindici anni aveva pronunciato davanti al legittimo signore di Tornor.

– Ti servirò con fedeltà – disse, – finché al principe Errel non verrà fatto alcun male.

Quella promessa parve essere sufficiente, dato che Col si trasse indietro per permettergli di rialzarsi.

– Bene – commentò, girandosi verso Held. – Fallo portare dal chirurgo.

Held puntò un dito in direzione di due dei soldati che stavano osservando la scena, ed essi si fecero subito avanti, sollevando il corpo inerte di Errel per le spalle e per i piedi.