– Potete andare – disse infine.

A cena, Ryke venne fatto sedere alla tavola alta insieme a Col e agli altri comandanti, mentre il resto degli uomini occupava tre lunghe tavolate poste perpendicolarmente a essa, come i denti di una forchetta. Come previsto, Col annunciò i nuovi turni di guardia: a Ryke e ai suoi uomini toccò quello del mattino, dall’alba a mezzogiorno.

Vedendo che i suoi uomini erano ancora esaltati per la vittoria, Col proseguì quindi affermando che per quanto in futuro avrebbero potuto dover razionare i viveri, non li avrebbe certo lasciati digiunare quella sera, la prima che trascorrevano nel castello conquistato con tanta fatica. Ben presto i garzoni di cucina cominciarono ad arrivare barcollando sotto vassoi carichi di cibo: fette di pancetta, arrosto di capra, due intere pecore prelevate dal villaggio, pane, formaggio, salse, patate e vino. Gli uomini brindarono a Col, ai comandanti e a loro stessi, poi bevvero alla memoria dei compagni morti. Nessuno accennò ai duecento uomini di Athor che giacevano sepolti in fosse poco profonde appena fuori delle mura esterne della rocca.

Ryke non si unì ai brindisi, anche se sapeva che gli altri comandanti lo stavano tenendo d’occhio: Onran l’osservava senza dare nell’occhio; il vecchio Gam, comandante della cavalleria, con aria divertita, e Held con fare cupo e diffidente. Se pure lo notò, Col non fece commenti.

Lungo la parete di fondo, vicino alle cucine, la sala era decorata da armi, elmi e scudi decorati in oro e argento, trofei conquistati nel corso degli anni ai razziatori di Anhard che avevano varcato le montagne per saccheggiare ed erano stati a loro volta depredati. Ryke ricordava ancora l’ultima scorreria, risalente a nove anni prima, nel corso della quale Athor aveva ucciso il capo dei razziatori; era successo nell’estate del suo diciottesimo anno di vita, e di quella guerra gli rimaneva come ricordo un coltello che aveva sottratto al cadavere di un uomo che aveva ucciso e che portava ancora in un fodero nello stivale destro.

Le pareti laterali erano invece decorate con arazzi raffiguranti la costruzione della Rocca: si vedevano muratori e carpentieri al lavoro, uomini che trasportavano pietre dalle cave o che scavavano le fondamenta, zattere che trasportavano a valle le pietre sulle acque in piena del Rurian.

Ryke si costrinse a contemplare quegli arazzi sbiaditi per evitare di vedere i volti trionfanti dei meridionali che lo circondavano. La stanza si era fatta calda e fumosa, e quando infine i vassoi del cibo furono vuoti, Col si alzò in piedi fra gli applausi degli uomini, levando in aria le braccia per ottenere silenzio.

– Avete combattuto bene e sono orgoglioso di voi – esordì, e subito i soldati presero a picchiare sui tavoli in segno di entusiasmo, finché lui non riprese: – Basta! Venticinque uomini di ciascun contingente torneranno alla Rocca di Zilia per presidiarla e prevenire qualsiasi ribellione. Partirete domani per portare le provviste necessarie alla Rocca, ma questo non significa che non dovrete depredare i villaggi che attraverserete. Quelli che rimarranno qui si organizzeranno per affrontare l’inverno. A quanto pare, in questo dannato paese ci aspettano un paio di mesi di freddo intenso, durante i quali rimarremo qui; non crediate di rammollirvi, perché organizzeremo incursioni e razzie nel territorio della Rocca di Cloud.

Di nuovo, gli uomini lanciarono grida di entusiasmo.

– Silenzio – ingiunse Col. – Comunque, al di là delle attività belliche che l’inverno renderà sporadiche, farò in modo di non farvi annoiare.

Vivremo come signori, e porteremo qui delle donne dal villaggio.

A giudicare dagli applausi, gli uomini trovarono anche questo di loro gradimento.

– A quanto mi hanno detto, nell’ala occidentale di questa Rocca c’è un’intera serie di stanze riservate alle donne, quindi potrete smetterla di insidiare le sguattere. Inoltre, proprio come accade presso i grandi casati di Kendra-sul-Delta, la Rocca di Tornor avrà un cheari. È un novellino, ma imparerà in fretta.

Nel sentire quella parola dell’antica lingua meridionale, Ryke si accigliò.

– Cos’è un cheari? – chiese a Gam.

– Significa giullare, buffone – spiegò il comandante della cavalleria.

Ryke annuì fra sé. Aveva sentito dire che nel meridione, e soprattutto nei palazzi delle grandi famiglie, c’era l’usanza di vestire in modo bizzarro un ragazzo, farlo cantare e fargli fare delle acrobazie per guadagnarsi la cena. 

Sentendosi molto stanco, con la testa che cominciava a dolere a causa del fumo e del rumore, si appoggiò all’indietro contro lo schienale della sedia; quasi subito sentì una testa calda che gli si premeva contro il ginocchio, sotto il tavolo, e avvertì al tatto un pelo setoso e orecchi vellutati, mentre il cane gli annusava la mano; pensando che dovesse essere uno dei cani da caccia di Athor, gli diede alcuni bocconi prelevati dal proprio piatto, ed era così assorto che quasi non si accorse del buffone quando questi sbucò dalla porta della cucina e prese a fare la ruota davanti ai tavoli.

Indossava pantaloni bordati di velluto rosso, ma era scalzo e a petto nudo, era alto per essere un ragazzo, ed era alquanto goffo. Qualcuno gli gettò un osso e lui lo afferrò fra i denti, fingendosi un cane e mettendosi a correre in giro a quattro zampe.

– Bravo ragazzo! – urlò Col Istor, e il buffone prese ad abbaiare.

Ridendo, gli uomini gli gettarono altri avanzi, e il giovane li raccolse per poi trotterellare verso la tavola alta, agitando un ramo di salice come se

fosse una coda. Ryke vide allora che non era un ragazzo, bensì un uomo snello e muscoloso, segnato da lividi e con la faccia dipinta di blu.

Quando l’uomo gli passò accanto, Ryke si rese conto che si trattava di Errel: incredulo, guardò verso Col Istor, e nel vederlo sorridere, compiaciuto della riuscita del suo scherzo, scattò in piedi, tremando d’ira.

Subito Col si alzò a sua volta, imitato da Held.

– Il tuo giuramento, comandante – sottolineò Col. – È vivo e illeso. Siediti.

Intorno a loro, il chiasso stava continuando a imperversare; nessuno dei presenti si era accorto dello scatto di Ryke.

– Siediti! – ribadì Col Istor, con un’espressione dura nello sguardo.

Ryke obbedì. Per l’ira non riusciva neppure a respirare, e un dolore intollerabile gli attanagliava la testa. Le labbra di Col si stavano muovendo, ma nel fissare gli arazzi sulle pareti, Ryke non riuscì a sentire più nulla che non fosse il frastuono della sala.

© 1979 by Elizabeth Lynn

Titolo originale: Watchtower

Traduzione: Annarita Guarnieri

Edizione ebook © 2010 Delos Books srl