Scrivere un romanzo è difficile. Tutti coloro che hanno provato a cimentarsi nella scrittura sanno cosa significhi cercare di indirizzare la loro storia nella giusta direzione, rendere i personaggi affascinanti e credibili tanto nelle azioni che compiono quanto nelle motivazioni che stanno alla base di quelle stesse azioni, e contemporaneamente tratteggiare lo scenario in cui su muovono in modo vivido e realistico. La lotta con le parole è costante, alla ricerca di quell’unica giusta che può illuminare una scena importante o più semplicemente rendere la prosa più scorrevole ed elegante nelle pagine che sorreggono la struttura stessa del romanzo.
E malgrado tutto l’impegno profuso dallo scrittore, non c’è nulla che possa garantirgli che riuscirà a terminare la sua opera in sei mesi piuttosto che in sei anni.
A questo tema alcuni mesi fa Shawn Speakman ha dedicato un paio di articoli molto interessanti. Si tratta di Wisdom of a writer, La saggezza di uno scrittore, e A Fan asks after grrm, Un fan si interroga su George R.R. Martin. In essi Speakman cerca di capire perché A Dance with Dragons, quinto romanzo delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, sia così in ritardo.
Speakman, che in passato ha sviluppato siti per autori quali Terry Brooks e Greg Keyes, collabora da tempo con il sito Suvudu.com del gruppo editoriale Random House ed è autore del romanzo The Dark Thorn, primo volume di una serie urban fantasy denominata The Dark Thorn Cycle. Attualmente è impegnato nella stesura del secondo romanzo, ipoteticamente intitolato The Winter Wraiths, quindi conosce molto bene alcune problematiche relative alla scrittura per averle vissute in prima persona.
Lo spunto per il primo intervento deriva da una chat, tenutasi il giorno precedente sullo stesso sito, il cui protagonista era lo scrittore Guy Gavriel Kay, e va a toccare uno degli argomenti che più stanno infiammando gli appassionati di fantasy negli ultimi anni.
Possono essere necessari sei mesi per completare un romanzo, ha scritto Speakman, come possono essere necessari sei anni. Ma, indipendentemente dalla lunghezza del periodo di tempo necessario alla scrittura, la stesura della storia richiede quotidianamente tempo ed energie, attenzione e tenacità, e costringe a compiere un gran lavoro mentale ed emotivo per risolvere tutti i problemi che possono insorgere durante il processo creativo. E questo non cambia, per quanto possano essere differenti le azioni quotidiane tramite le quali ciascuno scrittore porta avanti i propri processi creativi. Che si sieda alla tastiera ogni mattina o che preferisca le ore notturne, che riesca a lavorare solo a casa sua o che sia in grado di farlo in qualsiasi luogo e circostanza, ogni autore deve risolvere una gran quantità di problemi, e non sempre la prima soluzione trovata è quella giusta.
Qualche tempo fa Patrick Rothfuss, autore de Il nome del vento, ha scritto un breve messaggio per informare i lettori circa l’andamento del suo secondo romanzo, The Wise Man’s Fear, ultimato dopo quella che per i fan è stata una lunga attesa. Un giorno, ha spiegato, ha cancellato completamente 1200 parole dal volume. Poi si è messo a scrivere e ne ha aggiunte altre 1200. Matematicamente, è come se avesse buttato via dieci ore. Ma, a suo giudizio, il libro è enormemente migliorato. Una buona giornata di lavoro perciò non si traduce necessariamente in alcune pagine in più, e per quanto lo scrittore possa desiderarlo tot giornate di lavoro non producono tot pagine o capitoli.
Un problema particolarmente insidioso poi è quello delle false partenze che tormenta tutti i freewriter, cioè quegli scrittori che conoscono il punto di arrivo della loro storia ma scoprono il percorso man mano che vanno avanti perché, per sentirsi più liberi, preferiscono non preparare una scaletta della trama in anticipo. L’altro lato di questa libertà è il rischio di finire in un vicolo cieco e di dover buttare via mesi di lavoro e ripartire da capo da un punto che consenta uno sviluppo diverso.
Kay, autore di opere quali la Trilogia di Fionavar, Il paese delle due lune e Ysabel, ha ammesso di essere un freewriter, così come lo sono Rothfuss e Martin. Prima di dedicarsi alle proprie storie, però, Kay ha trascorso un anno in compagnia di Christopher Tolkien, aiutandolo a risistemare quel manoscritto che di lì a breve sarebbe stato pubblicato sotto il nome di Silmarillion.
E nella chat Guy ha citato l’enorme numero di false partenze e di vicoli ciechi nei quali era incappato anche un genio, impegnato nella stesura di quello che in seguito si sarebbe rivelato essere un capolavoro. Tempo e lavoro sono per lui elementi centrali nella stesura di qualsiasi opera, e fin dagli inizi della sua carriera ha sempre avuto ben presente il modus operandi di J.R.R. Tolkien.
Il fatto che in ventisei anni di attività Kay abbia pubblicato solamente undici romanzi, arrivando anche a far trascorrere quattro anni fra un volume e l’altro, evidenzia come lo scrittore canadese non sia in possesso di alcuna formula matematica o scientifica in grado di fargli terminare il volume che sta scrivendo in un determinato arco di tempo.
Lo stesso problema di false partenze e vicoli ciechi sta ora tormentando Martin, impegnato a riscrivere più volte le stesse parti e a riorganizzare i suoi capitoli in modi diversi, quando non addirittura a buttare via parti già terminate, e magari anche commoventi, perché lo stavano portando fuori strada. Emblematico il caso del capitolo dedicato all’incontro fra Tyrion Lannister e il Lord Velato, definito dal suo stesso autore “spettrale, elegante ed evocativo” e successivamente cancellato perché lo avrebbe portato su una strada che ha poi deciso di non voler seguire.
Ma i cambiamenti in corso di scrittura possono essere di vario tipo. In giugno per esempio George aveva comunicato ai lettori del suo blog di aver deciso di spostare due capitoli già ultimati dedicati ad Arianne Martell in The Winds of Winter. Spostamento che in passato aveva già fatto più volte.
In origine Arianne non avrebbe dovuto avere nessun punto di vista in Dance, almeno finché Martin non aveva anticipato – in una delle sue quarantasette ristrutturazioni della storia – un fatto che avrebbe certamente provocato una reazione a Dorne dalle ultime pagine alla metà del volume. Così aveva scritto i due capitoli dedicati ad Arianne e si stava apprestando a scriverne un terzo, e un altro da un diverso punto di vista che era una necessaria controparte a questi e… E basta. George spiegava di aver modificato nuovamente il libro riportando quell’episodio verso la fine. Come conseguenza, non aveva dovuto scrivere il terzo capitolo di Arianne, almeno non per Dance, né l’altro a esso collegato, ma si era ritrovato a doverne parzialmente riscrivere due già terminati dedicati a un terzo punto di vista legati a questa linea di eventi. Fortunatamente però in questo caso si era trattato semplicemente di modificare qualche riga.
Con questi erano diventati quattro i capitoli già ultimati per Winds of Winter. Gli altri due riguardano Arya e Sansa Stark.
Al di là degli episodi specifici citati da Martin in questi anni, che mostrano il continuo altalenare del suo procedere, Speakman ha rilevato come George sia a metà della sua opera, ed è questo il punto in cui i personaggi e gli eventi devono trovare la loro giusta collocazione prima del gran finale. E perciò è qui che possono sorgere problemi come quello del famigerato Nodo di Meereen, scritto e riscritto un’infinità di volte attraverso gli occhi di diversi punti di vista e responsabile di buona parte del ritardo nella pubblicazione del romanzo. Problemi che in futuro non dovrebbero più ripresentarsi, visto che da un certo punto in poi la trama può prendere una sola direzione per avviarsi verso la sua conclusione.
Pubblicato Dance i problemi per Martin saranno finiti e la storia procederà a un ritmo più regolare? Secondo Speakman sarà lo stesso libro a dircelo. Se i personaggi smetteranno di allontanarsi fra loro, e se non sorgeranno nuovi problemi, vuol dire che la storia ha effettivamente superato la metà e che si sta dirigendo verso la fine. In caso contrario, potrebbe volerci ancora molto tempo prima sapere cosa avverrà nel cuore dell’inverno.
9 commenti
Aggiungi un commentoe molto amato anche da me. Mi sa che il mio scrittore preferito è lui, e infatti appena posso ne parlo . Ok, parlo molto di più di Martin e Jordan - se non si fosse capito amo pure loro - ma solo perché in Italia sono più conosciuti, c'è molta attesa sulle loro opere e Martin in particolare ha scritto di più.
Grazie per i complimenti.
Secondo me sì.
Martin pubblica a livello professionale dai primi anni '70, ma in precedenza aveva scritto "solo" racconti, sceneggiature, qualche - neanche tanti - romanzo autoconclusivo e curato alcune antologie di racconti. Non si era mai imbarcato in qualcosa di così vasto, e quindi non si è reso conto in anticipo delle difficoltà che tutto questo avrebbe comportato. Ha fatto errori di valutazione, come quando ha buttato via un intero anno nel tentativo di scrivere il quarto romanzo lasciando trascorrere un intervallo di cinque anni per i suoi personaggi fra un volume e l'altro. La mole di flashback necessaria a far capire cosa fosse successo nel periodo gli è esplosa fra le mani e lui ha dovuto ricominciare da capo.
Evidentemente anche qui ha avuto qualche serio problema. Sappiamo che ha provato diverse strategie e diversi punti di vista con il nodo di Meereen, non sappiamo quanto ha dovuto ristrutturare ciò che stava scrivendo nel corso di questi anni, anche se gli aggiornamenti che tu deplori ne danno un'idea.
A questo proposito Martin è stato travolto dai lettori. Una parte di loro aspetta con ansia ogni minimo accenno, un'altra parte vorrebbe il silenzio totale fino alla pubblicazione del romanzo. Non può accontentare tutti. Se non vuoi leggere cosa sta combinando ignora il suo blog e i miei articoli, se l'attesa per il romanzo ti ha stufato leggi altro.
Ma, come ha scritto Neil Gaiman e come hanno detto tanti altri, Martin si è rivelato poco professionale nei confronti dell'editore perché non ha rispettato la data di scadenza, ma i lettori quando hanno iniziato a leggerlo sapevano che era una saga incompiuta, e in questo caso il rischio delle lunghe attese va tenuto presente. C'è anche il rischio della morte dello scrittore, vedi il povero Jordan.
Un'altra cosa: Martin si è certamente reso conto che se in futuro lui rimarrà famoso nell'ambito del fantastico (ha scritto fantasy, fantascienza e horror) sarà per le Cronache del ghiaccio e del fuoco. Logico quindi che la sua vena perfezionista si sia accentuata, e che lo porti a voler pubblicare non solo un bel romanzo, ma un romanzo straordinario.
Ci riuscirà? Lo spero davvero.
E aggiungerei pure Sanderson
Ho forse detto di essere monogama nelle mie letture? Nella vita sì, ma con i libri ho molte grandi passioni.
Martina, come sempre I tuoi articoli sono interessanti ed esaustivi.
Povero Martin, immagino quanto si senta frustrato e pressato
Certo l'ansia non aiuta a scrivere un grande romanzo! Io penso che dovrebbero lasciarlo in pace, mettergli il sale sulla coda puó solo essere controproducente!
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