Anna Giraldo
Anna Giraldo

Imparata la lezione, vagando su internet alla ricerca di case editrici non a pagamento, sono finita a consultare la lista di Writer’s Dream. Di lì il passo è stato breve. Ho fatto un bel copy&paste della lista su excel, sono partita dalla “A” e ho controllato uno a uno i siti e le linee editoriali delle case editrici della lista “free”. Tra email di presentazione e invii in formato elettronico o cartaceo del mio manoscritto, ho contattato circa 50 case editrici, fino a maggio 2010 quando è arrivata la proposta di Casini.

Un paio di settimane dopo la firma del contratto di pubblicazione ho ricevuto anche un’altra offerta di pubblicazione gratuita che, per ovvi motivi, ho rifiutato. Questo mi ha fatto capire che mi ero mossa nel modo giusto.

Racconta in breve 436 ai lettori di Fantasy Magazine.

È difficile raccontare 436 in breve. Mi servirebbero almeno 400 pagine per spiegarmi bene!

436 è un mix di tante cose. C’è il romanzo di formazione di Redlie, diciassettenne italiana bistrattata dai genitori, che si trasferisce a Londra da zia Daisy, c’è una forte componente fantastica, non prettamente fantasy, c’è una “feroce” storia d’amore, centrale ma forse non protagonista, ci sono continui riferimenti storici, scontri sanguinosi e visioni terrificanti.

È ambientato per la gran parte nella Londra contemporanea, in realtà l’ho scritto praticamente in tempo reale nell’estate del 2008. L’ambientazione a Londra non è gratuita: quella città è dentro la mia pelle dalla prima volta che l’ho visitata e se non ci fosse non ci sarebbe nemmeno 436.

Chi è Redlie McFarlane? Che rapporto avete tu e lei, da scrittrice a personaggio?

Redlie (mi raccomando si legge “redli” e non “redlai”!!) è la protagonista di 436. È un’adolescente nel suo percorso di crescita, un difficile cammino costellato di buio e luce durante il quale apprende l’amore per sé stessa e per gli altri e conquista la piena coscienza di sé e della propria forza.

In tutto ciò, Redlie è scanzonata, romantica, arrabbiata e sempre sopra le righe. Aggiungerei un po’ saputella, chissà da chi ha preso?

Chi ha letto le bozze di 436 pensa che Redlie, in qualche modo, sia il mio alter ego. In effetti le ho dato alcuni dei miei difetti e molti dei pregi che mi piacerebbe avere. In realtà io la considero più vicina a una figlia e, come Alessandra, la sua snaturata madre letteraria, sento di averla maltrattata per anni. Il suo personaggio ha lottato per uscire dai miei pensieri e concretizzarsi in una storia: io ho sempre cercato di ridurlo al silenzio, forse per la paura, che è anche quella di Alessandra, di confrontarmi con il suo mondo fantastico e con il fantastico mondo della scrittura.

Il romanzo è autoconclusivo? O fa parte di un progetto che ti piacerebbe ampliare?

436 è autoconclusivo. Tuttavia 436 apre moltissime occasioni narrative: altre storie. Per prima cosa c’è un sequel già pronto, Thunder + Lightning (T+L), e c’è un progetto per un terzo romanzo, forse a chiusura della saga. Poi ci sono i racconti, di cui alcuni già pubblicati, che riprendono personaggi ed eventi secondari di 436. C’è persino un brevissimo racconto, Il guardiano, che potrebbe essere l’incipit di quello che, non avendo ancora un titolo, io chiamo 436#3.

Il racconto che a mio avviso rispecchia maggiormente 436 dal punto di vista dello stile e che riprende Daisy e Nate, due personaggi del romanzo, è presente nell’ebook gratuito La porta sul sito www.scrittorisommersi.com. Si intitola La porta di Daisy.

Leggendo la sinossi di 436, emerge che si tratta di un urban fantastico. Come mai hai deciso di dedicarti proprio a questo genere? E uno di quelli che, da lettrice, prediligi?

Non sono appassionata di urban fantasy.

Però amo ambientare le mie storie in città. Attualmente sto lavorando a un romanzo breve ambientato a Porto, città dal fascino torbido che ho visitato per la prima volta quest’estate.

Mi piace anche molto descrivere gli interni in cui si muovono i miei personaggi. Arredo le stanze, con maniacalità, come se mi appartenessero. Entrando nelle case di 436 si può vedere a volte come sono io, disordinatissima e appassionata di oggetti freak, e altre volte come vorrei essere, elegante e essenziale.

Ma in 436 non c’è solo Londra! C’è l’estremo nord della Scozia con il suo mare gelido e i suoi arcobaleni sorprendenti.

Quali sono i tuoi autori preferiti (fantasy e non)? Ce ne è uno che ti ha ispirato in particolare nella stesura di 436?

Non ho letto molto fantasy. Adoro Harry Potter e “confesso” di avere letto la saga di Twilight. Ho letto Anne Rice e anche qualche paranormal romance da botteghino.

I miei autori preferiti sono Gabriel Garcia Marquez, Milan Kundera e Jorge Luis Borges. Per quanto riguarda Borges, sempre presente sul mio comodino, ho giocato con le parole del suo racconto La scrittura del Dio per costruire la trave portante dell’intreccio di 436. Potrà mai perdonarmi di averlo mescolato con citazioni potteriane e i Red Hot Chili Peppers? Invece per T+L mi sono ispirata a una poesia di Paul Eluard e a un dettaglio, in apparenza insignificante, de Il racconto d’inverno di W. Shakespeare … e ancora ai Red Hot Chili Peppers.

Quando mi sento molto motivata leggo un pezzetto del Libro dell’Inquietudine di Fernando Pessoa, e se ho voglia di ridere leggo Palahniuk. I Gruppi di Lettura che frequento mi hanno insegnato a spaziare e a non fissarmi sullo stesso autore finché ho terminato tutta la sua opera omnia. Ho scoperto così David Almond, Jonathan Stroud, Alan Bennet. Sto imparando anche a leggere esordienti italiani: sono una fan sfegatata di Maurizio Cometto che ho conosciuto in occasione di un concorso letterario in cui entrambi eravamo finalisti.

Una domanda “classica”: un consiglio agli aspiranti scrittori.

L’avere un libro in pubblicazione non fa di me un’esperta.

Posso solo dire che scrivere e, in seguito, pubblicare è difficilissimo. Serve molta pazienza.

Innanzitutto non basta scrivere, è necessario rileggere e correggere ciò che si è scritto, io lo faccio fino alla nausea. E quando dico “nausea”, non esagero.

Inoltre la ricerca della casa editrice deve essere affrontata come un vero e proprio lavoro: ogni editore ha la sua linea editoriale e le sue preferenze e molto poco tempo per dare retta alle nostre richieste. Mi è stato utile frequentare fiere ed eventi letterari, dove è possibile scambiare qualche parola con gli editori e capire come funziona il mercato.

Una volta inviato il proprio manoscritto, le risposte non sempre arrivano e ogni “no” è un colpo al cuore, così come ogni critica alle proprie opere. Serve davvero un sacco di pazienza.

Ma se credete in ciò che avete scritto NON MOLLATE!

E non pubblicate a pagamento!!!