(Martina Frammartino)
Avevamo già visto le risposte positive dei lettori anglofoni, ma per tutti la domanda era la stessa. Sarà capace Brandon Sanderson di portare avanti La Ruota del Tempo senza stravolgerla? La risposta è sì, senza alcun dubbio.
Dalla fine del 2006 Robert Jordan sapeva di essere malato, e sapeva che era una malattia molto seria. Così, nei quasi due anni che gli erano rimasti da vivere, ha scritto una montagna di appunti e lasciato note dettagliate su come dovesse proseguire la sua storia. Alcuni capitoli erano praticamente ultimati, ha fatto sapere il Team Jordan, anche se forse non sapremo mai di quali si trattava, mentre altri erano semplici abbozzi. Ma è davvero importante saperlo?
Se non fossimo a conoscenza della morte di Jordan e dell’intervento di Sanderson necessario a sviluppare la trama nella sua forma definitiva non ci accorgeremmo di nulla. Certo, piccole differenze ce ne sono.
Presagi di tempesta comprende ben 50 capitoli più un prologo e un epilogo nella sua lunghezza (glossario escluso) di 915 pagine. Era dai tempi di Il signore del caos, che conta 55 capitoli, che non ce n’erano così tanti. Il che significa che Sanderson scrive capitoli più corti, così come aveva scritto capitoli più corti lo stesso Jordan all’inizio della sua storia.
Inoltre Sanderson cambia più spesso il punto di vista. Ultimamente Jordan ci aveva abituati a lunghe sezioni dedicate a un solo personaggio. Finita una sequenza di capitoli dedicata a Perrin piuttosto che a Rand o a uno degli altri protagonisti, lo scrittore passava a qualcun altro spesso trascurando completamente quello stesso personaggio per qualche centinaio di pagine. Sanderson no. Salvo poche eccezioni con lo stesso personaggio protagonista di due capitoli consecutivi dedica un capitolo a Rand, poi passa a Egwene dopo neanche 20 pagine, quindi si sposta su Aviendha, va a trovare Gawin, ripassa da Rand e quindi lo guarda con gli occhi di Cadsuane. Complessivamente si tratta di cinque diversi punti di vista, uno dei quali viene ripetuto due volte, in un’ottantina di pagine.
Un’impostazione di questo tipo ha due conseguenze di segno opposto. Una è che ci vuole più tempo per entrare in sintonia col personaggio, perché lo lasciamo poco dopo averlo ritrovato. L’altra è che il ritmo ne risulta vivacizzato, perché si ha sempre la sensazione che qualcosa di nuovo stia per accadere, e tutti i cambiamenti si percepiscono con maggior forza.
Gli ultimi romanzi, Crocevia del crepuscolo in particolare, avevano dato l’impressione di essere statici, e che al loro interno accadesse poco. Solo leggendoli con calma, senza aspettarsi grandi battaglie ma facendo attenzione all’interazione fra i personaggi, si notano le tante piccole azioni o conversazioni significative. Qui quello che accade è subito evidente, e il ritmo è molto più vivace.
Merito di Sanderson per aver scelto quest’impostazione, probabilmente, ma anche merito della storia stessa. L’Ultima battaglia è sempre più vicina, e ci sono alcune cose che devono essere fatte prima che cominci.
Il tempo stringe e le azioni prendono il sopravvento sulla pianificazione, anche se pure questa non manca.
Due le trame principali, una dedicata a Rand e l’altra a Egwene. Di contorno, come sempre, una moltitudine di altri personaggi.
Particolarmente d’impatto quello di Renald Fanwar, anche se si tratta di una comparsa che forse non rivedremo mai più. Ma le pagine dedicate a lui delineano il cuore degli uomini delle Marche di Confine, e fanno percepire l’approssimarsi della Tempesta. Una tempesta narrata dalla voce di Jordan ai partecipanti alla JordanCon del 2009 grazie a un nastro registrato capace di far accapponare la pelle e di far scoppiare in lacrime molti dei presenti. E a leggere il brano si capisce benissimo perché.
Non mancano ovviamente Nynaeve, Siuan, Perrin, Min, Mat, alcuni Reietti e diverse altre figure che nel corso del tempo hanno contribuito a rendere vivo e articolato questo mondo. E, anche se è cambiata la mano alla guida delle loro azioni, i personaggi sono comunque validi. È impossibile tracciare una linea netta e dire “questo lo ha scritto Jordan e quest’altro Sanderson”. Forse qualche battuta può lasciare un dubbio, ma è solo un’ombra minima, un pensiero fuggente che presto scompare. Perché la storia è terribilmente valida, e in alcuni punti è capace di far mozzare il fiato e di spingere il lettore sempre più avanti in attesa di conoscere il destino di quel personaggio, o forse del mondo.
Egwene dà il meglio di sé. Intelligente, determinata, costretta in un angolo da forze che sembrano soverchianti ma mai doma, la giovane riesce a compiere imprese che hanno dell’incredibile. Il suo sviluppo, con questo romanzo, è finalmente completato. Ha ancora molto lavoro da fare, non ha certo risolto tutti i problemi, ma visto ciò di cui è capace in queste pagine si sciolgono molti dubbi sul suo futuro.
Più fosco il cammino di Rand, protagonista di un percorso drammatico preparato accuratamente nel corso di tutti i volumi precedenti. Perché lui è il Drago, il Promesso nato dalla montagna che deve riparare dalle Tenebre, ma anche colui che distrusse tutto e causò la Frattura del Mondo. Tre millenni di attesa, di profezie, timori e speranze gravano sulle sue spalle, spalle che hanno dovuto portare il peso della cassa di Elaida e della prigione di Far Madding, e che hanno sopportato colpi forse troppo forti per un semplice uomo.
Fra un percorso e l’altro spesso fa capolino il mondo. Come quando un personaggio pronuncia una semplice frase, una di quelle frasi che si possono sentire e dimenticare, tanto poco sono importanti. L’affermazione “Il vestito che stai indossando è verde” non vuol dire nulla nella maggior parte dei contesti. Ma cosa significa quando la persona che sente questa frase sta indossando un abito di tutt’altro colore, e la persona che ha pronunciato la frase è un’Aes Sedai? Significano guai, ovvio, e guai grossi, se non si sta sullo stesso fronte nello schieramento della battaglia.
Significa anche che dettagli che si sono sedimentati in noi nel corso di migliaia di pagine di lettura possono tornar fuori all’improvviso e colpirci con una potenza devastante anche utilizzando le parole più banali. Significa che il Mondo di Jordan è vivo, che quello che vi avviene non lascia indifferente chi lo attraversa, e che tutto il tempo trascorso a leggere scene “tranquille”, nelle quali sembrava che non accadesse nulla, ci ha fornito quelle informazioni necessarie perché una manciata di parole decisamente banali potesse mozzarci il fiato e farci tremare per la scena che stiamo leggendo. Significa, infine, che i nodi stanno venendo al pettine, e che c’è davvero poco tempo prima che l’Ultima Battaglia cominci.
Si può solo sperare, come proclamato nel Ciclo del Drago, che “il braccio del Signore dell’Alba ci ripari dalle Tenebre e che la grande spada della giustizia ci difenda”, e che “il Drago cavalchi ancora il vento del tempo”.
(Mirco Tondi)
Shayol Ghul.
L'Ultima Battaglia.
Rand sta andando incontro al proprio destino. Il destino che appartiene al Drago Rinato.
Un cammino che si sta facendo sempre più duro, che sta richiedendo un continuo prezzo da pagare, costringendolo a fare scelte, sacrificare parti di sé che s'illudeva di poter salvaguardare, di mantenere l'integrità di ciò che era stato un tempo. Ma è disposto a tutto per raggiungere quella forza capace di fermare il Tenebroso; anche a perdersi, anche a farsi odiare dalle persone che ha attorno. Non c'è speranza nelle sue azioni, solo cupa determinazione ad adempiere la missione per permettere alla Ruota di continuare a girare. Un cammino solitario, che sente di dover percorrere da solo, lontano da tutti, incompreso da tutti, lacerato dal tormento di non riuscire a fidarsi di nessuno, perché c'è troppo in gioco, la posta troppo alta per contemplare il fallimento.
Nonostante la consapevolezza di questa realtà, Rand Al’Thor sa che per sconfiggere un nemico come il Tenebroso occorre tutto l'aiuto possibile, occorre che tutte le bandiere siano unite nello scontro risolutivo. Sa che occorre unione per vincere, ma come può crearla, quanto proprio dentro di sé c'è divisione, un conflitto interiore che riflette quello esteriore?
Come si può pensare di sconfiggere il Nemico con i Seanchan pronti all'invasione dell'Arad Doman?
Che speranze di vittoria ci sono per l'Ultima Battaglia se la Torre Bianca è lacerata da conflitti intestini tra le Aes Sedai? Lotte interiori, giochi di potere per decidere quale fazione debba prevalere, avere la meglio e dimostrare la propria superiorità.
Supremazia. Potere.
In qualsiasi forma si presenta, una verità è innegabile: il potere corrompe, porta alla rovina, alla pazzia. Anche quello che deve salvare il mondo.
Un'altra verità è innegabile: un solo individuo non può essere salvatore del mondo intero, anche se disposto a sacrificare tutto di sé. Consci di questa realtà, Mat, Perrin, si stanno muovendo per portare il loro aiuto a Rand; Egwene è impegnata nell'arduo compito di rendere di nuovo unite le Aes Sedai, pronta a sopportare qualsiasi umiliazione per ritrovare la compattezza necessaria ai tempi in cui vivono.
Forze separate che stanno operando per convergere verso Montedrago per il capitolo finale della storia.
Ma se non si trova la ragione per combattere, se non si trova la risposta giusta alla domanda sul motivo per cui si lotta, allora tutto può essere cupo e disastroso come un cielo in tempesta.
Presagi di Tempesta è la prima parte della trilogia finale che inizialmente era stata prevista come un unico volume intitolato A Memory of Light. La prima opera che vede la mano di Brandon Sanderson affiancarsi a quella di Robert Jordan per completare un monumentale ciclo letterario. Sanderson non solo dimostra il talento di scrittore, ma anche la passione di chi è stato un lettore di questa saga, continuando il lavoro di una persona che ha lasciato la sua impronta nel mondo della fantasy. Uno stile che scorre fluido e avvolgente, trasportando all'interno della storia, facendo andare in secondo piano la lentezza dell'evolversi degli eventi; una meticolosa preparazione, un predisporre i pezzi come in una partita a scacchi per arrivare alla battaglia decisiva che deciderà le sorti dei personaggi e del mondo della Ruota del Tempo.
8 commenti
Aggiungi un commentoEsatto, è il secondo, ma non mi riferisco al modo di agire di Rand, quanto piuttosto alla velocità con cui si svolge la vicenda: mi sarei aspettato qualcosa di meno immediato, di più allungato nella descrizione, più suspense, più epicità. Ho visto la scelta come un liquidare il fatto troppo velocemente. Scelta che tuttavia ci sta, è giusta, brutale, rispecchia com'è in quel momento Rand: freddo ed efficace, che è centrato solo sull'obiettivo e sul risultato.
Speriamo che si mantenga su questi livelli e non si dilunghi inutilmente .
Riscrivere la saga sarebbe inutile: non si può cambiare il passato. Sono quei ragionamenti fatti di "se" e "chissà" fatti tanto per parlare
Parlando di mondi complessi mi viene in mente quello creato da Erikson: che spettacolo ma sto andando OT
SPOILER SU ToM: aspettatevi qualcosa di meglio nel prossimo libro, ricordando che originariamente erano uno solo e la frattura tra i due volumi è solo una necessità editoriale.
Preparando l'articolo di ieri sul primo posto raggiunto da Rothfuss nella classifica del New York Times mi sono imbattuta in un'interessantissima conversazione fra lo stesso Patrick Rothfuss e Brandon Sanderson. Riporto qui un paio di frasi di Sanderson relative alla lunghezza dei libri. L'editor a cui si riferisce senza nominarla esplicitamente è Harriet McDougal, vedova e già editor di Robert Jordan:
It’s very rare that I’m able to cut entire scenes. If I can cut entire scenes that means there’s something fundamentally not working with the sequence and I usually end up tossing the whole thing and rewriting it. But trimming, or pruning as you described it, works very well with my fiction. I can usually cut fifteen percent off just by nurturing the text, pruning it, looking for the extraneous words and phrases. But I wonder if in doing that there’s a tendency to compensate. There’s a concept in dieting that if someone starts working out really hard, they start to say, “Well, that means I can now eat more,” and you’ll find people compensating for the extra calorie loss by eating more because they feel they can. I wonder if we do that with our fiction. I mean, I will get done with this big long trim and I’ll say, “Great, now I have the space to do this extra thing that I really think the story needs,” and then the story ends up going back to just as long. Though at least in my case I can blame my editor too. He’s very good with helping me with line edits, but where we perhaps fuel each other in the wrong way is that he’ll say, “Ooh, it’d be awesome if you add this,” or “This scene needs this,” or “Can you explain this?” And I say, “Yes! I can explain that. I’d love to!” And then of course the book gets longer and then we both have to go to Tom Doherty with our eyes downward saying, “Um, the book is really long again, Tom. Sorry.”
Sì, in effetti Towers of Midnight fa vedere diversi avvenimenti sotto una luce diversa. Io ho sclto di non parlarne perché qui stiamo recensendo e commentando Presagi di tempesta, ma capita spesso nelle saghe che avvenimenti successivi completino scene che abbiamo già visto o addirittura le ribaltino completamente. Per parlare di quello che avviente in Towers, però, dovremo aspettare o la traduzione o un'eventuale, non impossibile, mia decisione di recensirlo in inglese.
Preparando l'articolo di ieri sul primo posto raggiunto da Rothfuss nella classifica del New York Times mi sono imbattuta in un'interessantissima conversazione fra lo stesso Patrick Rothfuss e Brandon Sanderson. Riporto qui un paio di frasi di Sanderson relative alla lunghezza dei libri. L'editor a cui si riferisce senza nominarla esplicitamente è Harriet McDougal, vedova e già editor di Robert Jordan:
It’s very rare that I’m able to cut entire scenes. If I can cut entire scenes that means there’s something fundamentally not working with the sequence and I usually end up tossing the whole thing and rewriting it. But trimming, or pruning as you described it, works very well with my fiction. I can usually cut fifteen percent off just by nurturing the text, pruning it, looking for the extraneous words and phrases. But I wonder if in doing that there’s a tendency to compensate. There’s a concept in dieting that if someone starts working out really hard, they start to say, “Well, that means I can now eat more,” and you’ll find people compensating for the extra calorie loss by eating more because they feel they can. I wonder if we do that with our fiction. I mean, I will get done with this big long trim and I’ll say, “Great, now I have the space to do this extra thing that I really think the story needs,” and then the story ends up going back to just as long. Though at least in my case I can blame my editor too. He’s very good with helping me with line edits, but where we perhaps fuel each other in the wrong way is that he’ll say, “Ooh, it’d be awesome if you add this,” or “This scene needs this,” or “Can you explain this?” And I say, “Yes! I can explain that. I’d love to!” And then of course the book gets longer and then we both have to go to Tom Doherty with our eyes downward saying, “Um, the book is really long again, Tom. Sorry.”
Sì, in effetti Towers of Midnight fa vedere diversi avvenimenti sotto una luce diversa. Io ho sclto di non parlarne perché qui stiamo recensendo e commentando Presagi di tempesta, ma capita spesso nelle saghe che avvenimenti successivi completino scene che abbiamo già visto o addirittura le ribaltino completamente. Per parlare di quello che avviente in Towers, però, dovremo aspettare o la traduzione o un'eventuale, non impossibile, mia decisione di recensirlo in inglese.
A me invece è piaciuto molto il pezzo in cui pianifica il bliz, con tutta quella storia di custodi e vecchie zie. Alleggerisce molto.
Chi proprio non sopporto è quell'arrogante e prepotente di Cadsuane Sedia. Io l'avrei presa a frustrate con l'unico potere per come si ostina a comportarsi con Rand.
Quel misto di paternalismo e falsa superiorità con cui agiscono le Aes Sedai, quando in realtà il loro potere e la loro conoscenza è infinitesimale. E adesso dovranno fare i conti con gli uomini che sanno incalanare. Sarebbe interessante scoprire come si rapporteranno una volta finita l'ultima battaglia
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