Le ambizioni politiche di Isak e il disprezzo che Arré nutriva per esse, non costituivano affatto un segreto in casa Med. Non è giusto, però, pensò Sorren. Isak teneva molto alla Danza. Lo aveva visto allenarsi per ore e ore, ansimante e grondante di sudore, resistere con tenacia là dove qualsiasi altro individuo meno disciplinato si sarebbe arrestato, riposato e quanto meno rinfrescato, versandosi un po’ d’acqua sulla testa. I suoi muscoli le ricordavano quelli di Paxe, lisci e tesi, e come lei possedeva il pieno controllo dei suoi movimenti che però risultavano più ricchi di grazia.
– A cosa pensi? – le domandò Arré.
Sorren avvampò in volto. Non voleva dirle di Paxe; le sembrava scorretto. – A farmi bella – mentì.
Arré Med rise. – Non preoccuparti di questo – le disse. Era piccola di corporatura, simile a Isak. Benché lo sgabello sul quale Sorren sedeva fosse più basso della sedia di Arré, quando la ragazza si drizzò, i loro occhi si trovarono alla stessa altezza. – Non hai bisogno di farti bella. La gente non può fare a meno di notarti così come sei.
– È perché sono alta e pallida. – La ragazza guardò accigliata la sua pelle chiara. Esposta al sole più cocente rifiutava di scurirsi; al contrario, diventava sgradevolmente rossa. Si toccò i capelli, lunghi e del colore del grano. – Preferirei essere bruna, come Paxe.
– Esser bruni è di moda – ammise Arré, – ma non rammaricarti mai per la tua statura. Noi gente piccola dobbiamo trovare altri mezzi per farci notare. Come Isak.
E, di fatto, tutti notavano Isak. E nelle rare occasioni in cui ciò non si verificava, era lui a fare in modo di attirare l’attenzione su di sé. Era capace meglio d’ogni altro di far volgere il capo a una folla di persone; tuttavia, la gente non mancava di notare anche sua sorella Arré.
– Ti occorre qualche abito nuovo? – chiese Arré.
– Cosa?
– Quando suonerai per Isak, all’Assemblea del Consiglio. – Arré picchiettò sul bracciolo della sedia. – Non distrarti, bambina.
– Scusami – sussurrò Sorren. Presente a se stessa, si fece scivolare dal polso il bracciale di monete e lo porse ad Arré. Le dita di questa contarono automaticamente i gusci di conchiglia avanzati. – Comunque no, ho vestiti a sufficienza.
– Se vuoi qualcosa non hai che da chiederlo. – Arré sorrise con la malizia d’un monello durante una rissa di strada. – Isak pagherà.
Un colpetto leggero sul paravento la indusse a guardarsi intorno. Lalith era ferma sotto l’arco della porta: aveva tredici anni, la pelle bruna, ed era piccola e flessuosa. Arré l’aveva portata via dai vigneti così come aveva preso Sorren, e ora lavorava e abitava in casa sua. – Il cuoco mi ha mandato a portarti questa – spiegò quindi, porgendole una scodella.
– Bene – approvò Arré, – portala qui! Cos’è?
Lalith gliela adagiò tra le mani. Vi erano delle bacche cosparse di panna dolce. Arré era notoriamente golosa di dolci. – Grazie, piccola.
– E poi è arrivata questa. – Lalith le porse una lettera. Sul sigillo di cera era disegnata una cresta.
Arré ne strappò il lembo sigillato. Lesse il messaggio e i suoi occhi scuri assunsero un’espressione arcigna. – Quando è arrivata?
– Proprio adesso. L’ha portata un servo. – Lalith spostò il peso del corpo sull’altro piede.
– Bah! – Arré depose la lettera sul tavolo laccato. – È Boras Sul. Mi informa che è ammalato e non potrà partecipare all’Assemblea. Esprime il suo rammarico, saluta, e ringrazia la cara Arré. – Congedò Lalith con un cenno e sollevò la scodella di frutta. – Manderà suo figlio, che è più idiota di lui. Bah!
– Ma forse è ammalato davvero... – azzardò Sorren.
– Forse si rimpinza troppo – osservò Arré con disprezzo. Boras Sul era un grassone.
Sorren fece scorrere un pollice lungo la superficie levigata del tavolo laccato. – Potrei scoprirlo.
– Indagando tra i suoi servi? – disse Arré. Sorren annuì. – Non dartene pena. Serbati per cose più importanti. Avverti il cuoco che Boras non prenderà parte al pranzo. E ora va’: non ho più bisogno di te.
La lettera le aveva fatto tornare il malumore, e Sorren la lasciò sola a smaltirlo. Si recò in cucina a dar notizia al cuoco della defezione di Boras. Lo trovò impegnato a giocare a sassolini sul tagliere assieme a Kaleb, Capitano della Guardia Notturna, Vice-Comandante agli ordini di Paxe.
La ragazza rimase qualche istante a osservare il disegno delle pietruzze, quindi riferì al cuoco la notizia. L’uomo si strinse nelle spalle. – Lo avevo immaginato che quella lettera non annunziava nulla di buono – commentò. – Ecco perché ho preparato le bacche.
– Non credo che siano servite a molto! – mugolò Sorren.
– Peccato! – fece il cuoco. Kaleb fece avanzare una pedina di tre spazi e quello aggrottò le sopracciglia. – Non appoggiarti al tavolo – disse rivolgendosi a Sorren.
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