Carlo, dal 1995 a oggi hai pubblicato molti romanzi di diverso genere: una favola per bambini, un libro di carattere finanziario, un saggio religioso, un libro sui luoghi misteriosi, ma soprattutto hai scritto libri per ragazzi. Come mai questa preferenza? Vuoi trasmettere qualcosa in particolare ai giovani?

All'inizio è stato per merito – o colpa – di mia figlia, Sofia, che da piccola rideva quando le recitavo le rime. Cercavo nelle librerie una favola in rima per lei e, non trovandola, decisi di scriverla io. Il libro è stato poi pubblicato da Giunti nel 1995 e rieditato nel 2007. La fortuna dell'opera è nata da un episodio buffo: un giorno incontrai una signora, su un treno, che mi guardava incuriosita mentre facevo l'editing del testo. Mi chiese la cortesia di dargliene una copia, io gliela spedii e dopo una decina di giorni la signora mi telefonò. Mi disse che il libro era molto carino e che l'aveva fatto leggere anche a un suo amico interessato a illustrarlo. Le risposi in maniera un po' brusca che la Giunti aveva già i suoi illustratori. Lei mi disse che capiva… però il suo amico era Emanuele Luzzati. Nel corso degli anni questo libro ha venduto trentamila copie, molte scuole elementari lo hanno adottato, è stato un vero successo.

Per quanto riguarda ciò che desidero trasmettere, spero sempre di non essere didascalico nei miei racconti. Voglio soprattutto divertire e ritengo che il divertimento sano contenga in sé dei messaggi. Nei libri per ragazzi lancio dei semi, che sono le mie idee, e cerco di trasmetterli semplicemente raccontando le avventure.

Nel 2007 hai pubblicato Lucius e il diamante perduto e nel 2008 il suo seguito Thule – L'impero dei ghiacci con Mondadori. È la storia di un giovane schiavo liberato e divenuto senatore, che lotta per difendere la Roma imperiale da un perfido mago. Da cosa nasce la tua passione per la storia?

Ci sono due periodi storici che mi interessano in particolare perché sono stati momenti di passaggio. Il primo è il periodo dell'impero romano al momento del suo apogeo, cioè negli anni dell'imperatore Traiano. Il secondo è il passaggio dal medioevo al Rinascimento, ovvero il periodo dell'Umanesimo. Sono due momenti molto particolari. Il primo mi ricorda il mondo occidentale di adesso, un mondo all'apice che può solo preludere a una decadenza, se non cambia i propri valori. Il secondo, l'Umanesimo, mi affascina perché coincide con la rivoluzione del mondo intellettuale, il primato della mente dopo il medioevo. Non penso che il medioevo sia stato un periodo negativo, ma lo interpreto come una coltre di neve che nascondeva sotto di sé il terreno. A metà del quattrocento, la neve finalmente si è sciolta e hanno iniziato a sbocciare i fiori.

Dal 2009 possiedi una doppia identità. Con lo pseudonimo Johnny Rosso firmi i libri horror della collana Superbrividi Mondadori. Com'è nata questa esperienza? E da dove prendi spunto per i tuoi racconti dell'orrore?

Tutto è iniziato con una sfida. Durante un incontro con una responsabile della Mondadori, vidi su una scrivania una pila di libri appartenenti alla collana Piccoli Brividi. Senza esitazione, dichiarai (scherzando) che avrei saputo scrivere libri di quel tipo in una manciata giorni (confesso che all'epoca non ne avevo mai letto uno). Il responsabile della casa editrice mi sfidò a provare quanto sostenevo, così, dopo essermi fatto prestare un paio di volumi, li lessi velocemente e iniziai subito a scrivere. Il lettore della Mondadori che in seguito esaminò il mio manoscritto gli diede una votazione 10+, così mi fu proposto un contratto.

Da due anni, Johnny Rosso, il mio avatar, è l'unico autore dei Superbrividi Mondadori. Prendo spunto soprattutto dalle mie paure e cerco di trasmetterle ai giovani lettori per un motivo preciso: voglio costringerli ad affrontare ciò che li spaventa. Grazie all'horror i ragazzi hanno la possibilità di superare le loro paure, di esorcizzarle, grazie soprattutto all'ironia, che è una delle caratteristiche di Johnny Rosso.

Veniamo al tuo più grande successo letterario. Tra il 2009 e il 2010 è uscito 999. L'ultimo custode edito da Castelvecchi. Il libro ha venduto oltre centomila copie ed è stato tradotto in diciotto lingue. Cosa è piaciuto di più al pubblico, secondo te?

Io credo che il libro abbia una serie di componenti al suo interno. C'è chi ha apprezzato la parte storica, chi la parte della vicenda umana di Pico della Mirandola, chi la parte religiosa e filosofica. Una signora mi ha fatto i complimenti perché secondo lei ho scritto due meravigliose storie d'amore. Il libro, naturalmente, è condito da un grande rigore storico che deriva da anni di studi e di passione. Questo aspetto, purtroppo, è spesso sottovalutato nella letteratura, fino ad arrivare a dei veri e propri imbrogli da parte di alcuni scrittori anglo-americani che, partendo da una vicenda vera, si sono inventati completamente tutto il resto.