Un ragazzino di nome Ulisse, amante degli insetti e vittima di un’aggressione a scuola, viene salvato da una stramba ragazza di nome Circe, capace di mettere in fuga i bulli facendo merenda con delle cavallette. Le sgranocchia così gustosamente da far inorridire persino Ulisse che, preso alla sprovvista, viene baciato proprio da Circe. Attraverso l’intimo contatto, la ragazza capisce di trovarsi al cospetto dell’uomo della sua vita, tanto da invitarlo successivamente a casa e presentarlo ai genitori.
Bugs – Gli insetti dentro di me di Adriano Barone e Fabio Babich inizia così, sconvolgente e senza fronzoli, catapultando il lettore nel vivo della storia nel giro di poche tavole e presentando immediatamente i due protagonisti, evidente richiamo al mito di Circe e Ulisse, riproposto in chiave moderna.
Chiusa bruscamente la parentesi adolescenziale, l’Ulisse di Barone si ritrova già grande e in cerca di una sistemazione lavorativa e del suo posto nel mondo, ma prima di questo passaggio la “regia” cinematografica di Bugs ci mostra uno dei primi intermezzi, in cui a parlare al lettore è direttamente un enorme Weta, l’insetto più grande del mondo: parlantina e sarcasmo per uno dei personaggi fuori e dentro la storia, la voce fuori campo che tira le somme, la pausa tra un cliffhanger e l’inizio di una nuova sequenza. No, il Weta non è molesto come uno spot pubblicitario buttato lì sul più bello, pur trattandosi di un insetto. Gli intermezzi di Barone sono efficaci, puntuali - siparietti interessanti, o escamotage per citare personaggi che in un modo o nell’altro influenzano lo stile fuori dagli schemi dell’autore de Il Ghigno di Arlecchino.
E mentre Barone fa sfoggio di un’ottima capacità di gestire l’azione e il tempo nelle sequenze, i disegni di Fabio Babich (al suo debutto in una graphic novel) si adattano in modo impeccabile alla narrazione. La modulazione delle ombre e delle luci si amalgama con le scene d’azione, e fa altrettanto con quelle più poetiche. Paradossalmente, lo stile di Babich si può definire pulito e sporco allo stesso tempo… Camaleontico, identico a uno dei Disinfestatori del clan per il quale Ulisse si troverà a lavorare. Parlando di una storia piena di insetti, è giusto sottolineare la ricercatezza dei particolari e l’eccellente lavoro di ricerca di Babich nel riprodurre i mostruosi animaletti.
La storia di Bugs spicca per la sua semplicità e per come è stata raccontata. Difatti ciò che vive Ulisse è la classica love story travagliata, qui intrisa di bizzarro e horror. Siamo di fronte a un’opera intrigante, studiata, per questo coinvolgente. E non importa se a un certo punto si capisce come tutto andrà a finire. Si passa da bellissime riflessioni a crude scene di sesso, toccando argomenti come l’emarginazione e la diversità. Nelle sfolgoranti sparatorie dei Disinfestatori (l’ombra di alcuni action movie è dietro l’angolo… Yakuza docet) ci si imbatte in delle vere e proprie persecuzioni razziali. Ulisse è in un terribile stato di sbandamento emotivo: dialoghi, didascalie e disegni si mescolano perfettamente rivelando il tassello più importante di tutta la storia: la ribellione, la reazione che porta allo stravolgimento degli eventi. Si arriva così all’epilogo, con uno struggente monologo in stile con l’Ulysses di Joyce: emozioni di una rivoluzione senza punteggiatura.
L’ultima parola spetta al Weta e alle armate di insetti, dieci miliardi di unità che preparano la loro personale guerra contro l’umanità. Chi la spunterà?
Elogio a un autore originale, carismatico e coraggioso. Il pregio di Barone è quello di saper uscire fuori dagli schemi senza indurre a pompose esagerazioni. Riuscire a essere poetico presentando una graphic novel del genere è una sorta di impresa nell'impresa. E a questo punto speriamo che l’accoppiata Barone/Babich riproponga presto nuovi progetti.
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