Magda, regina degli incanti. Magda, che già amavo.
- Non ansie. Non più - sussurrò piano, con un impercettibile movimento delle labbra. - Lascia che sia la felicità, la stessa che oggi ti ha colmato. Lascia che essa si dia a te, ed essa sarà la tua amante, forse capricciosa, ma fedele, per sempre.
- OK - risposi, provando vergogna per la mia apprensione. Allora lei si sporse verso di me e mi baciò con ardore, e questo fuoco sacro divampò, bruciando in me ogni paura. Quanto di soprannaturale mi circondava divenne di colpo amico e complice.
- Averti trovata è... è stato un miracolo - balbettai.
Lei sorrise, illuminando la notte. - Oh, sì, un miracolo. Ma piccolo - suggerì divertita, schernendosi con un gesto minimizzatore.
Poi, gradualmente, il sorriso scomparve. Per un singolo fugace istante il suo volto s’incupì. Alzò gli occhi verso il campanile, quindi li riportò su di me con espressione seria ma serena. Allungò la mano verso il mio volto. Le sue dita lambirono i contorni scavati delle mie guance, seguirono la ruvida gobba del mento, sfiorarono le labbra, poi tornarono su, soffermandosi agli angoli degli occhi illuciditi. Un brivido percorse il mio corpo e il mio spirito. Una sorta di consapevolezza interiore.
Mi si fece più vicina, e la sua bocca solo sfiorò la mia, e fu più bello d’un bacio francese. Poi, con garbo, si liberò del mio abbraccio, si staccò da me e, senza proferire sillaba, mi voltò le spalle e si diresse decisa verso la chiesetta, lasciandomi interdetto. Riuscii a reagire solo quando si trovò a metà strada tra me e il campanile.
- Dove vai?
Lei avanzò. Come se la domanda non l’avesse raggiunta.
- Dove vai? - le gridai dietro, senza capire.
Si fermò. Una prima volta, altri due passi esitanti, una seconda. Si passò una mano tra i capelli tinteggiati dai riflessi lunari, che rimasero a fluttuarle attorno al capo. Si girò.
- Non alzare la voce, questo luogo è sacro. Gli spiriti che vi trovano albergo hanno bisogno di pace - ammonì con la severa affettuosità di una madre che insegna al bimbo.
Riprese a camminare. Senza peraltro avermi risposto.
Feci per correrle dietro. Volevo raggiungerla, abbracciarla ancora.
- Fermati! - intimò lei, senza girarsi, avvertendo od intuendo le mie intenzioni. Una voce mi raggiunse direttamente la mente: “Questo è stato il nostro primo e unico incontro, ma sarà per sempre. Lascia che sia la felicità...”
- Dove vai? - Disperato. In quel momento, Magda era tutto.
Rispose senza voltarsi nemmeno per l’ultima volta. - Torno a casa, piccolo amore. Torno a casa. Ciao.
Non entrò nella chiesa, ne sono sicuro. La vidi svanire sotto i miei occhi prima che la raggiungesse. Inebetito, non reagii per più di qualche secondo, poi mi precipitai verso l’edificio, solo per constatare che era chiuso a chiave. La cercai tutto attorno, chiamandola vanamente.
Lei non c’era. Non c’era più.
Una mano pesante calò sulla mia spalla destra, spaventandomi. Incontrai il volto perplesso d’un corpulento prete, intabarrato nel suo cappottone nero. - Che ti prende ragazzo? Chi cerchi?
- Magda. – Fu un sussurro strozzato, una sorta di gemito.
Il frate mi squadrò, un bel punto di domanda stampato tra le sopracciglia cispose.
- Un'amica - spiegai, imbarazzato.
- E la cerchi qui?
- E' qui che l'ho trovata e perduta – replicai. Era chiaro che il sacerdote mi stava valutando. Mi affrettai a rassicurarlo, scusandomi per tutto quel baccano. Egli si mostrò gentile e comprensivo, senza essere curioso.
- La troverai domani, dai. Vi sentirete al telefono - mi confortò sbrigativo, senza indagare sul fatto che la cercavo proprio in quel posto.
- No - replicai debolmente, scuotendo il capo rassegnato.
Il nostro primo e unico incontro. Perduta, sì. Per sempre.
Stavo per ripiombare nella tenebra, poi: Lascia che sia la felicità... Allora compresi d’aver imparato la lezione. Di essere cambiato. Scacciai l’angoscia. Era stato un regalo. Un regalo stupendo e, nonostante le apparenze, duraturo.
- Lo sa, io amo moltissimo questo luogo - buttai lì con tono discorsivo, un'affermazione uscita spontanea, senza ragionamento.
- Anch’io, ragazzo - concordò il religioso. - E’ in effetti stupendo. E' per questo che il diavolo non voleva che questo santuario fosse costruito.
Colse quindi il mio sguardo interrogativo e continuò: - Come? Ami questo posto e non ne conosci la leggenda?
- Beh, no.
- Perbacco, una brutta mancanza. – Sorrise. - Colmerò subito questa tua lacuna, poi ce ne andiamo a nanna, che non sto più in piedi. - Una pausa. – Tanti secoli fa, la bellezza della rocca spinse gli abitanti del circondario a erigervi il santuario, consacrandolo alla Madonna Assunta. Il diavolo in persona, maestro d’invidia, lo reclamò per sé, e ce la mise tutta per scoraggiare l'opera. Ripetutamente, con decine di stratagemmi e inganni, cercò d’impedire ai poveri carpentieri ed edili il completamento dei lavori. La gente del luogo, pur esasperata e spaventata a morte, non demorse, sorretta da una fede salda. Allora la Madonna, commossa da tanta dedizione, scese dal Cielo e scacciò il Maligno. Seguimi un momento... – Gli andai dietro. - Ecco, guarda - continuò, indicando un punto preciso (quel punto!) dello zoccolo di roccia sotto la casa del custode. - Si dice che quella sia l’impronta del Suo piccolo piede nudo.
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