A un anno dall’uscita in terra francese arriva in Italia il terzo e, sembrerebbe, ultimo capitolo della serie Arthur e i Minimei, scritto, diretto, sceneggiato e prodotto dal francese Luc Besson (Nikita, Atlantis, Il quinto elemento, Giovanna d'Arco, Arthur e il popolo dei Minimei, Arthur e la vendetta di Maltazard).
Dopo una breve intro in cui il regista riassume sapientemente gli episodi precedenti (vincente scelta strategica per non escludere chi se li fosse persi), entriamo subito nel vivo della storia: Maltazard, ormai alto oltre 2 metri, è deciso a essere il Malvagio fino in fondo e, dunque, a conquistare il mondo, cominciando dal Connecticut del 1960.
Arthur (Freddie Highmore) invece, è rimasto bloccato nel regno dei Minimei, quindi alto non più di 2 mm. Con l’aiuto della principessa Selenia e di suo fratello Betameche, il coraggioso bambino cercherà di tornare sulla terra dopo aver ripreso le sembianze umane (cercando la pozione creata da nonno Archibald, interpretato da Ron Crawford) e solo successivamente trovare il modo di combattere lo spietato villain minimeo, ma come ogni favola che si rispetti la storia avrà i suoi cambi di binario e i suoi piccoli colpi di scena, prima del quasi scontato happy ending.
A differenza dei primi due capitoli la storia si svolge quasi esclusivamente nel mondo degli umani e la scena è incentrata prettamente sui cattivi, in particolare Maltazard ma anche, e forse nel modo più divertente e originale, sul figlio Drakos, l’emblema del “duro dal cuore tenero”.
Su di loro Besson cuce tutta la storia, e questa scelta tendenzialmente comprensibile (i cattivi sono sempre più divertenti e riservano interessanti sorprese), forse è anche la pecca serpeggiante di tutto il film, perché mette in secondo piano tutti gli altri personaggi (nonostante la convincente interpretazione di tutto il cast, a cominciare da Highmore passando per la fantastica Mia Farrow) e se questo fosse veramente il capitolo conclusivo, più di una sottotrama sembrerebbe essere rimasta insospesa.
Si riconosce a Besson una sensibilità spiccata che gli ha permesso di raccontare questa storia, definita favola ecologica per farci avvicinare in modo delizioso alla natura e ai suoi abitanti e, quindi, a tematiche importanti come il rispetto per il nostro mondo sempre più deturpato, l'integrazione, ma anche il rapporto padre-figlio (Arthur-Armand e anche Malazard-Darkos); per fare questo il regista decide di inserire, quasi a legante, spassosi omaggi cinematografici godibili anche da chi non è un esperto cinefilo, e riesce nel proprio intento;
il tutto è realizzato attraverso una grafica (Digital Factory, BUF), una fotografia (Thierry Arbogast) e una scenografia (Luc Besson) assolutamente efficaci e riuscite tanto da rendere Maltazard e Darkos realistici come se fosse possibile la loro esistenza.
Il tutto è accompagnato da una colonna sonora, firmata da Eric Serra, che insieme a brani musicali famosissimi della tradizione pop - rock funge da efficace supporto alla storia (con non poche sorprese che non vi vogliamo rovinare).
Nonostante tutto questo, però, il film nel suo complesso non riesce a convincere fino in fondo.
Non c'entra un inadeguato confronto detrattore tra la tecnologia Pixar con quella della Digital Factor, non perché non riconosciamo alla Pixar un grande valore artistico, ma perché la DF ha saputo realizzare un prodotto dalle atmosfere e dal sapore diversi da quelle disneyane, e ciò, da un punto di vista artistico-creativo, non può che andare a suo favore.
Il doppiaggio italiano, però, non è all’altezza delle aspettative e forse non permette di apprezzare tutte le sfumature dei dialoghi (il che, stranamente, è riuscito un po’ meglio nella versione francese), che nonostante simpatiche battute non incidono in modo sostanziale, facendo prevalere l'immagine sulla parola. Considerando che per il doppiaggio americano sono Lou Reed (e prima David Bowie), Iggy Pop e la giovanissima Selena Gomez a prestare la voce ai più importanti tra i Minimei, in quello italiano troviamo un gruppo di doppiatori non abbastanza efficaci: nonostante Massimo Lodolo riesca a marcare la perfidia di Maltazard (in fondo, è anche il doppiatore di Jason Isaacs-Lucius Malfoy), Domitilla D’Amico, sicuramente una valida doppiatrice, era più adatta a prestare la voce ad altre giovani dei film d’animazione, come la forte Colette di Ratatuille o la determinata Tiana di La principessa e il ranocchio, piuttosto che a una principessa che, in realtà, non ha che 10 anni. Come anche Corrado Conforti, che molti ricorderanno per aver doppiato Billy Boyd (Pipino) in Il Signore degli Anelli, ancora una volta sembra essere troppo fuori parte, considerando che Betameche, coi suoi 300 anni, in realtà non ne avrebbe più di 3 (nella versione inglese è doppiato da Jimmy Fallon). Roberto Draghetti offre infine la voce a Darkos, ma tutto sommato non convince fino in fondo, e forse soffre il paragone con il cantante americano.
Ma nonostante potrebbe essere un film davvero per tutti, Arthur e la guerra dei due mondi non fa pensare di aver assistito a qualcosa di veramente diverso: pur forte di ottime intenzioni le varie vicende si susseguono senza una coerenza decisa, e a tratti fanno perdere il filo. La storia pecca di eccessiva ingenuità nelle varie risoluzioni (anche per un pubblico di soli bambini), non sembra voler arrivare al dunque, perde il ritmo, non osa fino in fondo.
Un po’ come il mondo degli umani, che per quanta tecnologia e quanto "impegno" a dimostrare superiorità, resterà sempre perennemente imperfetto rispetto alla perfezione della Natura e dei suoi abitanti.
Alcune frasi topiche:
Abbiamo visto il Diavolo... e in più ho perso il distintivo!
Oh santo pistillo!
Non si combatte il dolore con altro dolore.
Da questa esperienza abbiamo imparato ad avere fiducia e ad aiutarci l’un l’altro.
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