— Aedan, è questo il tuo nome da adesso in poi! Il nome dei più antichi Re di Hasgalen, quando la vita era ancora facile, l'acqua non aveva veleni e campi verdi e foreste ricoprivano la terra. Perché con te inizi una nuova Era, come Dinesh forse ha davvero visto nella sua sapienza.
Il bambino aprì gli occhi; erano troppo simili a quelli del padre per poterli sostenere a lungo, ma Helvdan rifiutò la visione di Lisbarth che moriva con una freccia nella gola. — Dormi, figlio mio — mormorò con dolcezza. — Donna, ti porterò suo fratello. Prepara ciò che occorre per un altro bambino — ordinò, e poi spinse Xarshal fuori.
I soldati stavano accendendo dei falò lungo il pontile, perché la neve era così fitta che nel crepuscolo si rischiava di non scorgerne i limiti, o di cadere dalle passerelle. Lunghe file di prigionieri legati tra loro erano imbarcati nelle stive; i soldati avevano mischiato sapientemente i più grandi ai più piccoli, in modo che i primi potessero prendersi cura dei secondi, ma anche i pianti si erano taciuti, nel freddo tagliente.
Beathon li attendeva all'estremità del pontile, proprio nel punto dove, uscendo dal golfo, si allargava come le dita aperte di una mano. Lì erano attraccate le navi delle donne. Un gran fuoco era stato acceso nel vasto spiazzo e davanti a ciascuna delle navi, ma s'intravedeva appena davanti a quelle più lontane. Ed era già stato un ben lungo cammino giungere fin lì.
Il giovane Sapiente s'inchinò. Era stato un immeritevole allievo di Dinesh, più volto al potere che alla conoscenza, come il suo maestro aveva potuto constatare. Ma la rivalità tra il maestro e il discepolo era finita quel giorno. Il discepolo era maestro ora, e l'arrogante entusiasmo in lui era così evidente che persino il Re fu costretto a sorriderne. — Il Re mi onora! — esclamò Beathon inchinandosi un'altra volta.
— Ti onorerò meglio ad Hasgalen, quando confermerai che il Dio delle Origini ha disposto per me due figli.
— Posso confermarlo anche ora — rispose con prontezza. — Lui mi parla sempre!
— Bene — replicò Helvdan. — Voglio vedere i bambini di questa nave.
— Questi sono già stati assegnati… — la voce lasciò in sospeso una nota di rincrescimento. In nessun modo Beathon voleva dispiacere così presto al suo Re.
— Ciononostante, farò qui la mia scelta, così come farà Xarshal.
Il Re si avviò deciso sulla passerella, seguito da Xarshal. Sottocoperta c'erano una ventina di donne alle prese con i più piccoli ancora in fasce, e un'altra ventina con i più grandicelli, avvolti in coperte e tramortiti dalla stanchezza e dalla paura, oltreché dalla pozione soporifera che era stata distribuita a tutti.
Helvdan si fece da parte. — Scegli per primo, amico mio. E scegli con cura, poiché sarà il compagno fedele dei principi.
Xarshal si inchinò, passando in rassegna i bambini; aveva subito accantonato l'idea di una femmina, anche se era proprio una femmina che sua moglie gli aveva chiesto. Scelse infine un bambino di forse due anni, robusto per la sua età; lo sollevò e lo passò a Beathon, che li aveva seguiti.
— Consegnalo personalmente a mia moglie. Questo è mio figlio — gli ordinò.
Helvdan si era tenuto in disparte, ma non aveva perduto il suo tempo ad aspettare la scelta di Xarshal. Si era fissato su un bambino di poco più di un anno, raggomitolato in un angolo di uno dei tanti letti. Tutti quelli nel letto con lui dormivano, ma quel piccolo stava con gli occhi aperti, ben sveglio. Occhi grigi, appena toccati da qualcosa di buio, nel profondo. Lo tirò su con una mano, lo tenne alto verso una delle lucerne. Il piccolo non fiatò, ma accennò a voler fuggire dalla sua stretta. Era più chiaro di capelli di Aedan.
— Tu sei Bevan, e sei il mio secondo figlio — così dicendo lo passò a Beathon, e gli sembrò di fargli il primo torto affidandolo al Sapiente anziché portarlo nelle proprie braccia come aveva fatto con Aedan. — Consegnalo alla nutrice sull'ammiraglia, con il figlio di Xarshal. Subito!
Beathon lasciò che le donne avvolgessero i due bambini in una coperta, e poi si affrettò ad obbedire. Il Re tornò sul pontile, seguito da Xarshal.
Ormai era notte. E il bianco della neve stava cancellando ogni cosa, ogni dolore, ogni pensiero. E ogni traccia di sangue.
Helvdan si immerse in quel biancore che era soltanto un'illusione, perché era comunque notte, ed era soltanto il buio ciò che avevano intorno. — Partiremo appena farà chiaro… e non dovremo temere più nulla. Nemmeno gli Dei!
In quel momento davvero pensava che sarebbe stato così.
— Dove? Dove può nascondersi un bambino tanto piccolo? E perché io non occhi in questo Tempio… io che sono un Sapiente e che dovrei poter vedere oltre l'apparenza? — per la decima volta Dinesh brontolò tra sé quella che era diventata una litania.
Nel Tempio non c'era nulla che lasciasse sospettare una porta, un ripostiglio, un passaggio verso qualche altra stanza. Non c'erano arredi. Nemmeno una cesta. O una panca. Si volse a guardare la bambina, che aveva lasciato avvolta nel suo mantello all'interno del cerchio di pietre davanti all’altare.
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