Storia del padre dell’ultimo degli elfi, il più potente dell’intera loro stirpe, colui che la rifondò fondendola con il coraggio degli uomini.

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Sono nato una mattina di maggio e sono morto un giorno di settembre.

La mia nascita è stata salutata dai rumori quieti dell’aurora: i galli, le tortore, i passeri, l’ultimo verso della civetta, il becchettio ordinato del picchio.

Sono un elfo, la mia memoria, quindi, è totale. Ricordo già i miei primi istanti di vita, ricordo il lungo periodo tiepido e buio in cui sono rimasto sospeso nel ventre di mia madre come in un volo immobile.

La memoria è collegata al linguaggio e noi la apprendiamo, ma forse dovrei dire la apprendevamo, visto che appartengo ad un popolo che è sull’orlo della scomparsa, durante il lungo volo immobile nel ventre delle nostre madri, insieme al suono delle loro voci, insieme alla conoscenza dell’odore dell’erba tagliata, della terra bagnata, delle foglie, del vento che viene dal mare.

Ricordo ogni istante della mia nascita. Il primo abbraccio con cui la vita mi ha accolto è stato l’odore di mia madre. Il secondo la voce di mio padre.

Una voce lieta. Che cercava disperatamente l’illusione.

«Nascono ancora figli alla nostra stirpe», disse con gioia. «Le ipotesi che sempre più protervamente annunciano la nostra perdizione altro non sono che esagerazione e malaugurio. Non perdizione, parola perpetua, ma declino, come in ogni civiltà avviene, in alternanza allo splendore che d'un istante all'altro ritornerà ad esserci proprio ».

La mia vita è stato un volo di libertà.

Ho violato le leggi che mi imprigionavano, a cercare l’unica virtù possibile, la conoscenza. Ho lasciato il nostro villaggio, ho lasciato mio padre e, allora non lo sapevo, era l’ultima volta che lo vedevo vivo. Ho lasciato Roha, e ogni passo lontano da lei è stato un dolore, ma era questo il mio compito. Nella casa dei falchi il Negromante me lo aveva ordinato, dovevo lasciare un sentiero per

mio figlio, aveva pagato un prezzo altissimo per quelle istruzioni. Non potevo mancare. Né fallire.

Persino con il cuore pieno della nostalgia di Roha, persino con l’orrore delle persecuzioni contro il mio popolo, essere libero è stato un volo. Ad ogni istante l’aria mi riempiva i polmoni. L’orizzonte si apriva non interrotto da nulla.

Ho visto il mare.

Ho trovato una torre piena di pergamene, di libri, un antico vulcano, un drago.

Ho scoperto, ne ho avuto le prove, che le accuse fatte al mio popolo, aver causato la carestia, le inondazioni, erano false.

Sono tornato indietro per raccontarlo, per dirlo, ma nessuno mi ha ascoltato, anzi l’idea di star perseguitando degli innocenti ha reso tutti ancora più folli.

Ho lasciato una traccia perché Yorsh, figlio mio e di Roha, possa trovare la strada per salvare se stesso e il mondo.

Al ritorno sono stato catturato.

Sono rimasto in una segreta incatenato per il collo e anche allora  la mia anima è rimasta libera. Anche nel fondo di una segreta, per quanto enorme sia la notte che ci circonda da ogni lato, noi restiamo gli unici padroni i del nostro pensiero, gli unici capitani della nostra anima.

Ogni istante di quella prigionia, mentre il mio corpo giaceva appeso per il collo coperto di croste, la mia anima ha vagato tra boschi e cascate, con il rumore dell’acqua che mi riempiva, ogni istante Roha è stata con me. Loro credevano che quello in cui ero rinchiuso fosse un luogo di prigione. È stato un luogo di eremitaggio dove la mia anima ha imparato a staccarsi dal mio corpo martoriato e a trovare l’infinito.

Ho sempre tenuto la mia mente ferma su Roha. Roha libera, forte, che mi aspettava. Ho tenuto l’attenzione su quello. La mia mente era fuori dal mio corpo.

Ero certo di essere l’unico perseguitato, l’unico arrestato. Credevo che quello fosse l’inferno ed ero felice perché ero riuscito a vincerlo.

L’inferno non era quello.

Poi improvvisamente, mi hanno detto che erano cominciati i massacri. Me l’hanno detto da ubriachi. La bolla in cui avevo rinchiuso la mia mente si è dissolta. La paura è entrata: la paura che potessero fare del male anche agli altri. La paura per Roha.

Poi la paura è finita ed è arrivata la certezza: stavano distruggendo il mio popolo, e questa certezza, lei sì, ha scavato la strada per l’inferno.

Quello era l’inferno.

Quello che avevo provato fino a quel momento era un po’ di dolore fisico.

L’inferno è la paura.

L’inferno è l’orrore.

L’inferno è perdere la speranza.

La mia mente non trovava più Roha.

Sono stato liberato, quando oramai ogni speranza era persa.

Quando il mio corpo aveva cominciato a morire perché l’anima che avrebbe dovuto abitarlo aveva perso la fede, allora sono venuti. Erano in due, padre e figlio, con le vesti stracciate ed una M marcata a fuoco sulla fronte, eppure sono bastati.

Sono venuti per restituirmi a Roha.

Aveva una bambina tra le braccia, ma era viva. E dopo l’orrore di averla pensata persa l’unica cosa che ho pensato vedendo quella bambina era che avrei voluto restare vivo per poterle stare accanto.

Quando si torna dall’inferno, nulla ha più importanza. La mia donna aveva tra le braccia la bimba di un altro: voleva dire che era viva. La bimba era stata concepita contro la sua volontà ed io ho sentito l’odio, contro quell’uomo, ma non c’era più tempo per l’odio.

Quell’uomo che, con il coraggio di un leone e la compassione di un angelo, mi aveva restituito a Roha, è morto per regalarci un giorno e una notte e un giorno.

Le vie sono infinite.

Siamo stati insieme una notte.

Così mio figlio ha potuto essere concepito.

Un elfo che ha osato combattere. E uccidere. Per coloro che amava. Per gli uomini, per gli orchi. Un’enorme spirale, con una miriade di figure. Ognuno una vita. Ognuno una storia.

Uomini, orchi.

Mezzo orchi.

Mezzo elfi.

Posso raccontarvi la storia di qualcuno di loro. Perché alla fine, tutti hanno fatto la differenza. Ognuno è stato essenziale. Ce l’abbiamo fatta perché nessuno si è tirato indietro.

Questa è la storia di qualcuno di loro. La dedichiamo ai re, che sono coloro che, nelle catastrofi, si assumono la responsabilità e ricostruiscono la speranza. I resistenti. Quando tutto sembra crollare, quando tutto sembra perso, quello è il momento di battersi. Basta un uomo a fare la differenza.

O una donna. O un bambino. O un orco. O un nano. Nessuno è tanto piccolo da non poter essere quello che fa la differenza.

Persino nelle poche ore che siamo stati insieme Roha ed io non abbiamo smesso di pensare alla sua bambina. Lei l’aveva concepita, contro la sua volontà, l’aveva portata, partorita nutrita. Io l’avevo vista per pochi istanti i nostri occhi si erano incontrati. Quella bambina diventerà una donna, una donna piena di poteri, una donna piena di tenerezza, che unirà la sua vita con quella di un mago del fuoco.

I maghi del fuoco sono orchi, o forse sarebbe meglio dire sono i discendenti delle unioni tra elfi e orchi, fondano due magie diverse, il fuoco è la loro chiave per aprire le porte del tempo, perché il futuro e il passato siano presenti e accessibili al loro sguardo, il fuoco è la chiave per aprire le barriere dello spazio, e permettere l’incontro con chiunque abbia la stessa dote.

Hanno avuto un figlio Skardrail, il guerriero dell’ombra e Skardrail ha potuto raggiungere il suo destino perché sulla sua strada ha incontrato Stambo, con l’arco d’Argento, e ognuno è stato un tassello di un incastro infinito, come sempre succede.

Non esiste il caso.

Ognuno è al posto giusto.

Quando il vostro momento sarà venuto di essere colui che fa la differenza, non tiratevi indietro.