- Non può essere.. devo essermi ingannata, non è stato altro che un riflesso della luce.

Una delle bestie ruggì, un grido ferale che riscosse la guerriera strappandola ai suoi pensieri; guardando nuovamente in direzione dei goul li vide allontanarsi verso valle. Da dove si trovava poteva benissimo scorgere il bagliore della follia nei loro occhi.

"Qualunque cosa sia… è vicina", il corso dei suoi pensieri ritornò al motivo che l’aveva condotta all’Irianver e all’obiettivo della sua missione.

Lasciando il nascondiglio per riprendere la scalata, Eirian tentò di ignorare la sensazione che ciò che l’aveva portata lì e la ‘magia’ delle Lame di Luna fossero eventi legati più strettamente di quanto non fosse disposta a credere.

Continuando ad avanzare la guerriera vide confermati i suoi sospetti: più si avvicinava alla cima dell’altipiano, più erano i goul che trovava sulla sua strada. Aveva rinunciato ad affrontare direttamente le creature (erano infatti troppe per sperare di sopravvivere allo scontro), e questo costringeva Eirian ad avanzare con la prudente circospezione di una preda anziché la baldanza del cacciatore: per nascondere le proprie tracce occorreva tempo, quello stesso tempo che la ragazza si sentiva mancare sempre di più ad ogni istante. Un immediato sollievo la colse quando si rese conto di non essere molto distante dalla meta, dove si trovava infatti la copertura degli alberi si era fatta meno impenetrabile, tanto da permetterle di intravedere il crinale alto sopra di lei.

"A giudicare dalla distanza, direi non più di un paio d’ore di cammino".  Diede una rapida occhiata alla posizione del sole. "Prima del tramonto raggiungerò la spianata sulla cima, manca poco ormai… tutto ciò che devo fare è restare in vita ancora per qualche ora, devo farcela!". L'ardente veemenza di quel pensiero quasi stupì Eirian: da quando raggiungere la spianata era divenuta una questione vitale per lei e non una semplice missione?

- Da quando hai messo piede sull’Irianver…

La foresta intorno a lei era immobile e deserta, probabilmente i goul non osavano spingersi sin lì.

Voltandosi di scatto, Eirian imprecò in una lingua che non ricordava d’aver mai udito, tutt’intorno a lei non v’erano che alberi, ma la ragazza aveva qualche difficoltà a credere che la voce appena udita appartenesse a qualcuno di loro.

Si era appena convinta di aver sognato quando la voce le parlò nuovamente in quello stesso idioma, così familiare alle sue orecchie da destare in lei una nostalgia infinita, nostalgia di qualcosa che sapeva di dover assolutamente ricordare..

- Chi sei tu che mi parli così? Mostrati che io possa vederti… ti prego. - Una sottile risata, malinconica quanto un sospiro, accolse la preghiera alla quale Eirian non aveva dato voce se non col pensiero,

- Hai già udito questa lingua, tanto tempo fa, ben prima che ti risvegliassi quel giorno nella foresta cantante… 

La foresta cantante era il luogo in cui Eirian si era destata senza ricordare nulla quasi un lustro prima, quando con sé non aveva altro che le Lame di Luna…

Di nuovo le mani della ragazza si strinsero sull’impugnatura delle spade gemelle, e quando esse pulsarono di luce argentea come già avevano fatto quella mattina, Eirian comprese: quella che udiva nel suo cuore era la voce delle spade.

- Stai iniziando a ricordare, ora vorrei solo avere più tempo… mia Ylhan Thar.

Ylhan Thar… Stella d’inverno…

Le mani di Eirian stringevano convulsamente l’impugnatura delle spade, ora sguainate, mentre un’ondata di ricordi travolgeva la sua mente: frammenti di quella che doveva essere stata la sua vita, immagini confuse di luoghi, gesti, voci.. una in particolare più chiara e ricorrente delle altre che, melodiosa e rassicurante, la chiamava Ylhan Thar dalle nebbie del suo passato…

- Dietro di te!

Non fosse stato per l’urgenza in quella voce, Eirian avrebbe concluso la sua vita sugli artigli del goul alle sue spalle, invece una rapida capriola in avanti la portò a fronteggiare l’inaspettato pericolo: brucianti scie di dolore lungo la schiena le ricordarono quanto fosse stata vicina al punto di non ritorno,

"Pare che i goul si spingano sin qui dopotutto.. non è proprio il momento di lasciarsi andare ai ricordi, io non posso permettermi di morire qui!"

Ciò che le stava di fronte era quanto di più spaventoso l’oscurità avesse mai generato: l’aspetto vagamente umanoide del goul quasi stonava con l’apparenza ferina della testa, orbite ardenti di follia, l’ampio muso dalle fauci enormi costellate da una doppia fila di zanne irregolari, che Eirian sapeva affilate come rasoi, la corporatura imponente, la muscolatura tesa sotto una pelle nera e ruvida come corteccia. Come il resto della sua razza, anche il goul davanti a lei era in grado di spostarsi a quattro zampe con la stessa agilità di un lupo, tuttavia preferivano una postura eretta che permettesse loro di usare quelle che forse dovevano essere state mani, ma che ricordavano più ammassi di pugnali seghettati, quegli stessi artigli che avevano lasciato un segno probabilmente indelebile sul dorso della guerriera.