Sai, Paula, nelle fiabe d’infanzia il cavaliere marciava, attraverso delle terribili prove, verso un castello misterioso e incantato.
Scalava dei ghiacciai. Attraversava dei precipizi, scompigliava dei tradimenti. Infine il castello gli appariva, nel mezzo di una pianura blu, dolce al galoppo come un prato. E si credeva già vincitore...
Ah! Paula, non si inganna una vecchia esperienza da favola!7
La Tante a sua volta ha otto domestici fissi, compresa un’assistente di camera devota e autoritaria, Nana, anche lei vedova. Una servitù pittoresca agli occhi dei fanciulli, che la elevano a propria compagna e la consolano tutte le volte che la contessa si arrabbia.
Frequenti le reprimende alla cuoca. Basta qualche minuto di ritardo nel servire un pasto per dare il via alle lunghe ramanzine di zia Gabrielle. La contessa peraltro non ama la confusione dei piccini, che difatti prendono i pasti in una stanza vicino alla cucina. Per la piccola ciurma i domestici sono personaggi quasi fiabeschi. C’è il maître d’hotel svizzero, Cyprien, lugubre nella sua uniforme nera.
Corteggia inutilmente Nana, si consola con l’alcol e ha sempre gli occhi lucidi. Soprattutto c’è «Mademoiselle», al secolo Marguerite Chapays, detta anche Moisi, che trotterella «come un topo»8.
Tonio vuole molto bene a questa donnina dalle guance rosse che per anni aveva faticato dieci ore al giorno in una filanda di Lione, prima di trovare posto come governante a Saint-Maurice. La padrona di casa l’ha promossa governante e lei passa in rassegna gli armadi da vera stratega, per far sì che la biancheria di famiglia si usuri il più lentamente possibile. Si consuma gli occhi alla
luce della lampada a petrolio per riparare le trame delle tovaglie d’altare, «al servizio di non so che di più grande di lei, un Dio o una nave»9.
A Saint-Maurice Moisi è l’alleata dei bambini nella lotta contro gli adulti. All’occasione Tonio si nasconde sotto il suo letto per evitare le punizioni. La sera si introduce volentieri con le sorelle nella camera della domestica, che offre ai ragazzini zollette di zucchero, ricambiata con il vino da messa sottratto alla riserva di padre Montessuy. Zie e zii non parlano che di finanza, proprietà e religione; Moisi, invece, insegna ai fanciulli il nome dei fiori di campo e li conduce a raccogliere i frutti di bosco per preparare le marmellate.
Divenuto più grande, Antoine la solleva da terra per convincerla a preparare i suoi menu preferiti, la dondola tra le braccia e la coccola. E anche una volta lontano non la dimenticherà mai.
In un famoso pellegrinaggio sui luoghi dell’infanzia, nell’estate del 1938, la andrà a trovare a Étoile, il villaggio natale nel Drôme, dove Moisi aveva comprato una casetta grazie anche ai soldi che gli aveva mandato il suo Tonio. Guarderanno insieme, con nostalgia, le fotografie dei bei tempi conservate gelosamente da «Mademoiselle» in una scatola di latta. Saint-Exupéry si divertirà a strabiliarla raccontandole le avventure dei piloti, tra atterraggi di fortuna e rapimenti nel deserto. E lei farà grandi segni di croce esclamando:
«Misericordia! Impossibile!».
In una lettera alla madre inviata da Buenos Aires nel gennaio del 1930 Saint-Exupéry dirà: «Ciò che mi ha insegnato l’eternità è M.lle Marguerite»10. Ovvero l’eternità si trova nelle piccole cose.
Tutta la lettera esalta la dimensione della fanciullezza, autentica porta per penetrare in un «oltre» impercettibile. Nella casa di Le Mans, mentre i fratellini erano coricati, arrivava dal basso il canto
della loro mamma. Ed era quella voce, per i bambini, la risonanza di un’immensa festa dei cuori. Ma la cosa più «buona», più piacevole e amichevole che Saint-Exupéry afferma di aver conosciuto è la piccola stufa da camera di Saint-Maurice. Quando si svegliava di notte la sentiva ronfare serenamente e proiettare al muro delle belle ombre con il riverbero della sua fiammella.
Mai nient’altro mi ha rassicurato così sull’esistenza. [...] Non so perché, pensavo a un cagnolino fedele. Questa piccola stufa ci proteggeva da tutto11.
E ricorda le dolci apparizioni della madre, che veniva a controllare che tutto fosse a posto, mentre loro se ne stavano accucciati sotto le coltri. Sì, nella piccolezza si nasconde l’infinitamente grande. Di nuovo la lezione di Moisi, stavolta in chiave materna. Che soavità poter dormire in camera con mamma:
Ciò che mi ha insegnato l’immensità non è la via lattea, né l’aviazione, né il mare ma il secondo letto della vostra camera. Era un’occasione meravigliosa essere malato. Si aveva voglia di esserlo
ciascuno a turno. Era un oceano senza limite al quale la febbre dava diritto12.
Fatta eccezione per la mamma, i domestici e il curato, quello dei grandi è un mondo a parte. Gli adulti sono quasi un’altra razza.
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