Il successo dei romanzi della serie Harry Potter ha scatenato un’accesa polemica tra i letterati francesi, che si sono imbarcati in una dissertazione su ipotetici messaggi sottintesi nel testo e su come sarebbe strutturata Hogwarts.
Uno dei professori coinvolti nella disputa, Ilias Yocaris, ha pubblicato lo scorso mese sul quotidiano parigino Le Monde un articolo che ha suscitato parecchio interesse.
Secondo l’autore, tranne il fatto che il mondo creato da J.K. Rowling è un mondo incantato in cui ci si può imbattere in macchine volanti, alberi che danno botte da orbi, elfi domestici e libri che mordono, non è per il resto assolutamente diverso dal nostro, soprattutto perché il fantastico universo potteriano sarebbe anch’esso un universo capitalista.
Per corroborare la sua ipotesi il professore ha diligentemente preso in considerazione una serie di situazioni che secondo lui sono sintomatiche di un mondo che si muove solo al suono del tintinnante denaro:
- Hogwarts è una scuola di magia e stregoneria “privata”;
- i giovani apprendisti maghi sono principalmente “consumatori”, il cui sogno è solo di potersi comprare bacchette magiche provviste di tutti gli optional magheschi o l’ultimo modello di una scopa volante fabbricata da non si capisce bene quale corporazione multinazionale; non dimentichiamo il fatto che i giovani maghi raggiungono la loro massima soddisfazione solo quando riescono a spendere manciate di galeoni nei negozi vicino alla scuola.
Il quadro prosegue con una bella dissertazione sull’incompetenza e la rigidità dei burocrati che si oppongono strenuamente all’inventiva e al coraggio di un manipolo di audaci, così cari all’autrice britannica da farle ritenere opportuno elogiarli continuamente.
Secondo Yocaris, ci si trova di fronte a un’invasione di stereotipi neoliberali in un racconto fantasy e l’universo fittizio di Harry Potter non è altro che la caricatura degli eccessi del modello sociale anglosassone. Hogwarts è solo una miserevole giungla nella quale la competizione, la violenza e il culto del vincitore sono tenuti nella massima considerazione, tanto è vero che i più deboli (per esempio Cedric Diggory) sono destinati a soccombere.
In conclusione, nel mondo del giovane mago si respira un clima di neocapitalismo liberista che, a parere dello studioso, è dannoso quanto il totalitarismo di stampo orwelliano poiché non si limita ad affascinare solo il mondo reale ma a contaminare anche l’immaginazione dei cittadini-consumatori.
Da una prima rapida lettura dell’articolo, sembra che l’autore non conosca benissimo la materia e che giudichi per stereotipi sparando nel mucchio con la speranza, o la pretesa, di cogliere il bersaglio.
A quale modello di scuola avrebbe potuto rifarsi la Rowling se non a quello che le è noto, e in che tempo avrebbe potuto collocare Hogwarts se non in questo nostro XXI secolo con tutte le sue contraddizioni?
Definire Hogwarts una scuola “privata” strappa un sorrisetto malizioso prima perché la Scuola di Magia e Stregoneria è la sola esistente nel mondo magico della Gran Bretagna, poi perché, quale che sia l’idea che ne ha il professor Yocaris, Hogwarts ci sembra estremamente all’avanguardia e liberale nel senso più nobile del termine.
Non ci risulta che per frequentare Hogwarts occorra di più dell’essere ammessi, non ci risulta che gli allievi paghino una retta e ovviamente la disparità nei corredi scolastici è basata soltanto sul reddito familiare di ognuno. Oltretutto Hogwarts appare come un esempio di tolleranza e integrazione razziale; tutti partecipano alla pari, compresi i... fantasmi.
L’idea che il professor Yokaris ha della scuola inglese come istituzione sembra ferma a circa un secolo e mezzo fa e forse risente ancora della lettura di qualche libro di dickensiana memoria, secondo lui mancano soltanto le punizioni corporali ed eccoci proiettati nel bel mezzo di David Copperfield.
Chi ha letto i romanzi della serie sa bene con quanta determinazione Silente si opponga a qualsiasi tipo di punizione fisica e con quanta fermezza contrasti i progetti di Dolores Umbridge che vorrebbe reinserirla nel regolamento scolastico.
E’ altrettanto vero che Hogwarts rispecchia il capitalismo e il consumismo della nostra epoca, dal momento che il mondo dei maghi ha a che fare, volente o nolente, con la società babbana ed è ovvio che in qualche modo i due mondi interagiscano. Se J.K. Rowling avesse inventato un mondo perfetto nel quale far agire i suoi personaggi forse le sue storie sarebbero state meno coinvolgenti in quanto così avulse dalla realtà da apparire improbabili.
Un’altra considerazione a questo proposito: i lettori più attenti si sono probabilmente resi conto che nell’universo potteriano alcuni servizi e infrastrutture funzionano molto meglio che nella realtà. Da che il romanzo è romanzo qualsiasi autore trasferisce nel suo mondo immaginario elementi autobiografici, ricordi e/o rimpianti. Considerata l’età anagrafica della scrittrice britannica, il suo mondo magico sembra rispecchiare la Gran Bretagna dell’epoca pre-thatcheriana, in pieno sviluppo sociale e tecnologico ma con un occhio attento a quanto la secolare tradizione britannica poteva avere di buono. Non a caso nel mondo dei maghi i treni e gli ospedali funzionano alla perfezione e sulla mensa di Hogwarts compare sempre il latte che dai tempi di Enrico VIII (e fino alla impopolare abolizione da parte della Thatcher) veniva distribuito gratuitamente a tutti gli alunni di ogni ordine e grado.
Che Hogwarts, poi, sia una giungla in cui vige la legge del più forte è un’altra teoria tirata per i capelli e certo le condizioni psicologiche degli apprendisti maghi non sono basate su una cultura del confronto a tutti i costi. In tutte le scuole del pianeta, nel mondo del lavoro e nella vita di tutti i giorni chiunque entra, inevitabilmente, in competizione con qualcun altro. Chi non desidera, almeno per una volta, essere il “migliore”?
La teoria del professor Yocaris contiene un terribile errore di fondo perché sostiene che la competizione, tra gli studenti per diventare prefetti o tra le Case per conquistare punti, è viziata dalla malafede. Il professore non tiene conto del concetto della “sportività” che è invece alla base delle sane competizioni, tanto è vero che la Casa che vince l’annuale “gara a punti” non ha alcun potere sulle altre né tantomeno vantaggi di alcun tipo.
Come amava dire Woodehouse : “Durante la serata delle regate (tra Oxford e Cambridge), non contava chi aveva vinto ma chi era riuscito a rubare l’elmetto del vigile del fuoco”.
Quante opportunità hanno i giovani maghi di spendere e spandere i loro galeoni nei negozi di Hogsmeade o Diagon Alley? Molto poche, in verità, quindi non si capisce da dove Yocaris desuma il concetto di Scuola di Magia uguale Mercato, sottoposti all’onnipresente battage pubblicitario che spinge i ragazzi non solo a sentirsi realizzati solo quando possono fare acquisti ma addirittura a tentare una carriera nel campo della libera imprenditoria. Sono tutti da dimostrare i vantaggi che possono venire a uno Stato dall’ostacolare o proibire la libera iniziativa.
Un ultimo esempio, se di consumismo vogliamo parlare: il perfetto bersaglio di un'eventuale campagna pubblicitaria martellante, il consumatore per eccellenza è, se mai, il babbano cugino Dudley, che la Rowling non presenta certo come un modello da imitare.
Resta da chiedersi dove Yocaris abbia pescato il paragone tra il neoliberalismo capitalista che dovrebbe regnare sovrano nel mondo dei maghi e il totalitarismo di stampo orwelliano. Ancora una volta viene da pensare che il professore non abbia chiari né i romanzi della serie né 1984 di George Orwell. Nella Londra del 1984 non vi può essere spinta al consumismo perché di fatto non c’è molto da consumare. La dittatura presentata nel libro di Orwell è una dittatura il cui unico scopo è quello di distruggere la memoria storica condannando i cittadini a vivere in una sorta di eterno presente.
Nei libri di Harry Potter c’è tanto di quel materiale da poter scrivere un articolo assolutamente complementare a quello del professor Yocaris parlando degli aspetti positivi sui quali lui ha proditoriamente sorvolato. L’impressione che si ricava dall’articolo originale è quella di un autore che ha letto i romanzi alla ricerca di tutti quegli elementi che potessero rafforzare il suo punto di vista ed è ovvio che li abbia trovati non rendendosi conto che, così facendo, ha dimostrato un’ottusità intellettuale pari, se non superiore, a quella che lui riscontra nei burocrati rigidi e incompetenti che tanto lo hanno colpito mentre leggeva la versione condensata di Harry Potter pubblicata dal Reader’s Digest.
25 commenti
Aggiungi un commentononnò , che non li ha letti!!
scherzi..? leggere 5 mallopponi solo per farsi un po' di pubblicità è una perdita di tempo...molto meglio sparere a caso, così ci si fa sentire lo stesso, ma con meno fatica...
Harry Potter capitalista...quando la smetteranno di scrivere simili baggianate??? : :
davvero ridicolo e irritante, quasi quanto il Tolkien fascista...
parole sante, giovane Storm!
evviva i puffi!
La seconda che hai detto!
Lasciamoli stare, stì malati... non capiscono quello ke dicono (spero)...
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