Con una decisa scrollata di spalle chiese solo:- Vuoi guardare un cartone animato, adesso?
- Okay.
L'indomani Gaby, Caroline, Mara e nonna Rose trascorsero il pomeriggio dalla zia Debora. Bevvero the al limone e mangiarono biscotti, chiacchierarono e nel complesso si annoiarono un po', ma provarono la gratificante sensazione di aver speso una giornata in famiglia. Quando arrivò l'ora di cena nonna Rose fece per riportare a casa Gaby, ma la bambina insistette moltissimo per restare a dormire dalla zia, così le due anziane signore cedettero e si accordarono per rivedersi la mattina successiva e ripassarsi di mano la bambina.
Gaby era al settimo cielo, sarebbe stata tutta la notte a casa della zia! Non riusciva a immaginare nessun posto più magico di quello. Se c'era un modo per arrivare nell'Ade, certamente la zia Debora lo conosceva.
Dopo cena la zia chiese a Gaby quale gioco preferisse fare prima di andare a dormire. Molto prontamente la bambina rispose che voleva giocare all'Odissea. Lei sarebbe stata Ulisse e la zia la maga Circe che lo faceva entrare nell'Ade.
L'anziana signora Debora rimase un po' perplessa. Era un gioco piuttosto inusuale per una bambina, inoltre nelle versioni non censurate dell'Odissea, Circe e Ulisse avevano un rapporto non troppo innocente. Corrugò le sopracciglia per qualche istante, considerando che la sua nipotina era molto intelligente e precoce e che fosse meglio assecondarla in modo che la sua evidente curiosità per la letteratura... e la morte... non restasse inascoltata. Inoltre era meglio che Gabrielle affrontasse quell’argomento con un adulto piuttosto che da sola. Tuttavia di fronte a quell’esserino striminzito con gli occhi che la scrutavano curiosi e voraci provava un certo disagio. Dopo attenta considerazione scrollò energicamente le spalle, si ripromise di parlarne con sua sorella Rose e pensò di interpretare per un poco il ruolo della maga Circe e poi di passare all'indovino Tiresia, una figura molto meno imbarazzante e altrettanto affascinante. Andò alla libreria e prese l'Odissea, libro decimo, e in posa teatrale lesse:
"O di Laerte sovrumana prole",
La dea rispose, "ritenervi a forza
Io più oltre non vo'. Ma un'altra via
Correre in prima è d'uopo: è d'uopo i foschi
Di Pluto e di Proserpina soggiorni
Vedere in prima, e interrogar lo spirto
Del teban vate, che, degli occhi cieco,
Puro conserva della mente il lume;
Di Tiresia, cui sol diè Proserpina
Tutto portar tra i morti il senno antico.
Gli altri non son che vani spettri ed ombre.
Debora continuava a leggere, ma Gaby non ascoltava. La sua mente di bambina si era fermata a immaginare gli occhi di Tiresia. Sapeva, perché nonna Rose gliel’aveva detto, che era un indovino cieco, e morto. Pensava che forse per essere un indovino si dovesse essere ciechi, perché il futuro non si poteva vedere con gli occhi. E forse, ma solo forse, gli occhi lo avrebbero distratto, confondendolo con le immagini del mondo. Ma lei non voleva incontrare Tiresia, voleva solo rivedere i suoi genitori. E per fortuna lei non sarebbe mai stata un indovino. Era molto affezionata ai suoi occhi: nonna Rose le diceva sempre che erano bellissimi.
La zia Debora cambiò intonazione e Gaby riprese ad ascoltare con attenzione, quante cose avrebbe potuto imparare!
Ti appariranno i bassi lidi, e il folto
Di pioppi eccelsi e d'infecondi salci
Bosco di Proserpìna: e a quella piaggia,
Che l'Oceán gorghi profondo batte,
Ferma il naviglio, e i regni entra di Pluto.
Rupe ivi s'alza, presso cui due fiumi
S'urtan tra lor rumoreggiando, e uniti
Nell'Acheronte cadono: Cocito,
Ramo di Stige, e Piriflegetonte.
Appréssati alla rupe, ed una fossa,
Che un cubito si stenda in lungo e in largo,
Scava, o prode, tu stesso; e mel con vino,
Indi vin puro e limpidissim'onda
Vèrsavi, a onor de' trapassati, intorno,
E di bianche farine il tutto aspergi.
Poi degli estinti prega i frali e vôti
Capi, e prometti lor che nel tuo tetto
Entrato con la nave in porto appena,
Vacca infeconda, dell'armento fiore
Lor sagrificherai, di doni il rogo
Riempiendo.
Quindi era Proserpina che doveva pregare per entrare nell’Ade! E Pluto. Era buffo, Pluto per lei era sempre stato il cane amico di Topolino. Invece nell’Odissea era un Dio. Si ripromise di guardare meno cartoni animati da quel momento in avanti, scacciò dalla mente lo sciocco animale che si ingarbugliava con il filo della canna da pesca e riprese ad ascoltare la zia con gli occhi sgranati e sognanti.
Compiute ai mani le preghiere, uccidi
Pecora bruna, ed un monton, che all'Orco
Volgan la fronte: ma converso tieni
Del fiume alla corrente in quella il viso.
Molte Ombre accorreranno. A' tuoi compagni
Le già sgozzate vittime e scoiate
Mettere allor sovra la fiamma, e ai numi,
Al prepotente Pluto e alla tremenda
Proserpina drizzar voti comanda.
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